*** Non esiste una norma internazionale che regola il tema della cittadinanza[1], bensì leggi nazionali che assumendo proporzioni sempre meno controllabili nell’ambito del contesto storico, sociale e politico non solo italiano, ma di tutti i paesi dell’Unione europea hanno cercato di focalizzare l’attenzione sul significato che il concetto di cittadinanza[2] assume uno status particolare, individuando una sostanziale connessione tra l’individuo straniero e lo Stato di appartenenza[3]. La valutazione delle politiche ad hoc e delle conseguenti strategie in tema di cittadinanza dovrà essere fatta alla stregua oltre che di criteri strettamente economici, sulla base di criteri fondati sui principi di solidarietà, cooperazione ed uguaglianza sostanziale, della politica di interesse comune[4], che costituiscono i punti cardini di qualsiasi ordinamento internazionale e nazionale[5]. Lo Stato non ha il potere di creare status particolari degli stranieri attraverso una legge o una convenzione, ha solo la capacità attraverso l’emanazione delle leggi di disciplinare l’esistenza e di assicurare la protezione di questi soggetti[6]. È vero che gli Stati continuano a dare impulsi alla tendenza a definire il tema cittadinanza basato su criteri di attribuzione e perdita[7], nonché a individuare che la cittadinanza è in vincolo che si interpreta tramite particolari diritti politici, economici, culturali che vengono definiti ai non cittadini che desiderano ad acquisire la cittadinanza di un altro stato differente dal proprio[8]. La condizione giuridica dello straniero e il diritto alla cittadinanza sia esso regolare o non lungi dall’essere indifferente o sconosciuto a livello nazionale, europeo ed internazionale, vive, invece, in una serie di valori e principi che costituiscono uno status civitatis sui cui si fondò la dignità umana ed ogni patto costituente. Il diritto internazionale pubblico mantiene un atteggiamento astratto che lascia spazio del tutto inalterato alla sfera del dominio riservato e come conseguenza alla competenza dello Stato. Così stiamo parlando di ritto interno in prima facie, ci troviamo testimoni in situazioni di diritto e di fatto che su ogni ordinamento interno determinano differenti cambi di sosta e di destinazione che incidono in maniera indiretta sul tradizionale assetto cui si è fatto solo cenno. Il tema di cittadinanza[9] è stato affiancato nel diritto internazionale con la posizione degli stranieri nell’ordinamento europeo e soprattutto come un problema di ordine pubblico o di diritto interno di ogni Stato[10]. Del pari importante la legge del 30 dicembre 1986, n. 943: “Norme in materia di collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”[11], la legge n. 39 del 1990, di conversione del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari già presenti nel territorio dello Stato”, il D.P.R 394/99, relativamente allo statuto dei lavoratori e dei contratti collettivi[12], il decreto legislativo n. 358, recante disposizioni integrative e correttive del d. Lgs n. 470 del 1992 modificativo del D.P.R. n. 1656 del 1956, “Norme sulla circolazione e il soggiorno dei cittadini degli Stati membri della C.E.E.”, il decreto legge del 14 settembre 2004, n. 241. Disposizioni urgenti[13] in materia di immigrazione[14] che ha portato modificazioni al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 hanno definito il trattamento dei immigrati con il diritto di residenza in uno Stato straniero, la loro parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani, elencando una sorta di “carta dei diritti”[15] accompagnando il fenomeno migratorio come un movimento costante che determina lo stanziamento di un numero sempre crescenti di stranieri istituendo nuove figure nella società italiana come il lavoratore migrante e la propria necessità di definire la condizione giuridica di questa particolare tipologia di straniero. Riferiamo anche il decreto legge 241 del 14.09.2004 in materia di immigrazione[16] che ha portato modificazioni al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. È indubbio se esiste un evoluzione di norme relativamente allo status giuridico dello straniero sia nel settore del diritto internazionale dei diritti umani che contribuiscono alla “scelta” dei propri cittadini, quanto piuttosto ad incidere, dal punto di vista formale, su una strada normativa che sottende tradizionalmente i rapporti di cittadinanza sotto il profilo sostanziale sul contenuto di alcuni diritti contribuendo al riconoscimento a due figure separate quella di cittadino[17] e straniero che cercano la propria individuazione ravvicinando a due diversi status di protezione[18]. Il tema di cittadinanza è nato nel ordinamento
internazionale come un requisito fondamentale che determinava la sovranità di
uno Stato, perciò che è basata anche su accordi internazionali. Entro questo
profilo ricordiamo atti internazionali che ha sancito l’Italia come: il
trattato di pace tra le Potenze alleate ed associate e l’Austria. Saint
Germain, 10 settembre 1919, il trattato di pace fra l’Italia e le Potenze
alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (norme di
applicazione), il trattato fra La storia della cittadinanza-come si vede-è strettamente affiancata con la protezione diplomatica, con la protezione del Suo cittadino che si trova all’estero ed ha bisogno di tutela creando il fondamento di un istituto che è basilare per il diritto internazionale. La cittadinanza appartiene ad un vincolo che un determinato individuo sussista, dall’altro lato è altrettanto indubbio che il ricorso all’azione in protezione diplomatica è ammesso laddove il vincolo di cittadinanza risulti effettivamente esistente[34]. Il concetto di cittadinanza viene valutato quanto diventa presupposto necessario per l’applicazione delle norme internazionali. Questo fatto non significa che uno Stato non può concedere o negare la cittadinanza a chi desidera. La stessa è idonea per far sorgere alcuni diritti applicabili ed interpretati come determinati presupposti che disciplinano effettivamente lo status di proprio cittadino[35]. Il diritto per uno Stato di agire in protezione diplomatica nei confronti di un altro Stato spiega con modo esatto che il cittadino di siffatto diritto non può subire l’espulsione[36] o l’allontanamento, cioè il non refoulement, principio cardine del riconoscimento del diritto dell’individuo a muoversi liberamente e a risiedere nel proprio paese. Si tratta di un diritto che trova rispetto alla sfera della propria sovranità per quanto concerne il diritto di ammettere gli stranieri sul proprio territorio. La nozione di protezione diplomatica è stata ribadita dal trattato CEE prevedendo norme specifiche in materia di libertà di circolazione, mettendo la base per un atteggiamento favorevole nei confronti dello status giuridico di cittadino straniero[37]. L’incremento massiccio dei flussi migratori negli ultimi anni ha posto il legislatore di fronte alla necessità di disciplinare le molteplici conseguenze di un fenomeno che si caratterizza la stabilità di straniero sul territorio dello Stato. Al di là dei