N. 5745/03 R.C.C.
N. 726 Cron.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO
Il Giudice di Milano, dott. Francesco I.
Frattin, in
funzione di Giudice del
Lavoro, ha pronunziato fa seguente
SENTENZA
nella causa col n. di R.G.
5745/03
promossa da
SAVIP - Sindacato Autonomo della Vigilanza
Privata
col proc.
avv. V. Caputo
contro
I.V.R.I.
- ISTITUTI DI VIGILANZA RIUNITI
D\'ITALIA S.p.A.
col proc.
avv. C. Moro e L. Failla
Oggetto: opposizione a decreto ex art.28 regge
300/70.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il giorno 6
luglio 2003
II sindacato ricorrente proponeva
opposizione
contro il decreto ex art. 28 con il
quale il
Tribunale aveva rigettato il ricorso
promosso
dallo stesso sindacato per far dichiarare
antisindacale il rifiuto opposto da IVRI
di dar
corso alle cessioni di credito tramite
le quali
il SAVIP ed i lavoratori ad esso
iscritti
chiedevano e chiedono di raccogliere le
quote
associative. Resisteva la convenuta,
chiedendo
il rigetto del ricorso sia per il
merito, sia
per la mancanza del requisito
della \"nazionalità\".
La causa veniva ritenuta
dallo scrivente documentale. Udita la
discussione dei difensori, la causa
veniva
decisa come in dispositivo.
Motivi della decisione
Lo scrivente, che si è espresso più
volte, in
passato, in senso conforme al decreto
qui
opposto, deve dichiarare subito di
avere, re
melius perpensa, e alla luce del caso presente,
mutato opinione circa la nota questione
delle
ritenute sindacati. Peraltro l\'indirizzo
oggi
ripudiato non era stato assunto senza
dar conto
delle vistose
controindicazioni che si
portava dietro.
Riesaminando oggi II problema, lo
scrivente
rileva che la tesi che il lavoratore
possa
cedere i propri crediti anche futuri a
chiunque -
finanziarie, creditori vari - ma non ad un
sindacato, porta, come é stato
giustamente
annotato allora da un critico, ad una
restrizione del catalogo dei diritti del
cittadino lavoratore per via
interpretativa.
Questo esito, effettivamente molto
grave,
poggia, a ben vedere, sulla
estremizzazione del
principio della necessaria revocabilità
della
decisione di adesione ad una
organizzazione
sindacale. Poiché, (dissero il
sottoscritto ed
altri), al mutamento di opinione
politico-
sindacale del lavoratore deve seguire
immediatamente il recupero della libertà
di
disporre del proprio salario, e la
cessione del
credito è strutturalmente irrevocabile
salvo il
consenso del creditore, per ottenere il
quale
occorre comunque un certo tempo, non è
ammissibile che la libertà sindacale
(nella sua
componente, diciamo così,
strumentale-economica)
resti compressa né per molto né per poco
tempo,
trattandosi di una questione di
principio.
Nel nostro caso le c.d. \"deleghe\" apprestate dal
sindacato e da questo trasmesse al
datore di
lavoro portano ben chiaro il consenso
anticipato
del sindacato medesimo ad una eventuale
revoca
della cessione, stabilendo
soltanto un tempo
davvero minimo, anzi, inesistente, per
l\'effetto
della revoca, visto che si prevede
espressamente
che la revoca della delega \"avrà
effetto
economico dal mese successivo\"
e che "il Savip,
in ipotesi di disdetta, si impegna a
comunicare
tempestivamente al datore di lavoro la
rinuncia
al beneficio della cessione del credito\". (Qui
va rilevato che normalmente i sindacati
confederali stipulanti tutti i contratti
collettivi stabiliscono un tempo fisso
di
qualche mese di ultravalidità della
scelta in
atto, il che significa che una certa
ultraattività
non viene ritenuta da loro stessi
lesiva dei diritti sindacali dei
lavoratori).
Il fatto che sia il sindacato Savip medesimo a
portare le deleghe al datore di lavoro,
contenenti le clausole di cui sopra,
vale
indubbiamente come accettazione tacita
della
clausola di revoca e dell'impegno
conseguente.
Siamo cioè, in realtà, in una situazione
in cui
non si ravvisa alcuna comprensione
effettiva
della libertà (della scelta) sindacale.
A fronte
di ciò perché non dovrebbe essere
consentito al
sindacato, ente portatore di valori
ritenuti dal
Costituente e dal legislatore meritevoli
di
speciale tutela, di ottenere ciò che una
qualunque società finanziaria
automaticamente
ottiene? E perché il cittadino
lavoratore
potrebbe cedere parte del suo salario a
tutti ma
non ad una organizzazione sindacale,
subendo
così una riduzione dei suoi diritti
civili senza
ben pregnanti ragioni e anzi venendo
limitato
proprio nell\'esercizio del suo diritto
di
sostenere nel modo ritenuto più
opportuno il
sindacato di sua fiducia soltanto perché
lo
stesso non ha stipulato contratti
collettivi?
Quest\'ultima condizione discriminante,
se può giustificare un trattamento
preferenziale
dei sindacati stipulanti sul piano dei
diritti
strettamente sindacali, in nessun modo
può
rilevare nel rapporto
lavoratore-sindacato da un
lato e nello status del cittadino
lavoratore
dall\'altro, entrambi regolati dalle
norme del
diritto civile.
Si ritiene poi che non sia di ostacolo
il fatto
che le \"deleghe\"
sindacali siano sempre state
ritenute configuranti delegazioni di
pagamento
anziché cessioni di credito. Nel momento
in cui
le parti accettano e configurano una
cessione dì
credito revocabile ad nutum, non si ravvisano in
un tale accordo violazioni di norme
imperative
né altre ragioni di nullità di un
siffatto
negozio.
Quanto all\'asserito aggravio per il
datore dì
lavoro, l\'obiezione, in presenza di
sistemi
informatici e di prassi conformi per
larghe
masse di lavoratori aderenti ai
sindacati
stipulanti, appare del tutto pretestuosa.
Infine, quanto alla legittimazione
attiva del
Savip nel
presente giudizio, lo scrivente
ritiene sufficiente il materiale
probatorio
prodotto dallo stesso. La legge,
prevedendo il
carattere della nazionalità, richiede
una
diffusione apprezzabile in aree
territoriali
diverse, tali da far escludere nel
sindacato
attore un carattere meramente regionale
o
locale. Sotto questo profilo
l\'organizzazione
sindacale ricorrente appare in regola
con la
previsione normativa. Ravvisandosi
dunque, in
accoglimento dell\'opposizione,
l\'illegittimità
del rifiuto di I.V.R.I.
S.p.a. a dar corso alte
cessioni di credito, il comportamento di
I.V.R.I.,
incidendo direttamente sul rapporto
lavoratori-sindacato e sul concreto
esercizio
della libertà e dell\'attività
sindacale, deve
essere dichiarato antisindacale e
represso come
tale. La presenza di un forte contrasto
in
giurisprudenza consiglia la
compensazione delle
spese di lite.
P. Q. M.
Il Giudice
in accoglimento dell\'opposizione,
dichiara
antisindacale il comportamento della
società
opposta di rifiuto di operare le
ritenute in
favore del sindacato opponente; ordina
alla IVRI
S.p.a. di
astenersi in futuro dal comportamento
lamentato col ricorso. Compensa tra le
partì le
spese di lite.
Milano
3.2.2004
II Giudice del
Lavoro
(Francesco l.
Frattin)