inserito in Diritto&Diritti nel dicembre 2000

Tutela aquiliana dei diritti personali di godimento e  legittimazione del  conducente a proporre domanda risarcitoria per danni materiali  da circolazione stradale.[1]

1- In forza di atto di cessione del credito un terzo, non proprietario né conducente dell’autovettura danneggiata, conviene in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Roma, il proprietario e la Compagnia assicuratrice di altra autovettura al fine di ottenere il rimborso dei danni pagati.

Asserisce al riguardo che il conducente, evidentemente d’accordo con il proprietario dell’autovettura, aveva provveduto, di persona ed in sostituzione di quest’ultimo, al saldo dei lavori di riparazione resisi necessari a seguito del sinistro occorso ed effettuati dal carrozziere.

Il conducente,con apposito scrittura privata, aveva poi ceduto il credito al medesimo attore, soggetto terzo ed estraneo al sinistro.

La convenuta Compagnia assicuratrice in prima battuta si costituiva eccependo il difetto di interesse ad agire e  la carenza di legittimazione attiva per invalidità della cessione di credito, mancanza di prova certa ed, infine, rilevava l’impossibilità di cedere il credito derivante da un’obbligazione naturale.

Il Giudice di pace [2], mentre in un primo momento appare accogliere le suggestive tesi di parte convenuta rilevando, seppure erroneamente con ordinanza, il difetto di interesse ad agire, re melius perpensa, con sentenza accoglie la domanda dell’attore ritenendo che, in base all’ormai consolidato indirizzo della Suprema Corte di Cassazione, legittimato all’azione risarcitoria può essere anche chi al momento dell’avvenimento abbia avuto la disponibilità materiale del veicolo, non necessitando quindi necessaria coincidenza tra il titolo al risarcimento ed il titolo giuridico di proprietà; aggiunge inoltre che appare sufficientemente provato il danno essendo documentato l’esborso per le riparazioni ad opera del conducente ed altresì l’atto di cessione di credito.

Le conclusioni dell’organo giudicante, in punto di diritto, appaiono senz’altro condivisibili in quanto in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, seppure con qualche doverosa precisazione.

 

2- Il vero nodo da sciogliere nella riportata vicenda è se il contratto di cessione stipulato tra il conducente (preteso cedente) ed il terzo attore (preteso cessionario)  sia valido ed efficace.

Il primo rilevo fondamentale poggia sull’analisi dell’oggetto della cessione di credito.

L’accordo di cessione prodotto in giudizio ha alla base l’avvenuto esborso da parte del conducente della somma occorsa per riparare l’autoveicolo.

Il pagamento,  ad opera del conducente in sostituzione del proprietario, delle riparazioni effettuate dall’autofficina sul veicolo danneggiato da sinistro stradale, è da ritenere valido e  pienamente legittimato: chi presta un autoveicolo a terzi si aspetta di vedere restituito integro il mezzo affidato ed in tal caso l’obbligazione di restituzione nasce da un contratto di comodato che comporta di per sé l’obbligo del risarcimento di tutti i danni materiali occorsi.

Il conducente dell’autoveicolo in tal caso è tenuto nei confronti del proprietario al risarcimento dei danni ovvero, di comune accordo, può provvedere a far riparare il mezzo e a saldare direttamente il costo delle riparazioni, facendosi rilasciare dall’autofficina, ovviamente, la relativa fattura quietanzata.

L’affidamento dell’autoveicolo a terzi può essere regolato da altro contratto come il leasing o comunque da altra regolamentazione quando ad esempio il conducente è dipendente di una società che è proprietaria dell’autovettura, nel qual caso sarà l’accordo delle parti a fare legge sugli obblighi risarcitori.

Sul piano probatorio, allora, il primo aspetto rilevante è che deve necessariamente essere fornita la prova dell’esistenza di un titolo che obblighi il detentore a tenere indenne il proprietario.

Il detentore dell’autoveicolo ha, dunque, l’onere di dimostrare di essere il soggetto civilmente responsabile verso il proprietario dell’autovettura.

