*** Con la decisione numero 1683 del 25 marzo 2002 il Consiglio di Stato infatti detta un’importante disciplina relativamente alla forma di presentazione della cauzione a garanzia degli obblighi e oneri relativi alla partecipazione, sancendo l’assoluta legittimità di presentazione della polizza fideiussoria quale (consolidata) forma di tutela degli interessi della Stazione Appaltante. Nel giudizio di primo grado, la società appellata aveva impugnato il provvedimento di esclusione da una gara per l’appalto di opere pubbliche, indetta dal un Comune, perché essa aveva prestato la prescritta cauzione provvisoria con una polizza fideiussoria rilasciata da una compagnia di assicurazione, anziché con fideiussione bancaria. Modalità, questa, indicata dall’art. 9 del capitolato speciale, nel quale si specificava che la cauzione provvisoria a garanzia dell’offerta doveva essere prestata “con versamento in contanti” o “mediante fideiussione bancaria rilasciata dagli istituti di credito ammessi ai sensi di legge” Il Tar adito, sulla base del principio che le clausole del bando di gara vanno interpretate secondo il criterio di affidamento e nel senso più favorevole ai concorrenti, in considerazione del fatto che l’art. 30 della l. 11 febbraio 1994, n. 109 ammette anche la fideiussione assicurativa, ha dato ragione alla ditta rimasta esclusa dal procedimento pubblico.
Il Supremo giudice amministrativo conferma tale decisone basandosi sui seguenti assunti:
Ø Esiste una sorta di contraddizione nella clausola del bando di gara laddove da una parte si evince la volontà di escludere le ditte che non presentino la provvisoria in contanti o con fideiussione bancaria e dall’altra la specificazione che le modalità di presentazione debbano essere rispettose dei “sensi della normativa vigente” (che appunto prevede anche la polizza);
Ø L’insieme di queste norme, non solo l’art. 30 della legge n. 109 del 1994, ma anche l’art. 13 della legge 3 gennaio 1978, n.1, (abrogato poi dall’art. 231 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554) e l’art. 1, lett. c), della legge 10 giugno 1982, n. 348, come modificato dall’art. 128 del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157, fa palese che, nell’ordinamento, esiste una completa assimilazione, ai fini delle cauzioni da prestare nelle gare per l’affidamento della esecuzione di lavori pubblici, fra fideiussione bancaria e assicurativa.;
Ø Poiché all’articolo 9 del capitolato speciale non è richiamata alcuna sanzione di esclusione specifica, per poter risalire ad un siffatto negativo effetto, occorre ritornare al bando, dove, in fine delle prescrizioni riportate sotto la lett. l), si dice che “la mancanza, l’incompletezza o l’irregolarità sostanziale della documentazione richiesta comportano l’esclusione dalla gara”. Molto labile risulta inoltre il collegamento, sia sotto l’aspetto giuridico, sia sotto l’aspetto logico, fra prestazione di una fideiussione assicurativa ed irregolarità sostanziale o incompletezza della documentazione presentata., in quanto la polizza non può essere considerata documentazione, almeno nel senso desumibile dalla lettera l) del bando, che riguarda i requisiti da possedere, le indicazioni da fornire e l’offerta economica scritta, ma dell’esecuzione di una prestazione di garanzia volta a coprire “la mancata sottoscrizione del contratto per volontà dell’aggiudicatario”, come dispone il comma 1 dell’art. 30 della citata legge n. 109 del 1994;
Ø Il Comune non ha motivato in maniera assoluta né giustificata la scelta di escludere la polizza assicurativa basandosi sull’assunto che la fideiussione bancaria dia garanzia di maggiore affidabilità e solvibilità, indicativa della capacità finanziaria del soggetto per il quale è rilasciata, rispetto ad un contratto emesso da una Compagnia di Assicurazione; Per quanto sopra esposto, il Consiglio di Stato conferma il comportamento della ditta e nel contempo condanna il Comune alle spese processuali.
Tale cifra sarà poi imputata al Rup, quale danno erariale?
