L’AUTONOMIA STATUTARIA E LE MODIFICAZIONI ISTITUZIONALI DELLE IPAB INFRAREGIONALI

di DANILO CORRÀ, Segretario generale della Fondazione Groggia di Venezia
Formatore e consulente di enti non profit pubblici e privati

e-mail: danilo@unive.it

Tratto da Il diritto della Regione, 1996, p. 59 e s.

1. Premessa.

Le IPAB (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) infraregionali rappresentano attualmente una realtà significativa nel sistema socio-assistenziale del nostro Paese, sia per la quantità e la qualità dei servizi erogati che per le risorse umane e strumentali impiegate.

Al significativo ruolo svolto dalle IPAB non corrisponde, tuttavia, una normativa adeguata, dal momento che la tanto attesa riforma del settore socio-assistenziale non è ancora stata attuata; la legislazione di riferimento è pertanto ancora quella istitutiva, risalente al secolo scorso.

Ciò significa che l’interprete ed il pratico devono coordinare le norme crispine con i successivi, parziali interventi del legislatore statale, con le pronunce -significative - del Giudice costituzionale e con la recente normativa regionale, adottata ai sensi dell’art. 117 della Cost. ed a seguito dei trasferimenti attuati con il D.P.R. n. 2 del 1972 ed il D.P.R. n. 616 del 1977.

Una delle caratteristiche peculiari delle IPAB è rappresentata dalla particolare autonomia statutaria della quale sono dotate, la quale consente in parte di sopperire alle rilevate carenze legislative mediante l’introduzione, nell’ordinamento di ogni singolo ente, dei correttivi necessari a garantire una disciplina adeguata ai tempi, ciò che presuppone un’incisiva attività regionale di coordinamento ai fini di garantire la necessaria unitarietà di disciplina.

Il presente studio si propone pertanto di offrire un contributo alla ricostruzione sistematica della disciplina degli statuti delle IPAB infraregionali (e delle collegate riforme delle amministrazioni), stante l’accennata rilevanza degli stessi ai fini di un’efficace ed efficiente azione degli enti assistenziali.

2. Lo statuto nella gerarchia delle fonti.

Gli statuti delle IPAB sono atti obbligatori (art. 95 della L.n. 6972 del 1890) a contenuto normativo, nonostante la forma (provvedimento amministrativo) con la quale vengono adottati dalle Istituzioni ed approvati dall’Autorità tutoria.

La L.n. 6972 del 1890 dispone infatti implicitamente (vd. ad es. gli art. 1 e 70 per gli scopi) ed espressamente (vd., in primis, gli art. 4 e 9 per le norme di amministrazione interna) il rinvio alla potestà statutaria per la disciplina dell’attività delle IPAB, con ciò conferendo agli statuti il valore di legge materiale per l’ambito d’intervento loro riservato.

Gli statuti delle IPAB vengono tradizionalmente classificati tra le fonti secondarie del diritto, e come tali gerarchicamente sottordinate alla Costituzione (ed alle leggi costituzionali), ai Regolamenti CEE ed alle leggi ordinarie (statali e regionali), ossia alle fonti primarie del diritto.

Ciò significa che la potestà statutaria dev’essere espressamente prevista da una norma di rango primario, la quale ne delimita portata e limiti; tuttavia, per le materie la cui disciplina è demandata agli statuti, gli stessi non risentono della concorrenza o della preminenza di altre fonti giuridiche, in quanto lex specialis.

Gli statuti sono a loro volta gerarchicamente sovraordinati ai regolamenti che egualmente le IPAB sono tenute ad adottare (vd., tra gli altri, gli art. 31, 36, comma 1°, lett. f), 95 della L.n. 6972 del 1890; art. 8 e seg. del R.D. n. 99 del 1890, Reg. Cont.), i quali disciplinano in dettaglio i settori di attività delle IPAB (personale, amministrazione, patrimonio, contabilità, servizi) solo in via generale previsti dagli statuti.

3. Il contenuto essenziale dello statuto.

Lo statuto di un’IPAB deve contenere le norme fondamentali per il funzionamento dell’Istituzione, in conformità alle volontà espresse dal fondatore.

