|
Ancora sull'autonomia della clausola compromissoria. di Posteriormente allapprovazione della legge n.25 del 5 gennaio 1994 affrontare il tema dellautonomia della clausola compromissoria può sembrare anacronistico e privo di ogni interesse pratico. La citata legge, organicamente innovando la disciplina dellarbitrato interno ed internazionale, ha modificato, tra laltro, il terzo comma dellart. 808 del codice di procedura civile1 esplicitando normativamente tale principio. Anche precedentemente a tale riforma la dottrina maggioritaria2 e lunanime giurisprudenza sia di legittimità3 che di merito4 hanno distinto i requisiti di validità ed efficacia del contratto rispetto a quelli richiesti per la clausola che prevede la compromissione in arbitri delle liti future, previsione peraltro spesso contenuta nello stesso contratto. Allora, ci si potrebbe chiedere, perché scrivere su tale argomento se appare ormai pacifico che la competenza a pronunciarsi sulle controversie inerenti la nullità del contratto spetti agli arbitri. Lo spunto nasce dalla lettura di uninteressante monografia sul tema in questione5 che rilancia il dibattito invocando un maggior rigore nel dipanarsi delliter logico che ha condotto, finora, a concludere per laffermazione di tale principio. Preliminarmente è opportuna una notazione terminologica che una certa dottrina6, non isolata7, si è legittimamente posta. Ci si chiede se si possa chiamare clausola un negozio autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce, quando normalmente per clausola si intende una porzione delle previsioni facenti parte un unico regolamento contrattuale. Il problema appare per un verso formale, di mera denominazione; potremmo ritenere questultima semplicemente convenzionale, descrittiva, utile allindividuazione del negozio che attribuisce ad arbitri la competenza relativa a controversie future non essendovi alcun nesso tra il significato corrente del termine clausola e laccezione che invece qui acquista. Una prova da sforzo del principio di autonomia della clausola è data dal confronto fra la nullità del contratto al quale essa accede e la clausola stessa. A sostegno della tesi dellautonomia da più parti si sostiene che la clausola va configurata come separato negozio di diritto processuale8. Ma vè un prius logico da esaminare nelliter formativo del negozio compromissorio: la volontà delle parti di deferire ad arbitri le controversie insorte ovvero future9. Sè detto che la clausola è spesso inserita nel corpo di un contratto per la conclusione del quale sarà necessaria la manifestazione di volontà delle parti; tale manifestazione ricomprende altresì lintento di adire la giustizia arbitrale in ununica proiezione esterna. Appare artificioso, pertanto, scindere in due momenti tale espressione di volontà delle parti facendo salvo solo quello relativo alla clausola compromissoria10. Alla luce di quanto detto la giurisprudenza di legittimità, oggi supportata dalla volontà del legislatore, con laffermazione del principio di autonomia ci pare costringa le parti a costituire il Collegio Arbitrale per pronunciarsi sulla nullità del contratto giacché la proposizione dellazione avanti lA.G.O. verrebbe paralizzata dalleccezione di incompetenza. Tanto non può valere nellipotesi di redazione separata della clausola ovvero di relatio perfetta in documento diverso da quello contrattuale, emergendo in tale ipotesi una evidente distinzione tra i momenti volitivi relativi ai due negozi. Daltro canto, di fronte alla quaestio nullitatis del contratto principale una soluzione deve pur proporsi. Va sgombrato il campo da una, seppur remota ma possibile ipotesi: lesplicita rinuncia pattizia alla giustizia arbitrale in un negozio con i medesimi requisiti di forma di quelli richiesti per la clausola; tale contratto richiama logicamente il simmetrico opposto del compromesso di cui allart. 807 c.p.c. Il legislatore, nella modifica allart. 808 c.p.c., non si è ispirato al rispetto della volontà comune delle parti, invocando più pragmatiche esigenze di organizzazione della giustizia nella scelta approvata a fine 9311. Sancendo tale principio si è inteso porre al riparo lazione da ogni possibile eccezione di rito che vanificasse lopzione per la giustizia privata. Volendo ricercare nella relazione introduttiva del Senatore Covi le ragioni di tale scelta vien da pensare che anche in questa ipotesi si sia seguita la linea guida dellintera riforma: soddisfare unesigenza di riduzione del già mastodontico contenzioso pendente avanti la sofferente giustizia ordinaria12, certo nellottica di una rinnovata fiducia nei confronti della giustizia arbitrale13. Tale principio di autonomia si colora sempre più delle tinte di dogma normativo allorquando cede di fronte alle prime difficoltà: nellipotesi di un giudizio in cui vi siano una pluralità di parti non riconducibili a due centri di interesse la giurisprudenza esclude loperatività della clausola affidando il giudizio allAutorità ordinaria14. Osta, in effetti, un problema tecnico relativo alle modalità di nomina del Collegio arbitrale, ma se proprio il principio di autonomia fosse saldo si potrebbe affidare al Presidente del Tribunale la nomina dellarbitro come fisiologicamente previsto nelle ipotesi di inattività, ovvero di disaccordo. Dalta parte il principio di autonomia resiste "coerentemente" avanti ad altre fattispecie: il mandatario alla stipula del contratto principale non è legittimato alla stipula della convenzione compromissoria, se non gli è stata espressamente conferita anche a tal uopo15. Tanto sè scritto sullautonomia del negozio compromissorio e lesigenza di approfondire ed analizzare resta pur viva per le incongruenze ontologiche che essa presenta. Tale principio pare si sia sviluppato tralatiziamente nella giurisprudenza, si è progressivamente consolidato con un sostanziale contributo dottrinario sino alla promulgazione in legge. Aderendo a quella dottrina civilistica che lascia ruotare attorno alla volontà delle parti il fondamento dellattività negoziale intercorrente fra essi, non si può negare che tale volontà nellistituto in questione oggi appaia pretermessa, presupponendo per "default" unopzione verso la giustizia privata piuttosto che a favore dellAutorità magistratuale istituzionale. Note:
|
|
|