punti inclinanti o differenti che le diverse problematiche o teorie possiedono dobbiamo considerare che uno straniero ammesso all’interno di un territorio diverso dal proprio devono essere risolti tutti i problemi connessi con l’integrazione totale nello stesso tessuto sociale. Quindi, così si sorge la problematica se esistono norme che tutelano lo status giuridico di uno straniero in uno Stato straniero a che cosa serve l’acquisto di cittadinanza straniera o perché la legge per l’acquisto di cittadinanza non è almeno nell’ambito europeo univoco e come tale attribuibile alla categoria dello straniero tout court? Al di là della figura di apolide e di rifugiato[38], normative specifiche permettono uno status chiaro e particolare per queste due categorie. Comunque, l’ordinamento internazionale per effetto della struttura non verticale ma orizzontale di quest’ultimo il principio di cittadinanza è destinato ad influenzare i rapporti tra Stati svolgendo una funzione sia nell’ambito del diritto internazionale generale sia nel diritto pattizio. L’istituzione costituita sulla logica dell’equilibrio in cui enucleate norme impongono agli Stati di osservare un codice uniforme che disciplina i contenuti dell’attività di qualsiasi governo rilevano una relativa tutela dei diritti umani, un insieme di norme che interferiscono sul sistema di norme relative alla condizione giuridica dello straniero. In definitiva, le regole a qualsiasi livello che siano, impostano le basi della piena eguaglianza tra cittadino e straniero. Le deroghe e le differenze di trattamento sono legittime se superano uno scrutinio di stretta ragionevolezza della scelta politica. Il pluralismo ed il connesso rispetto delle differenze e di disuguaglianze non potranno mai essere invocati e specialmente in un ordinamento costituzionale, per consentire pratiche di terapia e non che previste dalla cultura di appartenenza dello straniero, vadano però contro il concetto condiviso di pari dignità umana e sociale, politica[39]. La protezione dei diritti umani è un elemento fondamentale che manifesta la volontà di non accettare ricorsi alle riserve[40] che attribuiscono diritti in teoria che poi all’intero dell’ordinamento non possono essere effettivamente garantiti. L’istituto di riserva permette allo Stato riservante di creare una situazione di privilegi in quanto la propria adesione, oramai “condizionata” ad uno strumento diretto a tutelare i diritti umani consente da un lato di farsi parte attiva nell’ambito del processo di internazionalizzazione dei diritti dell’individuo, limitando la portata degli obblighi assunti. Nello stesso spirito un punto fondamentale è stato svolto dalla giurisprudenza costituzionale[41] attraverso un atteggiamento di trattamento nei confronti dello straniero[42]. Ricordiamo la sentenza 455/90 relativamente al diritto alla difesa[43], al diritto alla salute, al diritto alla corrispondenza, alla libertà di manifestazione del pensiero, alla libertà di circolazione, alla libertà religiosa arrivando all’articolo 2 della costituzione italiana[44] permettendo un parallelismo tra diritti inviolabili e diritti garantiti da norme internazionali a cui ogni legge sulla condizione giuridica dello straniero deve risultare conforme. Nello stesso spirito l’articolo 16 delle preleggi che riconosce allo straniero diritti civili, cioè quei diritti che sono espressione della cosiddetta capacità del diritto privato. Anche queste norme sono un tipo di riserve che l’ordinamento italiano decide di riconoscere la capacità giuridica allo straniero, sulla base di quanto l’ordinamento del paese di provenienza di quest’ultimo prevede a favore del cittadino italiano. Dall’altra parte il riconoscimento dei diritti fondamentali non impedisca ad ogni legislatore di adottare misure di legge ordinaria tali da limitare la capacità giuridica dello straniero. Tali limitazioni o norme vengono disciplinate anche dalle norme del diritto internazionale privato[45]. Occorre definire la condizione giuridica dello straniero,
che può definirsi come una speciale tutela dello straniero che gode tra diritti
civili e politici[46]
e diritti economici, sociali e culturali[47].
Tutte le regole che disciplinano lo straniero hanno carattere programmatico e
dobbiamo rendere conto che tutti gli atti adottati[48]
o no hanno una vocazione differente e soprattutto sono elaborati in un contesto
storico diverso, che risalgono dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
del 1948[49],
che costituisce la storia del mondo dal Per quanto riguarda i diritti civili, stricto sensu, vengono in esame il diritto della tortura, della vita, del ricongiungimento familiare[59], dei trattamenti disumani, definibili ormai come diritti di libertà, che costituiscono l’oggetto dei più importanti atti internazionali che si espandono evidentemente tramite appositi accordi stipulati degli Stati che hanno l’effetto di limitare la comune consapevolezza che l’immigrato[60] o l’extracomunitario non è uno straniero ma fa parte integrante dello Stato che vive indipendentemente se acquista la cittadinanza dello Stato ospitante. Purtroppo un solido consensus fra gli Stati si pongono in alcuni importanti strumenti internazionali di tutela dei diritti umani, distinguendo tra la posizione del cittadino e quella dell’individuo. Il diritto pattizio ha offerto contributi significativi in direzione dei diritti economici, sociali, culturali, specialmente nell’ambito dei paesi industrializzati, su quella che può dirsi la piena espressione della personalità e della soggettività dell’individuo. Si tratta di testi di grande respiro con i quali la discriminazione viene identificata con ogni distinzione, esclusione o restrizione sulla base del sesso che ha effetto di indebolire o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, dei fanciulli, dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel campo politico, economico, sociale, culturale, civile o altro. Il richiamo al diritto al lavoro e alle assicurazioni sociali[61], il diritto di associazione sindacale, il diritto allo sciopero, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione manifestano la tendenza di conservazione di una più ampia sfera di libertà nel decidere i tempi e i modi dell’adattamento alle norme internazionali riconoscendo una serie di diritti a coloro che non siano cittadini[62]. La divisione in categorie di stranieri, primi fra tutti i rifugiati[63], attribuiscono un insieme di diritti, regole standard[64] analoghi a quelli che sono riconosciuti ai cittadini del paese che gli ospita, come per esempio il diritto al libero accesso ai tribunali, il diritto alla libertà di movimento, il diritto di associazione, il diritto di esercitare attività autonome, libere professioni e attività salariate, il diritto di ottenere una casa, l’istruzione pubblica per i propri figli, l’assistenza pubblica contribuendo a modificare verso il giusto verso la fisionomia della categoria giuridica degli stranieri[65]. La Corte internazionale afferma che i diritti umani vanno ricompresi tra quelle “norme imperative di diritto internazionale