Deve innanzitutto enunciare la denominazione e la sede dell’IPAB, lo scopo, l’organo di amministrazione e le relative modalità di funzionamento, i mezzi strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali.

Dallo statuto deve quindi risultare la ripartizione delle competenze tra organo di amministrazione ed apparato burocratico, ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 29 del 1993.

Tra i mezzi strumentali particolare rilievo assume il patrimonio, le cui rendite rappresentano la principale risorsa dell’IPAB: l’intero corpus normativo crispino è infatti orientato alla conservazione ed all’incremento dei beni costituenti la dotazione iniziale conferita dal fondatore.

Lo statuto deve pertanto contenere, in sintesi, un riferimento alla consistenza ed al valore del patrimonio dell’IPAB, rinviando all’inventario previsto dall’art. 18 della L.n. 6972 del 1890 per l’esatta individuazione dei beni e per i successivi aggiornamenti.

La previsione statutaria relativa al patrimonio ha la funzione, rispondente ad un’elementare esigenza di trasparenza, di certificare nel più importante documento normativo dell’IPAB la sua effettiva capacità di garantire il perseguimento delle finalità statutarie, anche mediante la costituzione di rapporti giuridico-patrimoniali che presentino una sufficiente copertura a garanzia dell’effettivo assolvimento, analogamente a quanto elaborato dalla dottrina per le persone giuridiche private argomentando ex art. 3 delle disp. att. cod. civ.

Oltre alle disposizioni essenziali sin qui descritte lo statuto può contenere altre disposizioni facoltative o eventuali quali, ad es., l’istituzione di organi consultivi, la disciplina dei rapporti con altre realtà socio-assistenziali pubbliche e/o private, l’impegno all’assolvimento di un particolare onere posto a carico dell’IPAB dal fondatore, la disciplina transitoria di situazioni contingenti.

4. (segue) L’enunciazione statutaria degli scopi dell’IPAB.

Le finalità delle IPAB non devono essere formulate in modo generico, dovendo invece essere individuate in modo da caratterizzare l’attività socio-assistenziale delle Istituzioni differenziandola da quella attribuita in via generale ai Comuni dall'art. 22 del DPR n. 616 del 1977.

Diversamente le IPAB oltrepasserebbero i confini tracciati dalla Corte Costituzionale con la sent. 30.7.1981, n. 173 (G.U. n. 214 del 5.8.1981), in cui sono state escluse dal trasferimento ai Comuni in virtù della specificità di intervento che ne caratterizza la fattispecie, sancita espressamente anche dall’art. 8 della L.n. 847 del 1937.

Lo statuto deve prevedere, ai sensi dell'art. 1 della L.n. 6972 del 1890, l'accesso gratuito (da garantirsi almeno parzialmente) alle prestazioni dell'IPAB da parte dell'indigente.

L’enunciazione degli scopi statutari deve garantire l’uniformità di trattamento degli utenti, nel rispetto del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Cost. ed in conformità a quanto stabilito dal Presidente del Consiglio dei Ministri con direttiva 27.01.94 (G.U. n. 43 del 22.2.1994) in ordine all'erogazione dei servizi pubblici e con D.P.C.M. 21.12.1995 (G.U. n. 4 del 5.1.1996), con il quale ha approvato lo schema generale delle carte dei servizi pubblici del settore previdenziale ed assistenziale.

L'IPAB può tuttavia accordare la precedenza di accesso ai propri servizi agli utenti residenti in determinati ambiti territoriali regionali, qualora ciò sia stato espressamente prescritto dal fondatore o nell'ipotesi che questi abbia destinato alla costituzione dell'IPAB risorse patrimoniali insufficienti a garantire un'estensione generalizzata delle prestazioni assistenziali; tale diversità di trattamento sarebbe tra l’altro conforme al limitato ambito territoriale di intervento riservato alle IPAB infraregionali.

5. L’applicazione dello statuto.

La norma statutaria è norma di diritto (art. 52 della L.n. 6972 del 1890), e come tale dev’essere applicata, in primo luogo dagli amministratori dell’IPAB.