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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione H a pronunciato la seguente decisione sui ricorsi in appello n.r.g. 1628/98 e 8540/99, proposti dal Comune di Treviso contro ****. s.r.l., quale capogruppo A.T.I. con l’impresa **** s.r.l., e nei confronti di s.p.a. ****, n. c., per l'annullamento rispettivamente, delle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto -Sezione Prima - n. 1859/97, pubblicata il 24 dicembre 1997, e n. 436/99, pubblicata il 3 aprile 1999. (…) FATTO 1. Il ricorso n. 1628/98 è proposto dal Comune di Treviso. E’ stato notificato il 6 febbraio e depositato il 20 febbraio 1998. 2. E’ impugnata la sentenza n. 1859/97 del Tribunale amministrativo regionale del Veneto, prima sezione, pubblicata il 24 dicembre 1997, con la quale è stato annullato il provvedimento di esclusione della società intimata dalla gara per l’appalto delle opere, denominate “****”, adottato dalla commissione giudicatrice nella seduta del 15 luglio 1997. 3. Si sostiene, con il ricorso in appello: 3.1. che il ricorso di primo grado era tardivo rispetto alla pubblicazione del bando di gara, perché la clausola applicata dalla commissione era immediatamente lesiva; 3.2. vi era, perciò, carenza d’interesse, posto che l’esclusione dalla gara era diretta conseguenza della doverosa applicazione delle norme di gara; 3.3. il primo giudice è incorso nel vizio di extrapetizione ed inoltre la scelta di escludere la polizza assicurativa, dal novero di quelle ammesse per prestare cauzione, risponde ad un particolare interesse del Comune, sicché la violazione della relativa prescrizione costituisce una irregolarità sostanziale; 3.4. ulteriore extrapetizione viene ravvisata nella supposta violazione delle norme sulla trasparenza amministrativa. La clausola del bando non era ambigua, come affermato dal primo giudice. La stazione appaltante non si è ispirata ad un eccessivo rigore formale, ma ha applicato il principio, secondo il quale le regole del bando vanno rispettate. 4. Con memoria del 19 novembre 2001, sono state illustrate le censure riferite. 5. Si è costituita in giudizio la parte intimata, la quale deduce l’infondatezza dell’appello. 6. Con atto notificato il 2 ottobre 1999 e depositato il 15 successivo, lo stesso Comune chiede la riforma della sentenza dello stesso T.A.R. n. 436/99, pubblicata il 3 aprile 1999. La decisione accoglie il ricorso della società indicata in epigrafe ed annulla la deliberazione della Giunta municipale del 10 aprile 1998, con la quale è stato deciso di non far luogo all’apertura della busta, contenente l’offerta della società stessa, per non avere questa impugnato il provvedimento di aggiudicazione, nel frattempo intervenuto. 7. Si lamenta che l’aggiudicazione non viene caducata per effetto dell’annullamento del provvedimento di illegittima esclusione dalla gara, se è aggiudicatario un soggetto che non sia stato legittimo contraddittore nel giudizio sull’esclusione; che sarebbe stato illegittimo annullare, in sede di autotutela, l’aggiudicazione, perché non era rinvenibile un interesse pubblico concreto ed attuale; che il T.A.R è incorso in ultrapetizione nell’ordinare la riapertura della gara; che, infine, è ingiusta la condanna alle spese. 8. Con memoria del 19 novembre 2001, sono state illustrate le riferite censure. 9. La domanda di sospensione dell’efficacia della prima delle sentenze appellate è stata respinta con ordinanza pronunciata nella camera di consiglio del 27 marzo 1998. 10. All’udienza del 30 novembre 2001, i due ricorsi sono stati trattenuti in decisione. DIRITTO 1. I due ricorsi sono connessi soggettivamente ed oggettivamente e vengono, perciò, riuniti, per pronunciare su di essi con un’unica decisione 2. Con riguardo al primo ricorso, va precisato che la società appellata aveva impugnato il provvedimento di esclusione da una gara per l’appalto di opere pubbliche, indetta dal Comune di Treviso, perché essa aveva prestato la prescritta cauzione provvisoria con una polizza fideiussoria rilasciata da una compagnia di assicurazione, anziché con fideiussione bancaria. Modalità, questa, indicata dall’art. 9 del capitolato speciale, nel quale si specificava che la cauzione provvisoria a garanzia dell’offerta doveva essere prestata “con versamento in contanti” o “mediante fideiussione bancaria rilasciata dagli istituti di credito ammessi ai sensi di legge”. 3. Il primo giudice ha riconosciuto la tempestività del ricorso, eccepita dal Comune resistente, perché la clausola del bando non era da interpretare, per i suoi elementi di ambiguità, come immediatamente produttiva di esclusione, se la cauzione fosse stata prestata in altro modo. Ha poi rilevato – se ne riferisce qui per sommi capi - che l’art. 30 della l. 11 febbraio 1994, n. 109, ammette anche la fideiussione assicurativa e che la regola della gara andava interpretata secondo il criterio di affidamento, che la clausola induceva un elemento di equivocità, che il principio di buona amministrazione impone che siano evitate clausole ambigue, e che queste ultime devono interpretarsi nel senso più favorevole ai concorrenti. 4. La sentenza merita conferma e l’appello deve essere respinto, perché infondato. 5. Con il primo motivo il Comune appellante ripropone la tesi della tardività del ricorso di primo grado. 6. Le osservazioni che seguono valgono sia a disattendere tale tesi, sia a porre gli elementi per non condividere le altre censure proposte. 