La nascita dell’obbligazione risarcitoria derivante dall’affidamento dell’autoveicolo non esaurisce il quadro probatorio da sottoporre all’evidenza del giudice.

Occorre rilevare che nelle cause di risarcimento del danno derivante da circolazione stradale, seppur il titolo al risarcimento del danno può non coincidere con quello relativo alla proprietà del bene danneggiato, è pur sempre necessario che parte attrice fornisca la prova rigorosa del fatto che  dei danni subiti dall’autovettura in occasione ad un sinistro abbia risentito un pregiudizio patrimoniale nella sua sfera economica personale [3].

In altri termini il conducente attore ha un interesse concreto ed attuale ad agire in giudizio quando dimostra di aver già sostenuto le spese per la riparazione del veicolo stesso, ovvero, in caso di completa distruzione, di aver già risarcito al proprietario l’equivalente.

Tale presupposto rivela tutta la sua importanza laddove conferisce al danneggiante il crisma della certezza che non verrà escusso per il medesimo titolo dal proprietario dell’autovettura.

Ruolo fondamentale, in tale delicato contesto, riveste la produzione in giudizio della fattura quietanzata attestante il pagamento da parte del conducente delle riparazioni effettuate dal carrozziere.

La fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione del contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a  contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito: qualora tale  rapporto venga contestato tra le parti, la fattura non può assurgere a prova del negozio, ma costituisce al più mero indizio, con la conseguenza che contro ed in aggiunta al contenuto della stessa sono ammissibili prove, anche per testi, dirette a dimostrare le convenzioni non risultanti dall’atto o sottostanti[4].

La fattura, mentre costituisce piena prova fra le parti del relativo contratto in conseguenza della sua accettazione da parte del destinatario, non può assurgere fonte di prova documentale di diritti ed obblighi di terzi estranei al rapporto contrattuale sottostante[5].

Parte attrice, che asserisce aver effettuato un esborso a favore di un carrozziere, a fronte della contestazione della fattura prodotta, potrà articolare idonea prova per testi dell’avvenuto pagamento.    

 

3- Il diritto al risarcimento del danno può dunque spettare anche a colui il quale, per circostanze contingenti, si trovi ad esercitare un potere soltanto materiale sulla cosa, e, dal danneggiamento di questa, possa risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto- reale o personale- che egli abbia all’esercizio di questo potere[6].

Il principio di diritto, affermato anche nella sentenza in esame, va chiarito.

Il campo di indagine è quello della tutela esterna dei diritti personali  di godimento.

Il riconoscimento al detentore al risarcimento dei danno provocato dal comportamento pregiudizievole del terzo affonda le sue radici nel superamento della concezione della responsabilità aquiliana come norma puramente attuativa di principi formali quali quello dell’essere  idonea e funzionale a tutelare soli i diritti assoluti: l’art. 2043 va inteso come clausola generale ove l’ingiustizia del danno, intesa sia come non iure che contra jus, non trova limitazione nel carattere relativo dei diritti di credito.

In tale contesto trova protezione non solo l’interesse rivolto a soddisfare il diritto di credito direttamente attivabile nei confronti del debitore della  prestazione oggetto di contratto, ma anche l’interesse alla realizzazione di tutte le condizioni necessarie perché il soddisfacimento del diritto sia possibile, tutelabile nei confronti di chiunque illecitamente impedisca tale realizzazione ed anche quindi nei confronti del terzo estraneo al rapporto obbligatorio.

In questa prospettiva si innesta l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale della tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. per lesione del diritto di credito, nel limiti, ovviamente,   di quei danni che abbiano direttamente inciso sull’interesse oggetto del diritto[7].

La responsabilità per lesione di un diritto di credito è subordinata all’individuazione di un duplice ordine di situazioni e cioè la sussistenza di una connessione oggettiva tra evento imputabile al terzo e lesione del credito- che si verifica ogni volta che l’evento consista materialmente nella sottrazione al godimento di una cosa dedotta nel rapporto obbligatorio, ovvero nella morte o lesione provocata alla persona del debitore- e la sussistenza di una condotta colposa o dolosa riferibile casualmente al terzo, che per la natura particolare del credito e le circostanze della sua costituzione, permanenza e realizzazione, deve comprendere anche il pregiudizio del credito.