generale, accettate e riconosciute dalla comunità internazionale nel suo insieme come norme alle quali nessun deroga è permessa che non possono essere modificate se non da nuove norme di diritto internazionale che abbiano lo stesso carattere”[66]. Lo scopo principale dei diritti dei gruppi e specialmente dello straniero e delle minoranze in un campo più esteso, cercano di individuare una categoria diversa da quelli cittadini nazionali, può darsi rafforzata o indebolita che desidera distingue tra condizione giuridica del cittadino a condizione giuridica dello straniero[67], ma altresì quella del rispetto del principio di uguaglianza e non discriminazione nei limiti e nei termini in cui verrebbero ad essere garantiti specifici strumenti di tutela giuridica con possibilità di acquisto di una identità specifica nei confronti del gruppo dominante, cioè dei cittadini autoctoni, se vogliamo chiamarli così, cioè dei cittadini del paese di accoglienza. Così si sviluppa il terreno dei diritti della differenza, che spettano a categorie particolari di persone, minoranze religiose ed etniche, donne, bambini, rifugiati, apolidi o che riguardano materie o situazioni particolari. Si interpretano così i diritti umani come garanzie che tendono a tutelare l’individuo in tutte le fasi della propria vita come strumenti necessari per soddisfare una aspettativa di benessere degli individui e delle collettività. Le modalità che si usano per questa strada non è solo nuove leggi, disciplina o violenza, propaganda contro una cultura straniera ma il riconoscimento di un’operazione che stabilisce certi diritti, in adempimento agli obblighi internazionali che non deriva una situazione di conflitto con le norme dell’ordinamento interno. Il diritto dell’identità culturale è stato ribadito dalla stessa Convenzione sulla tutela dei diritti dei lavoratori migranti, specificamente nell’articolo 34 che sostiene il rispetto della diversità e della identità culturale delle persone che non sono configgenti con l’ordinamento giuridico Del pari importante è il dibattito relativamente all’argomento della cittadinanza europea. In particolare, gli articoli 8-8A-8B-8C-8D-8E della seconda parte del testo del trattato CE erano dedicati alla cittadinanza europea. Protagonisti della vita dell’Unione non solo gli Stati ma anche i popoli che li costituiscono[68]. La nascita della cittadinanza europea è nata con il vertice di Parigi del 1972[69]. Il trattato di Roma conferiva ai cittadini degli Stati membri alcuni diritti soggettivi di notevole importanza come quello di non discriminazione a causa della nazionalità, quello di libera circolazione[70] e di stabilimento per i lavoratori dipendenti e indipendenti, quello di ricorso alla Corte di giustizia comunitaria contro gli atti lesivi dei propri diritti. Con l’introduzione del nuovo art. 8 “è cittadino dell’Unione
chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”. Non si dispone alcun
potere autoritativo generale e diretto sui cittadini degli Stati membri essendo
questi ultimi competenti ad esercitare l’imperium sugli individui stabiliti ed
operanti nel proprio territorio. La cittadinanza europea non è una nuova forma
di nazionalità né intende di prendere il posto delle nazionalità statali. In
particolare il Consiglio di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre 1992 relativamente
al requisito che la cittadinanza europea conferisce diritti complementari,
dichiara che: “non si sostituiscono in alcun modo alla cittadinanza dello
Stato”[71]. L’Atto Unico europeo del I diritti che fanno parte al acquis communautaire sono: diritti civili e politici, quali il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali ed al Parlamento europeo nello Stato di residenza, di più, diritti economici e sociali, quali i diritti di libera circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri. L’ultimo settore è quello che contiene garanzie non strettamente giurisdizionali di tipo diretto, quali il diritto di petizione al Parlamento europeo[74] ed il diritto di rivolgersi al mediatore e di tipo indiretto quale la protezione diplomatica[75]. Lo status civile e politico del cittadino europeo l’abbiamo già visto in prassi tramite le elezioni europee[76], l’ultima del giugno di 2004, riconoscendo il diritto di voto per il Parlamento europeo e di eleggibilità allo stesso nello Stato di residenza, rendendo ancora più complesso il sistema di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato di residenza[77]. Comunque, non possiamo parlare di una procedura elettorale uniforme basata sul principio di proporzionalità e del pieno rispetto della diversità dei regimi elettorali degli Stati membri. La pretesa di armonizzazione di tutti i sistemi elettorali è troppo lontana e specialmente adesso che l’entrata degli paesi dell’est tende ad eliminare la condizione della cittadinanza uniforme o sottoposta alle stesse condizioni degli elettori nazionali[78]. Con l’entrata dell’istituzione della cittadinanza europea è stato riconosciuto ai cittadini dell’Unione il diritto di petizione al Parlamento europeo. L’art. 138D attribuisce ad ogni persona fisica o giuridica avente residenza o sede in uno Stato membro della comunità, non comporta ovviamente che sono inaccettabili le petizioni presentate dai cittadini di stati terzi non residenti. Il diritto alla petizione consiste al diritto generale di reclamo che consente a qualsiasi persona di portare determinate lagnanze all’attenzione delle istituzioni comunitarie diverse dalla Corte di giustizia. Significa anche un forte strumento politico come le collettività locali ed i movimenti di opinione che possono partecipare all’attività della Comunità. Il Parlamento europeo si è battuto per ottenere il pieno riconoscimento ed il rafforzamento del diritto di petizione[79]. La Dichiarazione interistituzionale del 12 aprile 1989 nonostante il fatto che non aveva carattere vincolante, comunque ha costituito un passo impegnante sul livello politico e morale arrivando alla Dichiarazione dei diritti e delle libertà fondamentali del Parlamento europeo di pari data che all’art. 23 contempla, per l’appunto il diritto di petizione al Parlamento. Il mediatore europeo con il lavoro che ha svolto gli ultimi anni[80] ci permette di concludere che ha cercato di instaurare una forma di tutela ove questa sia assente, cioè lì che l’ordinamento giuridico tace o non chiarisce con esattezza in un settore determinato, mentre la richiesta europea tramite l’aumento del volume delle petizioni ci permette di far valere ed esercitare con saggezza un diritto soggettivo del singolo. È stata profondamente condizionata la prospettiva dei diritti speciali ed ha assunto i connotati di una forma di trattamento privilegiato degli stranieri-cittadini comunitari nell’ambito degli Stati membri, piuttosto che quelli di un verso e proprio status dei cittadini europei nell’ambito dell’ordinamento comunitario. Continuando al livello giurisprudenziale europeo, volevo
rimanere in alcune sentenze della corte di giustizia europea relativamente alla
locuzione del argomento cittadinanza[81].