La vigilanza sulla corretta applicazione degli statuti è attribuita alle Regioni, le quali possono anche, nel caso di accertata violazione, sciogliere i consigli di amministrazione allo scopo di ripristinare la legalità nelle Istituzioni (art. 46 e seg. della L.n. 6972 del 1890).

La corretta applicazione degli statuti comporta il rispetto delle relative disposizioni anche da parte di coloro che vengono in contatto con le Istituzioni, come ad es. gli enti ed i soggetti cui è demandata la nomina del consiglio di amministrazione, per i quali la nomina stessa costituisce un vero e proprio obbligo giuridico anche penalmente sanzionato (art. 323 del cod. pen.).

Le norme statutarie possono costituire in capo ai terzi diritti soggettivi o interessi legittimi; nella prima ipotesi deve ritenersi che il Giudice Ordinario, nel corso del giudizio per la pretesa violazione un diritto, possa disapplicare la norma statutaria dalla quale il diritto medesimo sarebbe stato compromesso, ai sensi dell’art. 5 della L.n. 2248 del 1865, all. E.

La natura normativa dello statuto consente altresì, qualora dallo stesso siano originati diritti soggettivi, il ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme statutarie ai sensi dell’art. 360 del cod. proc. civ. contro le sentenze pronunciate in grado di appello dal Giudice ordinario.

6. L’interpretazione dello statuto.

La natura normativa dello statuto determina anche, per la sua interpretazione, il ricorso alle regole ermeneutiche dettate per le leggi (art. 12 delle preleggi), e non a quelle dei contratti.

L’interpretazione deve essere innanzitutto operata alla luce di quanto disposto dalle tavole di fondazione, come ribadito dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

In sede interpretativa rilevano, ovviamente, le norme crispine che sanciscono i limiti dell’autonomia statutaria.

Ulteriori elementi di valutazione possono essere ricavati dall’atto dell’IPAB di adozione del testo statutario e da quello tutorio di approvazione finale.

In quanto norme speciali, le disposizioni statutarie non sono suscettibili di interpretazione analogica, ma solo estensiva, secondo i canoni ermeneutici tradizionali.

Poichè lo statuto di un’IPAB disciplina una fattispecie esclusiva, non può essere integrato, a livello interpretativo, dalle disposizioni di altri statuti (di IPAB od altri enti locali), mentre deve considerarsi possibile il ricorso ai principi generali per la corretta interpretazione di fattispecie non disciplinate in via esclusiva dallo statuto.

7. Il procedimento di adozione e modificazione dello statuto: a) l’iniziativa.

La procedura per l’adozione dello statuto e per le successive modificazioni è disciplinata dall’art. 62 della L.n. 6972 del 1890, eventualmente integrata dalla normativa regionale.

In base a tale procedura l’iniziativa per le modificazioni statutarie spetta, alternativamente, all'IPAB, al Comune o alla Provincia interessati, e può essere assunta anche d’ufficio dall’Autorità tutoria.

Qualora, come nella pratica prevalentemente avviene, l’IPAB assuma l’iniziativa, deve presentare agli enti cui la legge attribuisce la facoltà di esprimere un parere una proposta di statuto; trascorso il termine per il parere deve inoltrare apposita istanza alla competente Autorità regionale, accompagnata dalla deliberazione di adozione del testo statutario proposto e dai pareri (o dall'attestazione dell'infruttuoso decorso del termine di trenta giorni per la loro emissione) dei soggetti individuati dalla normativa crispina.

La deliberazione, ai sensi del combinato disposto degli art. 34 e 68 della L.n. 6972 del 1890 e 47 della L.n. 142 del 1990, dev'essere pubblicata entro otto giorni dall'adozione all'albo pretorio comunale (oltre che, eventualmente, all'albo dell'IPAB, se esistente), e rimanervi affissa per almeno quindici giorni consecutivi.