Una risalente giurisprudenza, oggi riaffacciatasi, rinveniva, invece, la tutela dei diritti personali di godimento non nell’art. 2043 c.c., ma nell’art. 1585, II, comma c.c.: si riteneva che la norma potesse applicarsi analogicamente al comodatario ed agli altri diritti di godimento in quanto espressione di un principio generale.[8]

 

4- Tornando all’esame del caso oggetto di commento vale la pena rilevare se tali principi, siano stati rettamente applicati.

La singolarità della fattispecie era determinata dal fatto che l’attore non era il conducente e quindi colui il quale aveva la disponibilità materiale dell’autoveicolo, ma un soggetto assolutamente terzo, la cui titolarità sostanziale derivava da un contratto di cessione del credito.

Pertanto, fermo restando la piena legittimazione ad agire  del conducente, perché risultava provato l’avvenuto affidamento in uso dell’autoveicolo ed  pagamento del costo delle riparazioni effettuate dal carrozziere, l’indagine andava diretta sull’accertamento della validità ed efficacia della cessione del credito regolata dagli artt.1260-1267 c.c.: la legittimazione ad agire, in tale caso, non deriva certo dall’essere il soggetto civilmente responsabile nei confronti del proprietario dell’obbligazione di restituire integro l’autovettura concessa in comodato.

Tuttavia, poiché  a seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui lo era verso il creditore originario, la compagnia di assicurazione può ben opporre al cessionario tutte quelle eccezioni opponibili al cedente concernenti sia la validità del titolo costitutivo del credito che quelle relative a fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori o posteriori al trasferimento, purchè siano sempre anteriori all’accettazione della cessione che in questo caso è legittimamente avvenuta con la produzione in giudizio del relativo contratto.  

Il conducente dell’autovettura può essere ritenuto contrattualmente responsabile ex recepto, nei confronti del proprietario,  dei danni occorsi all’autoveicolo concesso in comodato gratuito, in analogia al depositario ( v. art. 1768 c.c.).

In tal caso il comportamento del terzo che abbia determinato l’impossibilità di restituire integra l’automobile integra una lesione del diritto del credito ex art. 2043, in quanto influisce sull’inadempimento dell’obbligazione di restituzione.

L’ingiustizia del danno non è connessa alla proprietà della cosa ed il conducente può far valere i suoi diritti risarcitori nei confronti del terzo danneggiante, salvo i contrapposti o concorrenti diritti del proprietario.

 Ciò comporta una considerazione di carattere generale: la domanda risarcitoria non può essere proposta contestualmente dal proprietario e dal conducente né separatamente, l’azione essendo data a chi dei due abbia sopportato il danno.

Il danno ingiusto che il conducente ha risentito consiste nell’aver dovuto sobbarcarsi le spese della riparazione dell’automobile ed il credito è senz’altro cedibile: la natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta che esso si perfeziona per effetto del solo consenso dei contraenti legittimamente manifestato, senza che sia ostacolo al perfezionamento del contratto il fatto che oggetto della cessione sia un credito futuro

In tal caso, secondo la migliore giurisprudenza, il trasferimento del credito dal cedente al cessionario si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza, prima di allora il contratto pur essendo perfetto esplica efficacia meramente obbligatoria. .[9]

A questo punto ci domandiamo: se il conducente può liberarsi dalla sua obbligazione di riparazione dei danni subiti dall’autoveicolo concesso in comodato dimostrando, in base all’art. 1218 c.c., che la causa dell’inadempimento non è a lui (debitore) imputabile sussistendo la colpa esclusiva del terzo, per quale motivo tale soggetto solo perché detentore deve considerarsi in dovere di pagare le spese di riparazione e, quindi,  legittimato a proporre azione risarcitoria, in sostituzione del proprietario, contro il danneggiante? 