Ricordiamo Per queste ragioni appare condivisibile la tesi che la cittadinanza dell’Unione operi non tanto nel senso di sostituire un più ampio concetto di cittadinanza a quello tradizionalmente accolto negli Stati nazionali, quanto piuttosto nel senso di privilegiare il criterio della residenza rispetto a quello dello status civitatis, per favorire l’evoluzione dell’integrazione dello straniero[87] europeo nella comunità statale in cui si è stabilito[88]. La cittadinanza che lo Stato contemporaneo ha ereditato dalle rivoluzioni di fine settecento ha un contenuto minimo indefettibile, giacchè determina un stretto legame tramite l’individuo e lo Stato, che lo rende titolare di diritti di partecipazione politica e di obblighi di eguale natura arrivando ha pensare ad un tipo di assimilazione anche nel settore di cittadinanza con carattere sopranazionale alla cittadinanza tout court fino a quanto il sistema comunitario riuscirà ad assumere la veste di un funzionante ordinamento europeo. Per questa ragione possiamo affermare che la cittadinanza europea ha un percorso derivativo, perché il legame che unisce la Comunità e l’Unione ai suoi cittadini si stabilisce con l’intermediazione degli Stati. Questo significa che la strada derivata della cittadinanza europea avrà per i cittadini coloro che ciascuno Stato considera propri cittadini, senza potere influire sull’attribuzione della cittadinanza nazionale. A livello internazionale gli atti sui diritti umani prevedono il ricorso a strumenti ad hoc, commissioni, organi competenti che cercano di esercitare un controllo non solo delle conseguenze negative ma anche del percorso in questo settore, non sempre prevedibile a priori, ma potendo derivare al riconoscimento incondizionato di certi diritti degli stranieri come per esempio degli stranieri dai paesi islamici[89] dove il fenomeno immigrazione è assai complesso[90] e il tema cittadinanza funziona come catalizzatore alla gestione degli aspetti interculturali del fenomeno migratorio. La nuova cittadinanza non è quella europea o quella formata da ogni Stato mondiale ma è quella che si basa non sui principi di esclusione dati dalle cittadinanze nazionali, ma sui diritti dell’uomo, dello straniero. La garanzia del diritto alla cittadinanza parallelamente con la condizione giuridica dello straniero garantisce l’esercizio di certi diritti che mancavano all’inizio dello scorso secolo. Stiamo davanti alla partecipazione alla vita politica con un nuovo significato quello di sancire l’esistenza di veri cittadini che non possono difendere i propri interessi solo con leggi e decreti ma con specifiche azioni politiche che viene ormai affrontato come un diritto fondamentale, universale che conserva e pratica i propri costumi e usi di tutti i cittadini del mondo. Dimitris Liakopoulos Note: [1] BISCOTTINI, voce: Cittadinanza (diritto vigente), in Enciclopedia del diritto, 1962. CRIFO, voce: Cittadinanza (diritto romano), in Enciclopedia del diritto, 1960. CLERICI, voce: Cittadinanza, in Digesto delle discipline pubblicistiche, 1989. DAHRENDORF, Cittadini e partecipazione. Al di là della democrazia rappresentativa, in Il cittadino totale, Torino, 1977. WEILER, Il sistema comunitario europeo, Bologna, 1985. [2] CUNIBERTI, La cittadinanza, Padova 1997. [3] BARIATI, L’azione internazionale dello Stato a tutela dei non cittadini Milano, 1993. [4] ANDOLFI (et al.), Uguaglianza e cittadinanza, F. Angeli, 1992.
[5] Cfr. Le norme sulla cittadinanza in Italia.
[6] NASCIMBENE, Il trattamento dello straniero nel diritto internazionale ed europeo, Milano, 1984. [7] Cfr. Sentenza della Corte costituzionale n. 131, 7-15 maggio 2001. [8] DEL VECCHIO, Alcuni rilievi in tema di nazionalità e di cittadinanza nel contesto internazionale, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1997, pp. 7 ss. [9] CALAMIA, Ammissione ed allontanamento degli stranieri, Milano, 1990.
[10] L’ultima legge sulla cittadinanza in Italia
risale con la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (G. U. 15.02.1992, n. 38). Cfr.
LEPRI GALLERANO, La nuova legge sulla cittadinanza italiana commento alla legge
5 febbraio 1992, n. 91 al D. P. R. 12 ottobre 1993, n. 572 e al d. P. R. 18
aprile 1994, n. 362, Maggioli,
[11] G. U. 12. 01. 1987, n. 8. Cfr. anche
l’art. 17, comma 1 del T. U. L. [12] SALERNO, Sulla tutela internazionale dell’identità culturale delle minoranze straniere, in Rivista di diritto internazionale, 1990, pp. 257 ss. [13] GU n. 216 del 14 settembre 2004. [14] Emigrazione significa spostamento da uno Stato ed immigrazione vale a dire ingresso in un altro Stato. COLLINSON, Le migrazioni internazionali e l’Europa, Bologna, 1994. [15] V. La Dichiarazione dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose o linguistiche, adottata dall’Assemblea generale delle NU il 18. 12. 1992 al progetto di Dichiarazione delle NU sui diritti delle popolazioni autoctone del 1994, la Carta europea delle lingue minoritarie adottata dal Consiglio d’Europa il 05. 11. 1992, allo strumento della iniziativa centroeuropea per la protezione dei diritti delle minoranze, adottata dagli Stati membri dell’Iniziativa centroeuropea il 19. 11. 1994. Cfr. ALTRIPALDI, La carta dei diritti fondamentali. Un processo verso una carta d’identità europea, in Rivista di diritto pubblico comunitario europeo, 2001. SACERDOTI, La carta europea dei diritti fondamentali. Dall’Europa degli Stati all’Europa dei cittadini, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario europeo, 2000. [16] Emigrazione significa spostamento da uno Stato ed immigrazione vale a dire ingresso in un altro Stato. COLLINSON, Le migrazioni internazionali e l’Europa, Bologna, 1994. [17] Secondo l’Atto finale del trattato CEE sono definiti cittadini come tali dalla legge fondamentale e nel caso del Regno Unito il termine cittadino contenuto nei trattati indica: i cittadini britannici, i sudditi britannici ai sensi del British Nationality act del 1981, i cittadini delle dipendenze britanniche che acquisiscono la cittadinanza in forza di un legame con Gibilterra. GUCE, 28 gennaio 1983, C23, 1 ss. [18] DEL VECCHIO, La tutela delle minoranze nei sistemi di cooperazione internazionale, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1994.