All'istanza devono essere allegati, se non già in possesso dei competenti uffici regionali, le tavole di fondazione dell'IPAB, lo statuto vigente e quelli precedenti ed il provvedimento di riconoscimento della personalità giuridica pubblica; l'ultimo inventario patrimoniale e gli ultimi documenti contabili approvati, ai sensi dell'art. 103, comma 1°, lett. c) del R.D. n. 99 del 1890, Reg. Amm., nonchè una sintetica relazione sull'attività svolta dall'IPAB.

8. b) i pareri di cui all’art. 62 della legge n. 6972 del 1890.

La L.n. 6972 del 1890 individua, in base al criterio della provenienza territoriale degli utenti (art. 56, 61, 68, 70, 81 e 92) e, in via sussidiaria (ma nella pratica pressochè costantemente utilizzato) a quello della sede legale dell’Istituzione (art. 56, 61/A, 61/C e 94), gli enti interessati alle riforme statutarie ed istituzionali delle IPAB.

Così, se l’IPAB interessa un solo Comune, la proposta di riforma statutaria (se l’iniziativa è assunta dall’IPAB; in caso contrario, la stessa dovrà comunque essere attivata) dev’essere comunicata, per acquisire il parere ex art. 62 della L.n. 6972 del 1890, al Consiglio comunale; se interessa più Comuni di una stessa o di più Province, è sufficiente attivare per il parere i Consigli provinciali; nessun parere dev’essere acquisito quando l’iniziativa viene assunta d’ufficio.

I pareri devono essere emessi entro trenta giorni dalla ricezione della proposta; gli enti che non si esprimono nel termine sono dalla legge ritenuti assenzienti.

Tali pareri, pur obbligatori, non sono vincolanti, poichè nessuna disposizione ne ricollega l’emissione al provvedimento di approvazione tutorio che conclude il procedimento di riforma statutaria, ed anzi i pareri medesimi non devono neppure essere resi all’Autorità tutoria, bensì all’ente proponente.

9. c) l’approvazione tutoria.

Le riforme statutarie devono essere approvate dall’Autorità tutoria con un provvedimento di natura autorizzativa, come tale comportante valutazioni istruttorie in ordine tanto alla legittimità che al merito delle riforme proposte.

L’approvazione può riguardare l’intero testo statutario proposto o soltanto una parte, e con il relativo provvedimento possono anche essere introdotte allo stesso modificazioni d’ufficio.

Il provvedimento tutorio deve tener conto dei pareri eventualmente espressi dai soggetti individuati dall’art. 62 della L.n. 6972 del 1890 e, se contiene determinazioni difformi a quanto negli stessi espresso, deve recare congrua motivazione.

L’eventuale impugnativa dei pareri può essere promossa soltanto congiuntamente al provvedimento di approvazione delle riforme, poichè soltanto dal momento della sua adozione gli stessi possono essere suscettibili di ledere l’altrui sfera giuridica.

10. Le modificazioni istituzionali: a) raggruppamento.

Gli art. 54 e seg. della L.n. 6972 del 1890 e gli art. 99 e seg. del R.D. n. 99 del 1890, Reg. Amm. prevedono un numero chiuso di ipotesi di modificazione temporanea o definitiva dell’assetto istituzionale delle IPAB.

Le procedure amministrative di modificazione istituzionale coincidono con quelle, già esaminate, previste per le riforme statutarie (iniziativa, pareri, provvedimento tutorio finale) dall’art. 62 della L.n. 6972 del 1890, cui pertanto si rinvia.

Quanto alle singole ipotesi normativamente previste, richiamata per completezza di esposizione la fattispecie del concentramento di cui agli art. 54-56 della L.n. 6972 del 1890, non più attuale per l’intervenuto scioglimento degli Enti di Assistenza Comunali (ECA) ad opera dell’art. 25 del DPR n. 616/1977, viene innanzitutto preso in esame il raggruppamento (art. 58-61 della L.n. 6972 del 1890).

Con esso due o più IPAB possono o, in caso di iniziativa d’ufficio, devono riunirsi in gruppo, affidandone l’amministrazione ad un unico consiglio di amministrazione.