Del resto volendo configurare la responsabilità del comodatario come ex recepto, in analogia a quella del depositario, la giurisprudenza per tale tipo di responsabilità suole affermare che “ in caso di avaria, deterioramento o distruzione della cosa depositata, il depositario non si libera della responsabilità provando di aver usato nella custodia della cosa la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall’art. 1768 c.c., ma deve provare a mente dell’art. 1218 c.c. che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile.[10]

Non è, dunque, sufficiente essere detentore materiale perché in tal caso non c’è alcun pregiudizio al suo patrimonio in ordine alle riparazioni; può semmai agire contro il terzo per il mancato utilizzo dell’autovettura per quei giorni che è restata ferma in officina per gli opportuni interventi.

Entra  in giuoco la scelta del  tipo di danno effettivamente risarcibile in questi casi.

Altro ipotesi potrebbe essere che il conducente pur non essendo obbligato alla riparazione dell’autovettura provveda egli direttamente alla riparazione.

A nostro sommesso avviso, la soluzione poggia sulla seguente considerazione: è evidente che se comunque il conducente ha provveduto al pagamento delle spese di riparazione il proprietario dell’autovettura non ha risentito del danno; legittimato a richiedere il risarcimento è, in tal caso, solo chi prova di aver subito un pregiudizio nel suo patrimonio. 

Tale soluzione deriva da una dilatazione della clausola dell’ingiustizia del danno ( v.art. 2043 c.c.) intesa anche nel senso della lesione dell’integrità patrimoniale.

 

5- Electa una via non datur recursus ad alteram.

Eppure rimane un larvato dubbio nella ricostruzione poc’anzi proposta ed accolta anche dall’ottimo Giudice di Pace romano.

Essendo questa una sede aperta a tutte le critiche, come interprete del diritto positivo, ci piace sollevare la questione.

 Non c’è dubbio che l’illecito del terzo che incida sulla cosa di cui si abbia il godimento in virtù di un rapporto personale di carattere obbligatorio, quale la locazione o il comodato, vada risarcito.

 Ma è proprio vero che il comodatario dell’autoveicolo sia ex recepto responsabile dei danni causati dal comportamento colposo o doloso del terzo verso il comodante?

L’art. 1084 c.c. semplicemente prevede che il comodatario è tenuto a custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia e deve servirsene per l’uso determinato dalla contratto o dalla natura della cosa; solo se non rispetta tali obblighi diviene soggetto civilmente responsabile nei confronti del comodatario nascendo così l’obbligazione risarcitorio.

Analizzando anche la successiva disposizione, l’art. 1805 c.c., si giunge ad analoga conclusione: le norme di legge non pongono alcuna presunzione- neppure juris tantum- che al momento in cui sorge il comodato la res consegnata sia in uno stato di conservazione ottimale o normale, né fa obbligo al comodatario di restituirla in perfetta efficienza, né infine introduce alcuna deroga al generalissimo principio sancito dall’art. 2697 c.c.[11]

Accanto ad un diritto del locatore o del comodante v’è in capo al soggetto conduttore o comodatario che ha la disponibilità materiale della res un diritto di carattere assoluto a difesa e a baluardo del godimento della cosa.

Il punto chiave, e, l’interrogativo, è il seguente: se ciò che è tutelato è connesso al godimento pacifico della res pare naturale limitare la tutela a quei soli danni che il comodatario di un’autoveicolo abbia risentito per il  mancato godimento del mezzo ( c.d. danno da fermo tecnico).

Questo e solo questo è il normale pregiudizio che si ripercuote sul patrimonio del detentore materiale della res.

Eccezionale, limitata e ben circoscritta deve essere  la risarcibilità dei danni materiali all’autoveicolo.

Tale posizione restrittiva merita di essere considerata in quanto nella giurisprudenza di legittimità si afferma anche di recente che “ l’area di applicazione della responsabilità extracontrattuale per lesione del diritto di credito va, peraltro, circoscritta ai danni che abbiano direttamente inciso sull’interesse oggetto del diritto”[12].