[19] Cfr. Gli accordi sul servizio militare
nei casi di possesso di più cittadinanze, come per esempio: L’accordo fra
l’Italia e l’Argentina, firmato a Buenos Aires il 8 agosto 1938 (Scambio di
note del 20 aprile 1939), la Convenzione tra l’Italia e la Danimarca, firmato a
Roma il 15 luglio 1954, la Convenzione fra il Governo della Repubblica Italiana
ed il Governo della Repubblica del Cile, firmato a Roma, il 4 giugno del 1956,
l’accordo tra i Governi della Repubblica italiana e della Repubblica degli
Stati Uniti del Brasile, firmato a Rio de Janeiro, il 6 settembre 1958, la
Convenzione tra l’Italia ed i Paesi Bassi e relativo scambio di note, firmato a
Roma, 24 gennaio 1961, il trattato di amicizia, commercio e navigazione tra
[20] Cfr. Accordi specifici relativamente
alla cittadinanza ed il servizio militare, come per esempio: il trattato di
amicizia, commercio e navigazione tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America,
firmato a Roma, il 2 febbraio 1948, il trattato di amicizia, commercio e
navigazione tra [21] Cfr. 1. La legge 21 novembre 1967, n. 1185. Norme sui passaporti. 2. La legge 18 febbraio 1963, n. 224. modifica all’art. 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 giugno 1941, n. 773. 3. Decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1956. Norme sulla circolazione e il soggiorno dei cittadini degli Stati membri della CEE. 4. Direttiva del Consiglio della Comunità Economica Europea del 15 ottobre 1968 relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento ed al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all’interno della Comunità, n. 68/360/CEE. 5. Direttiva del Consiglio della CEE del 25 febbraio 1964 per la soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione dei servizi, n. 64/220CEE. 6. Decreto del Presidente della Repubblica 6 agosto 1974, n. 649. Disciplina dell’uso della carta d’identità e degli altri documenti equipollenti al passaporto ai fini dell’espatrio. 7. Accordo europeo sulla circolazione delle persone tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmato a Parigi, il 13 dicembre 1957. 8. Risoluzione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri delle Comunità Europee riuniti in sede di Consiglio, 23 giugno 1981. 9. Accordo europeo sulla circolazione dei giovani mediante passaporto collettivo tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmato a Parigi il 16 dicembre 1961. 10. Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. 11. Accordo europeo relativo alla soppressione dei visti per i rifugiati, firmato a Strasburgo, il 20 aprile 1959. 12. Convenzione relativa allo status degli apolidi, firmato a New York, il 28 settembre 1954. 13. Regolamento per il rilascio dei passaporti diplomatici e di servizio. 14. Modificazioni al regolamento per il rilascio dei passaporti diplomatici e di servizio. 15. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. 16. R. D. 16 marzo 1942, n. 267. Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa. [22] Cfr. Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. [23] CONFORTI, Note sui rapporti tra diritto comunitario e diritto europeo dei diritti fondamentali, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 2000.
[24] CIPOLLA, Sull’acquisto della
cittadinanza iure sanguinis, in Il foro padano, 1996. Secondo le sentenze della
Corte costituzionale 87/1975 e 30/1983, “deve ritenersi cittadino italiano iure
sanguinis il figlio di donna straniera, già cittadina italiana iure sanguinis,
che abbia perso tale status in seguito a matrimonio con cittadino straniero
senza che tale situazione possa considerarsi esaurita al momento della
pronuncia delle sentenze di incostituzionalità in quanto lo status civitatis,
essendo una situazione giuridica permanente non è suscettibile di esaurimento”.
Cfr. anche: Art. 136 Cost., art. 1, [25] Cfr. DEL VECCHIO, Problematiche derivanti dal vincolo di cittadinanza a livello internazionale, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1998, pp. 670 ss.
[26] DURANTE, Doppia o plurima cittadinanza
nella protezione diplomatica, in Rivista di diritto internazionale, 1956.
LAPENNA, La cittadinanza nell’ordinamento internazionale, Milano, 1966.
MOSCONI, La risoluzione dell’Institut de Droit International sul presupposto
della cittadinanza nella protezione diplomatica, in Diritto internazionale,
1965. VAN POANHUYS, The role of nationality in international law,
[27] Una valanga delle sentenze
sull’attribuzione del cognome in caso di doppia cittadinanza comunitaria si
segnalano dalla Corte di giustizia europea. Fra le più importanti ricordiamo:
1. Sentenza 11 luglio 2002, causa C-224/98, D’Hoop, racc. pag. I-6191. 2.
Sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast e R. Racc. pag. I-7091. 3.
Sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, racc. pag. I-6193, punto
31. 4. Sentenza 2 dicembre 1997, causa C-336/94, Dafeki, racc. pag. I-6761,
punti 16- [28] KOJANEC, Norme sulla cittadinanza italiana. Riflessi interni ed internazionali, F. Angeli, 2002. [29] Cfr la relativa normative dal libro di SABATO, La cittadinanza italiana dopo il nuovo ordinamento dello stato civile. Commento alla normativa e profili operativi, Maggioli, 2001. [30] LEPRI GALLERANO, La nuova legge sulla cittadinanza italiana. Commento alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, al. D. P. R. 12 ottobre 1993, n. 572 e al d. P. R. 18 aprile 1994, n. 362, Maggioli, 1994.