La ratio del raggruppamento risiede nella necessità di contenere le spese di amministrazione e gestione di IPAB con scopi affini, e conseguentemente di razionalizzarne l’attività (art. 99 del R.D. n. 99 del 1890, Reg. Amm.).

Le IPAB raggrupate mantengono intatta la propria personalità giuridica ed i rispettivi patrimoni e bilanci vengono amministrati separatamente.

Il gruppo si dota di un Regolamento unico, il quale non sostituisce i singoli statuti delle IPAB raggruppate, che rimangono vigenti, ma si sovrappone temporaneamente ad essi allo scopo di disciplinare l’amministrazione comune e, soprattutto, di salvaguardare proprio il perseguimento delle finalità previste dai rispettivi statuti per ciascuna IPAB.

Anche se la legge non attribuisce espressamente al raggruppamento una personalità giuridica distinta da quella degli enti che concorrono a costituirlo, lo stesso, di fatto, è soggetto ai medesimi adempimenti prescritti per le IPAB.

Analogamente a quanto già previsto per le IPAB concentrate nell’ECA (art. 8 della L.n. 847/1937) una o più IPAB possono, nel corso del tempo, essere escluse dal raggruppamento, e ricondotte ad amministrazione autonoma.

11. b) fusione.

La legge prevede che le IPAB con "fini identici" (art. 58, comma 4° della L.n. 6972 del 1890) possano essere fuse in un unico ente.

Analogamente a quanto previsto dal Codice civile per le società commerciali (art. 2501 e seg.) la fusione può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova IPAB, o attraverso l’incorporazione in un’IPAB di una o più Istituzioni.

Nel primo caso si ha una vera e propria estinzione delle IPAB concorrenti alla fusione, cui l’ente risultante dalla fusione subentra in ogni rapporto attivo e passivo, dotandosi pertanto di un nuovo statuto; nella fusione per incorporazione rimane in vita soltanto un’IPAB, il cui statuto deve però essere modificato di conseguenza.

Nella prassi viene disposta la fusione non soltanto, come la legge prescrive, di IPAB aventi identico fine, ma anche di Istituzioni con scopi analoghi o addirittura diversi (ad es. assistenza ad anziani ed a minori), i quali pertanto concorrono a dar vita ad un ente con una nuova finalità (risultante dalla somma degli scopi di ciascuna IPAB).

12. c) consorzio.

Più IPAB con scopi affini possono riunirsi in consorzio (art. 61/A e 61/B della L.n. 6972 del 1890), al fine di erogare in comune i rispettivi servizi o di utilizzare personale e mezzi comuni.

Al consorzio possono partecipare anche le persone giuridiche private di cui agli art. 12 e seg. del cod. civ., i Comuni e le Province.

Al consorzio viene attribuita personalità giuridica distinta da quella degli enti partecipanti, che rimane comunque integra.

Il consorzio può essere obbligatorio, se costituito d’ufficio dall’Autorità tutoria, o facoltativo; nel primo caso può cessare soltanto ad iniziativa della medesima Autorità tutoria, oltre che per scadenza del termine; se facoltativo, può inoltre essere sciolto per volontà di tutti gli enti che lo costituiscono, o di tanti enti quanti rappresentano almeno i due terzi dei contributi alla sua costituzione o, infine, se gli enti costituenti sono soltanto due, per volontà di uno di essi.

Il consorzio si dota di una rappresentanza stabile e di uno statuto, dal quale devono risultare lo scopo, la durata, il contributo di ciascun ente, il funzionamento dell’amministrazione e le regole di accesso ai servizi erogati da parte degli utenti.

Nel corso della sua esistenza il consorzio può essere modificato mediante l’ingresso di nuovi enti o la separazione di enti riuniti.

Il patrimonio del consorzio è costituito dai conferimenti iniziali degli enti e dai successivi incrementi derivanti dalla sua attività; al momento dello scioglimento (totale o parziale) ciascun ente consorziato partecipa alla sua divisione, in proporzione al conferimento inizialmente corrisposto.