Tutto ciò comporta che al conduttore di un immobile in cui si svolge un’attività commerciale è riconosciuta la legittimazione ad agire per i danni occorsi a seguito di infiltrazione di acqua piovana dal terrazzo sovrastante a limitatamente al pregiudizio per il mancato uso dell’immobile per il quale la locazione era stata stipulata, con severa e rigida esclusione dei danni derivanti da un’eventuale deprezzamento dell’immobile che riguardano direttamente il proprietario[13].

L’interesse sotteso e tutelato è quello al (ripristino del) godimento ed è solo l’unico riferibile direttamente al conduttore.

In conclusione, la legittimazione all’azione contro il terzo, in relazione al danno subito da un’autoveicolo condotto da soggetto diverso dal proprietario (ed  obbligato a restituirlo integro) spetta a detto conducente, anziché al proprietario, solo se e nei limiti in cui egli sia corresponsabile con quel terzo del verificarsi dell’evento e sia stato costretto a risarcire il proprietario anche per la quota eccedente il proprio concorso di  colpa.

La spiegazione è la seguente: se in base all’art. 1218 c.c. è dimostrata la causa non imputabile al debitore comodatario sussistendo la colpa del terzo nella causazione del sinistro, sussiste il diritto del solo proprietario al risarcimento del danno nei confronti del terzo; se invece la causa del sinistro è imputabile al debitore in parte per concorso di colpa, il debitore comodatario, sarà civilmente obbligato nei confronti del  proprietario ed acquisterà legittimazione ed interesse ad agire contro il terzo danneggiante, semprechè il proprietario gli abbia richiesto ed ottenuto il risarcimento dei danni nei limiti del concorso di colpa del terzo.

Quanto detto non deve meravigliare poiché  la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, nell’affermare a chiare note che la legittimazione ed il risarcimento dei danni spetta a favore di chi per circostanze contingenti si trovi ad esercitare un potere materiale sulla cosa  indipendentemente dal diritto personale o reale di godimento, ha correttamente rilevato il necessario punto d’equilibrio nel rispetto dei diritti concorrenti o addirittura contrapposti di altri soggetti.[14] 

 In altri termini, il fatto che non ci debba essere una necessaria identità tra titolo al risarcimento e titolo proprietà postula però un eventuale limitazione del danno, anzi del tipo di danno, potendo essere sempre risarciti i danni attinenti al mancato godimento della res in quanto provati, mentre per gli altri danni materiale occorrerà verificare l’esistenza concreta e materiale anche alla luce di eventuali diritti contrapposti.

 Occorre dunque stabilire sempre in concreto se e come il danno arrecato alla cosa detenuta abbia, per particolari circostanze di fatto o di diritto, inciso negativamente nella sfera del debitore.[15]  

 

6- Vale la pena infine chiudere il quadro della tutela esterna del comodatario di autoveicolo verificando se vi siano altre azioni eventualmente esperibili.

L’art. 1203 del codice civile prevede un ipotesi di surrogazione legale che si verifica solo qualora il debitore che vuole surrogarsi è tenuto con altri o per altri al pagamento ed abbia interesse a soddisfarlo.

Analizzando la norma è evidente che nessuno delle due ipotesi legislativamente previste si realizza  qualora il comodatario di sua spontanea volontà, senza essere tenuto in quanto non avente colpa nella causazione del sinistro,  provveda al rimborso delle spese di riparazione del veicolo.

In tale caso il conducente non aveva nessun obbligo al risarcimento del danno nei confronti del proprietario  (arg. ex art. 1218 c.c.) e tantomeno aveva un interesse al pagamento e non può quindi surrogarsi[16].

 Ebbene, a prima  vista, sembrerebbe possibile affermare che in capo al comodatario che, di sua spontanea volontà senza esserne obbligatoriamente tenuto, paghi al proprietario le spese di riparazione dell’autovettura, spetta l’azione di  arricchimento senza causa nei confronti del terzo autore dell’illecito.