[31] WEIS,
Nationality and statelesness in international law, [32] CURTI GIALDINO, Il trattato di Maastricht sull’Unione europea, Roma, 1993. DRAETTA, Il trattato di Maastricht e le prospettive dell’integrazione europea, in Diritto del commercio internazionale, 1993. LABOUZ (a cura di), Les accords de Maastricht et la consitution de l’Union europèenne, Paris, 1992. [33] L’art. 8E del trattato di Maastricht contempla una clausola evolutiva che prevedeva che la Commissione presentasse al parlamento, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale ed in seguito ogni tre mesi una relazione di merito all’applicazione delle disposizioni sulla cittadinanza dell’Unione. Cfr. LA PERGOLA, L’Unione europea. Una federazione non dichiarata, in Europa forum, 1992. [34] Vedi relativamente il caso Nottebohm dalla Corte internazionale di giustizia che chiarisce questo concetto giuridico operante per il diritto internazionale. Sentenza 06.04.1955, in Recueil des arrèts, 1955. [35] Cfr 1. Atto n. 648 ordinanza 1 aprile 2004, ordinanza al tribunale di Alessandria, GU n. 32 del 18. 08.2004. Ordinanza emessa dal tribunale di Alessandria sul ricorso proposto in caso di espulsione. Divieto nel caso di procedimento penale pendente nei confronti dello straniero stesso per uno dei delitti previsti dell’art. 407, comma 2, lettera 1, del c. p. p, nonchè dell’art. 12 del Lgs n. 286/1998. 2. Atto n. 287 sentenza 13-28 luglio 2004, ordinanza della corte costituzionale, GU n. 30 del 04. 08. 2004. Maternità ed infanzia. Interventi a favore della famiglia. Concessione di un assegno di mille euro per ogni secondo figlio nato o adottato fra il dicembre 2003 e il dicembre 2004, nonché incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali. 3. Atto n. 588 ordinanza del 5 marzo 2004, ordinata dal giudice di pace di Cesena, GU n. 26 del 07. 07. 2004. Discriminazione sostanzialmente basata sulla cittadinanza. Incongruità rispetto allo scopo perseguito dal legislatore. Contrasto con gli obblighi scaturenti del trattato CE. Violazione dei diritti costituzionali dell’uomo sotto il profilo dell’uguaglianza e del diritto di difesa. 4. Atto n. 443 ordinanza del 22 marzo 2004, ordinanza di giustizia amministrativa di Trento, GU n. 1001 del 03.06.2004. Subordinazione al requisito del possesso della cittadinanza italiana. Ingiustificata esclusione dello straniero residente nonostante il riconoscimento del godimento dei beni di uso civico. [36] Cfr. 1. Consiglio di Stato. Sez. IV, sentenza 17. 04. 2003, n. 2023. Straniero che non può essere espulso se il figlio ha acquistato la cittadinanza italiana. 2. La proposta italiana per una direttiva del Consiglio relativa all’assistenza durante il transito attraverso il territorio di uno o più Stati membri, nell’ambito di provvedimenti di allontanamento adottati dagli Stati membri nei confronti di cittadini di paesi terzi (2003/C 223/05). L’obbiettivo della proposta è la definizione di misure in materia di assistenza tra le autorità competenti degli Stati membri in caso di transito scortato attraverso il territorio di uno o più Stati membri, di cittadini di paesi terzi destinatari di provvedimenti di allontanamento di uno Stato membro. [37] CREPEAU, CARLIER, Intègration règionale et politique migratoire. Le « modele » europèen entre coopèration et communitarisation, in Journal de droit international, 1999.
[38] Relativamente allo status di rifugiato
cfr. 1. Protocollo relativo allo status dei rifugiati, adottato a New York il
31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967. Reso esecutivo in Italia
con legge n. 95 del 14. 02. 1970 (G.U. n. 79 del 28. 03. 1970). 2.
Dichiarazione delle NU sull’asilo territoriale, adottata dall’Assemblea
generale delle NU il 14 dicembre 1967. 3. Convenzione dell’organizzazione
dell’Unità africana che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati
in Africa, adottata dalla Conferenza dei Capi di Stato e di governo dell’OUA
riuniti ad Addis Abeba il 10 settembre 1969, entrata in vigore il 20 giugno
1974. 4. Dichiarazione di Cartagena sui rifugiati, adottata dal colloquio sulla
protezione internazionale dei rifugiati in America centrale, Messico e Panama.
Problemi giuridici ed umanitari. Cartagena de Indias, 19-22 novembre 1984. 5. Dichiarazione sull’asilo territoriale
del Consiglio d’Europa, adottata dal Comitato dei Ministri il 18 novembre 1977,
nella 278a riunione dei Delegati dei Ministri. 6. Accordo europeo relativo
all’abolizione dei visti per i rifugiati, adottato a Strasburgo il 20 aprile
1959, sotto gli auspici del Consiglio d’Europa. Entrato in vigore il 3
settembre 1060. Reso esecutivo in Italia con decreto del Presidente della
Repubblica n. 322 del 29. 01. 1965 (G. U. n. 101 del 22. 04. 1965). 7. Accordo
europeo sul trasferimento di responsabilità verso i rifugiati. Adottato a Strasburgo
il 16 ottobre 1980, sotto gli auspici del Consiglio d’Europa. Entrato in vigore
il 1° dicembre 1980. Reso esecutivo in Italia con legge n. 438 del 30. 07. 1985
(Suppl. ord. G. U. n. 197 del 22.08.1985). 8. Risoluzione del Parlamento
europeo sui problemi inerenti al diritto d’asilo (Gazzetta ufficiale delle CE
del 13 aprile 1987, n. C 99/167). 9. Risoluzione del Parlamento europeo sulla
politica d’asilo seguita da taluni stati membri in contrasto con i diritti
dell’uomo, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 20 luglio 1987, n. C
190/105. 10. Risoluzione del Parlamento europeo sulla libera circolazione delle
persone nel mercato interno. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 17
aprile 1990, n. C. 96/274). 11. Convenzione relativa alla cooperazione
internazionale in materia di assistenza amministrativa ai rifugiati, firmata a
Basilea il 3 settembre 1985, sotto gli auspici della Commissione internazionale
di Stato civile. Entrata in vigore il 1° marzo 1987. Resa esecutiva in Italia
con legge n. 138 del 03. 04. 1989 (G. U. n. 95 del 24. 04. 1989). 12.
Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una
domanda di asilo presentata in uno degli stati membri delle Comunità europee,
Dublino 15 giugno 1990. 13. Convenzione di applicazione dell’accordo di
Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica
Benelux, della Repubblica Federale di Germania e della Repubblica Francese
relativo alla soppressione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata
a Schengen il 19 giugno 1990. 14. Accordo tra il governo italiano e l’alto
Commissariato delle NU per i rifugiati (Roma, 2 aprile 1952), legge n. 1271 del
15 dicembre 1954 (G. U. n. 19 del 25 gennaio 1955). 15. Testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza R. D. 18 giugno 1931, n. 773. 16. Decreto del Presidente
della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136 (G. U. 08. 06. 1990 n. 132).