La fattispecie in esame è diversa da quella prevista dall’art. 25 della L.n. 142/1990, e non è pertanto soggetta alla revisione obbligatoria prescritta dall’art. 60 della L.n. 142/1990 in virtù della specialità che, come più volte rilevato, caratterizza la L.n. 6972 del 1890.

13. d) federazione.

Più IPAB e persone giuridiche private ex art. 12 e seg. del cod. civ. possono riunirsi in federazione per coordinare ed integrare le diverse forme delle rispettivive attività, o per provvedere in comune ad acquisti o servizi.

Rispetto al consorzio la federazione si caratterizza perchè gli enti si limitano a provvedere in comune soltanto ad alcuni servizi, e non alla gestione di tutta la propria attività, oltre che per la parziale diversità dei soggetti che possono concorrere a costituirla (ne sono esclusi Comuni e Province) e perchè ad essa la legge non attribuisce autonoma personalità giuridica.

Anche per la federazione, che può essere facoltativa o obbligatoria, è prevista un’amministrazione autonoma e l’approvazione di uno statuto ad hoc, il cui contenuto coincide con quello prescritto per il consorzio, ad eccezione delle disposizioni relative ad un patrimonio autonomo che, per la federazione, non è previsto, poichè -analogamente a quanto disposto per il raggruppamento- gli enti federati conservano patrimoni distinti.

Lo scioglimento della federazione viene dalla legge disciplinato in modo analogo a quello del consorzio, salva la diversa maggioranza prevista nell’ipotesi di cessazione volontaria (maggioranza semplice anzichè qualificata).

Anche le modificazioni della federazione seguono le medesime regole stabilite per il consorzio.

Va rilevato che, nella pratica, lo strumento federativo non incontra attualmente una significativa diffusione, preferendo gli enti interessati utilizzare, allo scopo, accordi di tipo privatistico.

14. e) trasformazione.

La trasformazione è prevista dall’art. 70 della L.n. 6972 del 1890, e consiste sostanzialmente nella modificazione delle finalità dell’IPAB qualora quelle originarie siano venute a mancare, o siano divenute superflue o comunque inattuali.

Per la procedura di trasformazione si rinvia pertanto a quanto illustrato in sede di esame delle riforme statutarie delle IPAB (par. 7 e seg.), rispetto alle quali le trasformazioni si trovano in rapporto di species a genus.

L’istituto in esame costituisce la massima espressione del favor concesso dal legislatore crispino alla forma giuridica dell’IPAB per l’esercizio dell’assistenza e della beneficenza pubbliche; con la trasformazione si persegue infatti lo scopo di conferire a ciascuna Istituzione il carattere della perpetuità, in uno con l’esclusione delle "istituzioni temporanee" dal novero delle IPAB (art. 2 della L.n. 6972 del 1890).

L’art. 70 della L.n. 6972 del 1890 vincola la trasformazione al rispetto della volontà dei fondatori, dalla quale le nuove finalità dell’IPAB devono allontanarsi il meno possibile, ciò che conferma la pregnanza del relativo principio nella materia che qui interessa.

15. f) estinzione.

La L.n. 6972 del 1890 non contempla per le IPAB la possibilità di estinzione, consentendo al più la trasformazione dei fini e la giurisprudenza, in conformità al dettato della legge, con indirizzo costante ha ribadito tale impossibilità.

Molte leggi regionali, tuttavia, disciplinano espressamente specifiche fattispecie estintive, cosicchè è necessario tener conto del fenomeno, ricostruendone la disciplina.

La norma generale di riferimento è individuabile nell’art. 27 del cod. civ., che al primo comma stabilisce che "(...) la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile". E’ evidente la sovrapposizione di tale disposizione con l’art. 70 della L.n. 6972 del 1890, con il quale il legislatore crispino ha inteso, come si è detto al precedente paragrafo, garantire alle iniziative benefiche il carattere della perpetuità.

Dall’esame delle leggi regionali che prevedono l’estinzione delle IPAB, risulta l’ampia discrezionalità riconosciuta in materia alle amministrazioni regionali, le quali determinano, talvolta anche in assenza di appositi parametri legislativi, le diverse ipotesi estintive.