Infatti mancando, in tale specifico caso, un titolo ad hoc sul quale possa essere fondato la richiesta di risarcimento, l’azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c. avente carattere sussidiario e natura complementare (eventualmente cumulabile con altra azione), presuppone proprio che un soggetto si sia arricchito ingiustificatamente ed altro abbia subito, in virtù del medesimo fatto causativo, una corrispondente diminuzione patrimoniale.

Tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’arricchimento senza giusta causa non sussiste qualora lo squilibrio economico, a favore di una parte ed in pregiudizio dell’altra, sia giustificato dal consenso della parte che assume essere stata danneggiata, in quanto la prestazione volontaria esclude l’arricchimento, quale che siano le conseguenze, vantaggiose o svantaggiose, della libera e concorde determinazione della loro  volontà .[17]

L’unica soluzione praticabile rimane quella dell’indebito ex art. 2036 c.c. : ciò si verifica quando comodatario, in virtù del rapporto contrattuale con il proprietario dell’autoveicolo che lo obbligava a restituire integro il mezzo, paga erroneamente credendo di essere in colpa.

La proponibilità dell’azione di ripetizione è subordinata alla prova di aver pagato per errore scusabile e che l’accipiens non si sia privato privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.

Quando, però, la ripetizione non è ammessa in quanto difettano tali presupposti, per aver adempiuto un debito altrui con la consapevolezza di non essere debitore, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore soddisfatto e può pretendere dall’effettivo debitore la somma pagata ( v. art. 2036, III comma, c.c.) [18] . 

Questa è, a nostro sommesso avviso, la via maggiormente conforme al sistema del diritto delle obbligazioni.

 

 

Avv. Alberto Sagna


[1] Il presente scritto è in corso di pubblicazione nella Rivista IL NUOVO DIRITTO, fasc.12.

[2] Giudice di Pace di Roma dott. Domenico Pace, sent.7 settembre 2000 n. 9573- C. B. ( dott. Simona di Fonso) c/ G. R.; Assitalia S.p.A. ( Avv.Letizia Tilli)

In tema di circolazione stradale legittimato a proporre azione risarcitoria può anche essere colui il quale al momento del sinistro abbia avuto la disponibilità materiale del veicolo, non necessitando coincidenza tra il titolo al risarcimento ed il titolo giuridico di proprietà del mezzo coinvolto nell’evento.  

 

[3] Cfr. Cass. 10.04.1990 n. 3005; Cass. !4.05.1979 n. 2780; Cass.21.06.1976 n.2329. CONTRA: Cass. 6.12.1969 n. 3904 “ in tema di responsabilità da fatto illecito, legittimati ad agire per il risarcimento dei danni alle cose sono soltanto il proprietario di queste e, quando esistono, i titolari dei diritti reali limitati sulle stesse. Coloro i quali si trovino rispetto alla cosa in un rapporto di mera detenzione nomine alieno,in virtù di un rapporto obbligatorio, non sono invece legittimati ad agire per il ristoro dei detti danni, perché non risentono alcun pregiudizio per la distruzione della stessa. Pertanto il comodatario della cosa difetta di legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni subiti dalla cosa medesima, essendo egli titolare di un diritto relativo di credito possibile di lesione diretta solo per via dell’inadempimento della parte obbligata”; App. Firenze, 5.07.1965, in Giur.tosc., 1965, p.672; App.Genova, 30.1.1961, in Giust. Civ.1961,I,c.1286; Trib. Torino,29.01.1964, in Giur.it,1964,I,2,c.418.

 

[4] Cfr. Cass. 4.08.1997 n. 7190; Cass. 18.02.1995 n. 1798; Cass. 21.05.1992 n. 6142; Cass. 9.02.1982 n. 771.

 

[5] Cfr. Cass. 7.08.1990 n. 7976.

 

[6] Cfr. Cass. 17.12.1999 n. 14232; Cass. 5.11.1997. 10843; Cfr. Cass. 11.11.1992 n. 12105.