Regolamento per l’attuazione dell’art. 1, comma 2, del decreto legge 30
dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio
1990, n. [39] D’ALOIA, PATRONI GRIFFI, La condizione giuridica dello straniero tra valori costituzionali e politiche pubbliche, in Rivista amministrativa di regione Campania, 1995. PIRAINO, Appunto sulla condizione giuridica degli “stranieri” nell’ordinamento italiano, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1984, pp. 990 ss. [40] Cfr. GENNARELLI, Le risrerve ai trattati internazionali, Giuffrè, 2001. [41] Cfr. ROMBOLI (a cura di), La tutela dei diritti fondamentali davanti alle Costituzioni, Torino, 1994. CERRI, L’eguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, 1976. D’ORAZIO, Lo straniero nella costituzione italiana, Padova, 1992. [42] BONETTI, La condizione giuridica del cittadino extracomunitario, Rimini, 1993. [43] Cfr. Le sentenze: n. 20/1067, n. 104/1969, n. 144/1970, n. 109/1974, n. 54/1979, ecc. [44] Ricordiamo dalla Costituzione italiana l’articolo 10 che riferisce: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionale. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.
[45] cfr. [46] DELPERE, Les droits politiques des etrangers, Paris, 1995. [47] Entro questo spirito ricordiamo l’art. 2 della Costituzione italiana che riferisce particolarmente: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Si tratta di una norma di fattispecie aperta nell’ambito della quale si incontrano vari tipi di diritti sociali che le nuove costituzioni integrano nello spirito di eguaglianza e di solidarietà. Il principio di solidarietà significa rispetto le altrui libertà e diritti, ma anche attuazione e difesa dei valori supremi del sistema partecipando ad una serie di doveri a vantaggio della nostra società.
[48] Vedi:
1. Decreto del Ministro
dell’Interno
[49]
SWEET, Philosophican theory and the Universal Declaration of human rights,
University of
[50]
DONNELLY, The concept of human rights, [51] LIAKOPOULOS, Parità di trattamento e non discriminazione dell’immigrato extracomunitario, in Rivista Gli Stranieri, 2004. [52] Cfr. LATTANZI, Garanzie dei diritti dell’uomo nel diritto internazionale generale, Milano, 1983. [53] DE SALVIA, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Procedure e contenuti, Editoriale Scientifica Editoriale. [54] LIAKOPOULOS, The function of inter-american court and the protection of human rights, Collana della Facoltà di Scienze politiche-Università degli studi di Roma “La Sapienza”, casa editrice Nuova cultura, Roma, 2003. [55] ABDELSALAM SALH ARAFA, Le organizzazioni regionali arabe africane e islamiche, Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Quaderni di diritto musulmano e dei paesi islamici, Roma, 1996. [56] Relativamente alla condizione giuridica della donna confronta: le due Convenzioni relative alla nazionalità delle donne coniugate del 1957 e al consenso matrimoniale, all’età minima per il matrimonio e alla registrazione del matrimonio del 1962. Aggiungiamo la Dichiarazione sulla eliminazione della discriminazione contro le donne dell’Assemblea generale delle NU del 1967 e la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione delle donne del 1979.
[57] DURANTE, Tutela internazionale dei
rifugiati e dei diritti dell’uomo, in A.A.V.V, Studi in onore di C. Sperduti,
Milano, 1984. LIMA, I diritti umani, asilo e rifugio, Napoli, 2000.
BERGER, La
politique europèenne d’asile et d’immigration-enjeux et perspectives,
Bruxelles, 2000. GUILD, NIESSEN, The developing immigration and Asylum
policies of the European Union, Kluwer Law International, The Hague, Boston,
London, 1996. GUILD, Immigration law in the European community, Kluwer Law
International, [58] CELLAMARE, La Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori e dei membri della loro famiglia, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1992.
[59] Cfr. La proposta che era stata
presentata dalla Commissione europea il 1° dicembre 1999 (COM (1999) 638),
modificata in seguito al parere del Parlamento europeo con
[60] La convenzione elaborata dal Consiglio
d’Europa nel [61] MEZZADRA S. PETRILLO A. (a cura di)., I confini della globalizzazione: lavoro, culture, cittadinanza, Roma, Manifesto Libri, 2000. [62] ADINOLFI, I lavoratori extracomunitari, Bologna, 1992. [63] Cfr. La Conferenza sul Fondo europeo rifugiati ed i relativi programmi. [64] VAGTS, Minimum standard, in Enciclopedia of public international law, 1985. [65] LOMBARDI VALLAURI, Universalità dei diritti di quale uomo?, in A.A. V.V., Pluralità delle culture e universalità dei diritti, Torino, 1996. [66] Cfr. Il caso del personale diplomatico e consolare degli Stati Uniti a Teheran (Stati Uniti v. Iran), ICJ Reports 1980, sentenza del 24 maggio 1980, par. 91, pp. 39 ss. [67] La Francia dispiega i propri rapporti con l’immigrato attraverso la tecnica dell’assimilazione, in base alla quale gli immigrati anzichè utilizzare la propria identità culturale come spinta per una integrazione non subalterna. L’Inghilterra utilizza un modello che enfatizza le diversità etniche e culturali favorendo la formazione di comunità etniche. Il modello tedesco, basato sull’istituzionalizzazione della condizione di precarietà e l’Italia al fine rintraccia tra una mentalità tradizionalistica e colonialistica avendo una tesi storica nella società italiana e dall’altra parte un incapacità totale di gestione del fenomeno immigrazione. Comunque, l’aumento degli flussi immigratori ha come conseguenza l’aumento della presenza degli stranieri in Italia conoscendo ormai il problema e legando alla mancanza di una sistematica raccolta e elaborazione di norme e dati arrivando di parlare di inversione della tutela dei diritti umani con minimi risultati nel settore.
[68] Cfr. CARUSO, Il trattato sull’Unione europea.
Osservazioni e prime riflessioni, in Europa e mezzogiorno, 1992.
EVERLING,
Reflections on the structure of the European Union, in Common market law
review, 1992. MOAVERO
MILANESI, Il Trattato di Maastricht e le novità che comporta. Spunti di compendio
e brevi riflessioni, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali,
1992. HARTLEY, Constitutional and institutional aspects of the
[69] Cfr.
1. Boll. Suppl. n. 1-76, 1 ss. 2. Risoluzione
6 agosto 1975 sull’Unione europea, in GUCE 6 agosto 1975 C179, 28. 3. Il
Consiglio di Fontainebleu del 25 e 26 giugno
[70] ADAM, La cooperazione nel campo della
giustizia e degli affari interni. Da Schengen a Maastricht, in Rivista di
diritto europeo, 1994. FRIDEGOTTO, L’accordo di Schengen. Riflessi
internazionali ed interni per l’Italia, Quaderni di Affari Sociali Internazionali,
Milano, 1992. GARBAGNATI, Immigrazione, diritto di asilo e libertà di
circolazione delle persone nella prospettiva dell’Unione europea, in Diritto
comunitario e degli scambi internazionali, 1995. LIGUORI, L’immigrazione e
l’Unione europea, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2000.