7. In primo luogo, va riconosciuto che la formulazione non è univoca, nel senso della desumibilità di un effetto di esclusione dalla gara per chi abbia a prestare una cauzione conforme alla legge. Nel bando si richiamano, infatti, semplicemente “le modalità” stabilite nel capitolato per la cauzione, ma “ai sensi della normativa vigente”. E’ questo già un primo elemento di rilievo. 8. E’ da considerare, infatti, che non solo l’art. 30 della legge n. 109 del 1994 dispone per la fungibilità della fideiussione bancaria ed assicurativa, ma anche che nel medesimo senso disponevano: l’art. 13 della legge 3 gennaio 1978, n.1, (abrogato poi dall’art. 231 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554) e l’art. 1, lett. c), della legge 10 giugno 1982, n. 348, come modificato dall’art. 128 del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157. L’insieme di queste norme fa palese che, nell’ordinamento, esiste una completa assimilazione, ai fini delle cauzioni da prestare nelle gare per l’affidamento della esecuzione di lavori pubblici, fra i due tipi di fideiussione in esame. Da qui, la possibilità di interpretare il richiamo alle specifiche modalità di prestazione della cauzione, stabilite nel capitolato speciale della gara in questione, come non indicative di una inderogabile regola, che sarebbe stata in contrasto con le norme vigenti, innanzi tutto. 9. In questo secondo atto, le cosiddette modalità sono indicate sotto l’art. 9. In esso non è richiamata alcuna sanzione di esclusione. Per risalire ad un siffatto negativo effetto, occorre ritornare al bando, dove, in fine delle prescrizioni riportate sotto la lett. l), si dice che “la mancanza, l’incompletezza o l’irregolarità sostanziale della documentazione richiesta comportano l’esclusione dalla gara”. E’ perciò labile il collegamento, sia sotto l’aspetto giuridico, sia sotto l’aspetto logico, fra prestazione di una fideiussione assicurativa ed irregolarità sostanziale o incompletezza della documentazione presentata. In senso stretto, invero, non si tratta neppure di una documentazione, almeno nel senso desumibile dalla lettera l) del bando, che riguarda i requisiti da possedere, le indicazioni da fornire e l’offerta economica scritta, ma dell’esecuzione di una prestazione di garanzia volta a coprire “la mancata sottoscrizione del contratto per volontà dell’aggiudicatario”, come dispone il comma 1 dell’art. 30 della citata legge n. 109 del 1994. 10. La conclusione che si deve trarre è che il ricorso introduttivo, proposto in occasione del provvedimento di esclusione, è stato correttamente considerato tempestivo, non discendendo la lesione della posizione giuridica del concorrente direttamente ed immediatamente né dal capitolato speciale, né dal bando, né dal combinato disposto dei due atti stessi. 11. Per le considerazioni esposte non può trovare consenso la tesi dell’inammissibilità per difetto di interesse del ricorso di primo grado, posto che la si fa discendere dalla tardività del ricorso stesso, dalla quale si è dissentito. 12. Né, ancora, va condivisa la denuncia di ultrapetizione della decisione appellata. Era stata dedotta la violazione dell’art. 30 della legge n. 109 del 1994 e si sostiene che non si configura come una lacuna del bando l’omessa previsione di una cauzione da prestare con polizza assicurativa. Essa deriva, secondo il Comune appellante, dalla garanzia di maggiore affidabilità e solvibilità data da una polizza bancaria, indicativa della capacità finanziaria del soggetto per il quale è rilasciata, carattere questo non desumibile dalla polizza assicurativa. 13. Si può prescindere dalla verifica di questa opinione, per vero non del tutto piana, per osservare che, di fronte alle disposizioni delle norme sopra menzionate, sulla equiparazione dei due tipi di garanzie, l’espressa esclusione di una di esse doveva essere espressamente motivata. Nessuna motivazione in proposito è, però, rinvenibile nel bando o nel capitolato. Il motivo si configura, perciò, come un’inammissibile integrazione ex post dei provvedimenti dell’amministrazione. Resta, di conseguenza, il fatto che alla luce dell’art. 30 citato, correttamente il primo giudice ha intepretato le regole del bando e del capitolato come non preclusive della possibilità di prestare cauzione mediante polizza rilasciata da una società di assicurazione. 14. Per quanto si è sopra precisato, si configurano come irrilevanti le ulteriori censure alla sentenza appellata, che si soffermano su considerazioni di rincalzo fatta dal primo giudice a sostegno delle conclusioni raggiunte, e che non possono perciò indurre ad una riforma della decisione. (…) Anche nel presente giudizio, per quanto riguarda il primo appello, deve farsi applicazione della regola della soccombenza: la liquidazione è fatta in dispositivo. Per il secondo degli appelli decisi, non deve pronunciarsi sulle spese, in assenza di costituzione della parte intimata. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) riunisce gli appelli e li respinge. Condanna il Comune appellante al pagamento, in favore della parte resistente nell’appello n. 1628/98, della somma di lire otto milioni per spese ed onorari. Nulla per le spese, quanto al ricorso in appello n. 8540/1999. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 30 novembre 2001 DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 25/03/2002. |
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