 

[7] Il primo fondamentale tassello in ordine alla problematica della lesione del diritto di credito venne affermato, per il caso del calciatore Meroni, da Cass. Sez.un. 26.1.1971 n. 174, in Foro it.1971, I,342 e 1284, con note di Jemolo e Busnelli, che costituì un autentico revirement rispetto alla tradizionale impostazione adotta dalla Cassazione per il noto caso della tragedia di Superga che colpì la squadra di calcio del Torino; successivamente, a conferma del nuovo indirizzo giurisprudenziale, per il caso del pastificio Puddu, cfr. Cass.24.06.1972 n. 2135, in Foro it.1973,I, 99. Cfr. inoltre Cass. 13.06.1978 n.2938; Cass. 1 aprile 1980 n. 2105; Cass. 30.10.1984 n. 5562; Cass. sez.un. 12.11.1988 n.6132; Cass.14.11.1996 n.9984. La giurisprudenza ebbe a riconoscere anche in capo al datore di lavoro il risarcimento del danno per mancata utilizzazione dell’attività del lavoratore che abbia subito lesioni personali comportanti invalidità a causa di un sinistro stradale avvenuto per fatto e colpa di  soggetto estraneo al rapporto obbligatorio, a prescindere dalla sostituibilità del dipendente, etichettandolo come ipotesi di lesione del credito, v. Cass. Sez. un.12.11.1988 n. 6132; Cass. 30.10.1984 n.5562, in Foro it., 195,I,149.

In dottrina sull’argomento,  Bianca C.M., La responsabilità- Diritto civile- Vol.V, Milano 1994, 601 ss; Visentini G., I fatti illeciti, vol.I, Padova 1987, pag.409; Franzoni, Dei fatti illeciti, Commentario Scialoja- Branca, a cura di Galgano sub. Art. 2043 cod. civ., Bologna-Roma, 1993, pag.230 ss; Ferrando, La lesione del diritto di credito, dei diritti di godimento, delle aspettative, in Alpa e Bessone, La responsabilità civile, III, 225; Busnelli, La lesione del diritto di credito da parte di terzi, Milano,1964; Fedele, Il problema della responsabilità giuridica del terzo per pregiudizio al credito, Milano 1954; Galgano, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contratti ed Impresa, 1985, 9 ss; Visentini, G., Ancora sulla lesione del diritto di credito ad opera di terzi, in Giur.it.1972,I,1124; Carrara, I limiti del danno risarcibile nella tutela aquiliana del credito, in Foro it. 1973,I,1 ss.; Cian, La virata della Cassazione sulla tutela aquiliana del credito ( dal caso Superga al caso Meroni), in Riv.dir,civ.1971,II,199; Santuososso, La nuova frontiera della tutela aquiliana del credito, in Giust. Civ., 1971,I,201; Fedele, Il problema della responsabilità giuridica del terzo per pregiudizio al credito, Milano 1954.

 

[8] Cfr, in motivazione, Cass. 22.2.1996 n. 1411; Cass. 18.04.1969 n. 1250, in Foro it., 1970, 2610.

 

[9] Cfr.  Cass. 6.08.1999 n. 8485;Cass. 11.05.1990 n. 4040

 

[10] Cfr. Cass. 8.08.1997 n. 7363; Cass. 12.06.1995 n. 6592.

 

[11] Cfr., in motivazione, Cass. 18.07.1997 n. 6636.

 

[12] Cfr. Cass. 27.07.1998 n. 7337.

 

[13] Cfr. Cass. 27.07.1998 n. 7337.

 

[14] Cass. 14.05.1993 n. 5485; Cass. 17.11.1981 n. 6103; Cass. 21.07.1980 n.4776; Cass.8.07.1978 n. 3427;Cass. 25.3.1977 n. 1174; Cass. 3.05.1976 n. 1569; Cass. 23.6.1972 n. 2109.

 

[15] Cfr. Cass. 23.02.1977 n.803; Cass. 1975 n. 3705; Cass. 23.05.1972 n.1061; Cass. 11.04.1972 n. 1111.

 

[16] Cfr. Cass. 25.11.1974 n. 3835.

 

[17] Cfr. Cass. 21.11.1996 n. 10251; Cass. 1989/862.

 

[18] Cfr. Cass. 22.2.1995 n. 1981.