TROMBETTA, Gli accordi di Schengen, in Affari esteri, 1995.
O’KEEFFE,
TWOMEY
(eds), Legal issues of the [71] GUCE, 31 dicembre 1992, C348, 2. [72] Il diritto di soggiornare e circolare liberamente come diritto avente efficacia immediata specifica alcuni aspetti della disciplina della libertà di circolazione e soggiorno, le norme vigenti per le categorie beneficiarie delle libertà garantite dai trattati istitutivi e dal diritto comunitario derivato che possono fin ora assicurare un reale esercizio di liberta territoriale. [73] LAPENNA, La cittadinanza nel diritto internazionale generale, Giuffrè, 1966. CONDINANZI, LANG, Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione delle persone, Giuffrè, 2003. [74] MATTIONI, Petizione e democratizzazione dell’ordinamento comunitario, in Studi parmensi, 1984. UBERTAZZI, Un diritto comunitario di petizione?, in Studi parmensi, 1984. TESAURO, Il Mediatore europeo, in Rivista di diritto internazionale dei diritti dell’uomo, 1992. [75] ADAM, Prime riflessioni sulla cittadinanza dell’Unione, in Rivista di diritto internazionale, 1992. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, in Quaderni costituzionali, 1993. SIMON, KOVAR, La citoyennetè europèenne, in Cahiers de droit europèen, 1993. [76] ADONNINO, L’Europa dei cittadini. Considerazioni e prospettive, in Affari esteri, 1985. BARBASO, L’Europa dei cittadini. Realizzazioni e prospettive, in Foro italiano, 1987. CANSACCHI, La cittadinanza comunitaria e i diritti fondamentali dell’uomo, in Studi in onore di G. Sperduti, Milano, 1984. FERRARI, Cittadinanza italiana e cittadinanza europea tra disapplicazione e causa di invalidità europea tra disapplicazione e causa di invalidità e non applicazione per il principio di specialità, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1991. [77] LOBKOWICK, Un droit de vote municipal pour tous les Europèens, in Revue du Marchè Commun, 1988. SILVESTRO, Le droit de vote et d’èligibilitè aux èlections municipales, in Revue Marchè Commun et de l’Union Europèenne, 1993. [78] VILLANI, Osservazioni sull’elettorato passivo al Parlamento europeo (la legge italiana n. 9 del 18 gennaio 1989), in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1989. [79] NASCIMBENE, Brevi rilievi in tema di diritti fondamentali, cittadinanza e sussidiarietà nel trattato sull’Unione europea, in Il diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1994, pp. 234 ss.. CAPOTORTI, La structure institutionelle de l’Union europèenne, in Cahiers de droit europèen, 1985. [80] Il servizio dal difensore civico europeo spiegato in una guida con titolo. Cosa può fare per voi il mediatore europeo è stato pubblicato il 2002 con l’obbiettivo principale di spiegare ai cittadini qual è il servizio da lui offerto. Il Mediatore europeo ha il compito di esaminare le denunce presentate dai cittadini contro casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni e degli organi della CE. Ogni cittadino di uno Stato membri dell’Unione europea può presentare denuncia al mediatore europeo. Alcuni dei problemi più comuni trattati dal mediatore sono i ritardi ingiustificati, il rifiuto d’informazione, le discriminazioni e l’abuso di potere [81] BEDESCHI, LANDUCCI, Cittadinanza europea e extracomunitari. Il fenomeno dell’immigrazione nel processo di integrazione europea, DEAM, 1995. ADAM, Prime riflessioni sulla cittadinanza dell’Unione, in Rivista di diritto internazionale, 1992, pp. 622 ss. Camera dei deputati-Senato della Repubblica, Indagini conoscitive e documentazioni legislative n. 20, Integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea. Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e di vigilanza sull’unità EUROPOL, Atti parlamentari, XIII legislatura, Camera dei deputati, Roma, 1999, pp. 47 ss. [82] GAJA, Le “due velocità” in tema di circolazione delle persone, in Rivista di diritto internazionale, 1989. [83] La giurisprudenza usata è solo questa recente e relativa all’argomento trattato.
[84] Il tema di doppia cittadinanza non
significa che un ordinamento di uno Stato può attribuire più cittadinanza alla
medesima persona. Ogni stato deve regolare la propria cittadinanza ma non il
possesso, l’acquisto e la perdita di una cittadinanza straniera. Ogni Stato può
anche liberalmente esercitare la protezione diplomatica a favore dei propri
cittadini, cioè può intervenire a favore del doppio cittadino, solo quello dei
due Stati, di cui l’interessato è cittadino, con il quale sussistano
collegamenti di residenza e di interessi che rendono effettivo il rapporto di
cittadinanza. Nell’Atto finale relativo al trattato sull’Unione Europea,
firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, si precisa che: “ogniqualvolta nel
trattato che istituisce [85] L’Italia è stato il primo paese che in base al d. Lgs. N. 113/99 correttivo della disciplina dell’immigrazione ha costituito un comitato per i minori stranieri che sono attribuite le responsabilità dell’adozione del provvedimento di rimpatrio assistito del minore straniero non accompagnato. [86] Cfr. MENHETTI, L’acquisto della cittadinanza per matrimonio. Il fenomeno dei matrimoni fittizi, in Rivista Gli Stranieri, 1998. [87] GIULIANO, Lo straniero nel diritto internazionale, in La Comunità internazionale, 1981. [88] LUCIANI, Cittadini e stranieri come titolari dei diritti fondamentali. L’esperienza italiana. In Rivista critica di diritto privato, 1992. [89] MONEGER, Les musulmans devant le juge français, in Journal du droit international, 1994. COLASANTO, Noi e l’islam, in Rivista Gli Stranieri, 2004.
[90] MANCINI, Immigrazione musulmana e
cultura giuridica, Milano 1998, FERRARI (a cura di), Musulmani in Italia. La
condizione giuridica delle comunità islamiche, Bologna, 2000. MUSSELLI, Libertà
religiosa ed islam nell’ordinamento italiano, in Il diritto ecclesiastico,
1992. DALLA TORRE, D’AGOSTINO, |
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