Uno dei problemi più significativi che l’estinzione comporta è dato dall’individuazione dell’ente cui trasferire funzioni, personale e patrimonio dell’IPAB estinta.

Si ritiene che -salvo rare eccezioni- la successione all’IPAB estinta spetti al Comune di riferimento: ciò, oltre che espressamente ribadito da quasi tutte le leggi regionali, è conforme all’intento del legislatore delegato che, con l’art. 22 del DPR n. 616 del 1977 ha devoluto tutte le funzioni socio-assistenziali ai Comuni i quali, ai sensi del successivo art. 25, poi parzialmente annullato dalla Corte costituzionale (sent. n. 173 del 1981), avrebbero dovuto pertanto subentrare ad ogni effetto nelle funzioni e nella titolarità dei beni delle IPAB.

Nonostante il ricordato intervento della Corte costituzionale, che ha determinato la concorrenza di due soggetti pubblici su di uno stesso ambito territoriale per lo svolgimento di analoghe funzioni, si ritiene l’iter logico del legislatore delegato coerente e quindi percorribile nelle ipotesi estintive che, interdette dalla Corte costituzionale, sono state reintrodotte dalla legislazione regionale.

Quanto alle procedure estintive, si rinvia a quanto già illustrato in sede di analisi dell’art. 62 della L.n. 6972 del 1890, il quale trova applicazione anche per la fattispecie in esame; ovviamente, al parere ivi previsto da parte del consiglio comunale di riferimento deve sostituirsi la deliberazione consiliare del Comune subentrante all’IPAB, con la quale il Comune medesimo esprime la propria volontà successoria.

16. La privatizzazione.

Alle modificazioni istituzionali previste dalla L.n. 6972 del 1890 deve oggi aggiungersi la possibilità, per le IPAB che ne possiedano i requisiti, dell’accesso alla c.d. "privatizzazione", introdotta nell’ordinamento a seguito della parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 della L.n. 6972 del 1890 operata dalla Corte costituzionale con sentenza 7.4.1988, n. 396 (G.U. n. 15 del 13.4.1988).

La Corte costituzionale ha indicato due vie percorribili per procedere alla privatizzazione delle IPAB: quella giudiziale e quella amministrativa.

In merito alla seconda il Governo, con D.P.C.M. 16.2.1990 (G.U. n. 45 del 23.2.1990), ha fissato la disciplina di massima dei criteri di privatizzazione delle IPAB infraregionali, individuando sostanzialmente tre categorie privatizzabili: le IPAB di carattere associativo, quelle promosse ed amministrate da privati e le istituzioni di ispirazione religiosa (art. 1, comma 3°).

A seguito della direttiva statale è quindi intervenuta la legislazione regionale che, riprendendo i criteri fissati dal D.P.C.M., ha disciplinato le procedure di privatizzazione delle IPAB di competenza.

Il procedimento di privatizzazione non si discosta da quello ordinario di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato di cui all’art. 2 delle disp. att. cod. civ. (art. 1, commi 1° e 2° del D.P.C.M. 16.2.1990), anche se nella legislazione regionale non mancano disposizioni che richiamano la disciplina crispina (art. 62 della L.n. 6972 del 1890) in materia di modificazioni istituzionali.

La Corte costituzionale (sent. n. 466 del 1990) ha tuttavia chiarito che, in quanto modificazione dello status della persona giuridica, la privatizzazione non consente all’autorità procedente apprezzamenti di natura discrezionale, essendo la stessa vincolata alla verifica della sussistenza di requisiti obiettivamente riscontrabili; contrariamente al riconoscimento giuridico, che ha carattere costitutivo, il provvedimento di privatizzazione ha quindi mera valenza dichiarativa, avendo l’IPAB un vero e proprio diritto soggettivo alla qualificazione conforme alla propria effettiva natura.

Con la riconduzione al regime giuridico di diritto privato l’IPAB viene sottratta all’ambito di intervento della legislazione crispina, e la relativa disciplina viene regolamentata dagli art. 12 e seg. del cod. civ.

DANILO CORRÀ