Sul risarcimento del danno in caso di lesione di interesse legittimo dopo la sentenza n. 500/99 della Corte di Cassazione

di Luigi Passanisi, Presidente di Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia

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Con la sentenza 10 febbraio - 27 maggio 1999 n.705 (Pres. Caruso Est.Russo ) il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria - affermava il principio che, in materia di appalti di forniture, dal diniego di aggiudicazione, annullato in sede giurisdizionale, discende il diritto dell'aggiudicataria provvisoria al risarcimento del danno, ex art.2043 c.c.. degli interessi legittimi che, nel caso di specie, andava limitato al risarcimento in forma specifica, non essendo stata data prova di ulteriori danni.

La sentenza citata interveniva tra le prime dopo la novella legislativa, introdotta con il D.Lgs. n. 80/1998, la quale ( art.35 I^comma) ha stabilito che, il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt.33 e 34, dispone, anche mediante la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del "danno ingiusto", secondo le modalità disciplinate dal successivo secondo comma.

Traendo spunto da tale sentenza ebbi modo di affrontare, in altra sede, la più ampia tematica della risarcibilità degli interessi legittimi, ai sensi del ricordato art.2043 c.c., lesi da atti illegittimi della Pubblica Amministrazione. In via generale, la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte ha denegato la risarcibilità di tali situazioni giuridiche, affermando il principio che non si configurava " il danno ingiusto" richiesto quale presupposto, dall' innanzi richiamato articolo del codice civile.

La dicotomia diritto soggettivo - interesse legittimo, risarcibile il primo, irrisarcibile il secondo, ha subito un durissimo colpo a seguito dell'intervento della direttiva comunitaria, recepita con la legge n.142 del 1990 che, con l'art.13, riconosceva l'azione di risarcimento ( davanti al giudice ordinario previo annullamento dell'atto ad opera del giudice amministrativo) ai soggetti che avessero subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture. Tale disposizione, va rilevato, è stata abrogata dall'art.35, 5^ comma, del d.Lgs. n.80 del 1998 non perché si è riaffermato il principio della irrisarcibilità del danno, ma perché in contrasto con il nuovo assetto del riparto di giurisdizione, per cui tutta la materia risulta oggi attribuita alla cognizione del giudice amministrativo.

Purtuttavia la Suprema Corte ha attribuito a tale normativa carattere eccezionale, traendone conferma del principio costantemente affermato della irrisarcibilità non suscettivo di essere messo in discussione da una norma dettata con riferimento ad uno specifico settore.

La dottrina non ha condiviso tale orientamento giurisprudenziale che, per la verità, si è successivamente via via evoluto creando varchi di risarcibilità di varie posizioni giuridiche che, pur non avendo la consistenza del diritto soggettivo, venivano dalla giurisprudenza elevati di volta in volta alla dignità di diritto soggettivo ( riconoscimento del c.d diritto all'integrità del patrimonio o alla libera determinazione negoziale che ha comportato la risarcibilità del danno da perdita di change; risarcibilità della lesione di legittime aspettative di natura patrimoniale nei rapporti familiari ). Ma, in via generale, restando fermo ed immutabile il principio dell'identificazione del " danno ingiusto" con la lesione del diritto soggettivo rimaneva esclusa dalla risarcibilità la sfera degli interessi legittimi.

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite civili del 26 marzo - 22 luglio 1999 m. 500/99, ha radicalmente mutato avviso affermando il principio secondo il quale " in presenza di un atto illegittimo della pubblica amministrazione che sia stato posto in essere con dolo o colpa e che sia stato causa di un danno ingiusto - diretta conseguenza del provvedimento- il suo destinatario ha titolo al risarcimento dei danni, anche se titolare non di un diritto soggettivo ma di un interesse giuridicamente rilevante ( diverso dalla mera aspettativa ), tenuto presente che ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, essendo la tutela risarcitoria assicurata esclusivamente in relazione all'ingiustizia del danno" Nella motivazione della innanzi richiamata sentenza si da molto peso. per giustificare il mutato indirizzo giurisprudenziale, al nuovo quadro normativo che trae origine dal decreto legislativo n.80/98, il quale sostanzialmente supera il tradizionale riparto di giurisdizione, con riferimento alle posizioni giuridiche interesse legittimo - diritto soggettivo, privilegiando un riparto secondo il criterio della materia.

Per quanto concerne il giudice amministrativo viene individuata, per le materie ivi indicate, una nuova giurisdizione esclusiva; nuova, non tanto per le ulteriori materie a tale giudice attribuite, quanto per la latitudine della cognizione al medesimo assegnata : nel senso che questi, per la prima volta, conosce le questioni relative ai diritti patrimoniali conseguenziali, cioè a dire conosce del risarcimento del danno precedentemente, comunque, attribuito alla cognizione del giudice ordinario anche nelle materie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

E' di tutta evidenza che il riparto di giurisdizione per blocchi di materie attenua grandemente la rilevanza che precedentemente era attribuita alla natura della posizione giuridica sottostante, che, peraltro era già scemata, nel comune sentire e nella legislazione anche comunitaria, come innanzi è stato ricordato. Peraltro, non poteva non avere conseguenze, anche sul versante della risarcibilità del danno derivante da atti illegittimi compiuti dalla pubblica amministrazione, la costante assimilazione dell'attività di quest'ultima con l'attività compiuta da soggetti privati.

Rimaneva, pertanto, inspiegabile la ragione per la quale l'attività della P.A. godeva di una sorta di "impunità", nel senso che a fronte della lesione di posizioni giuridiche di interesse legittimo essa non rispondeva dei danni che causava, talvolta molto rilevanti sul piano economico e sociale.

La Cassazione, quindi, ha mutato opinione, secondo il mio avviso, perché la pregressa giurisprudenza, con le richiamate eccezioni e con gli artifìzi logico- giuridici compiuti, non era, concretamente, più sostenibile ed ha tratto spunto dal modificato tessuto normativo per compiere una "operazione" di agganciamento alla realtà, di adeguamento alla generalità della dottrina ed un'opera di sicura giustizia. Infatti, non si comprende sinceramente come la portata della clausola del "danno ingiusto", possa essere modificata dal diverso assetto della giurisdizione e dalla ampliata attribuzione cognitiva del giudice amministrativo.

Desta notevoli perplessità, invece, l'affermazione ulteriore della Cassazione contenuta nella sentenza che si commenta, secondo la quale nelle controversie relative al risarcimento del danno derivante da atti illegittimi compiuti dalla P.A. ed incidenti su posizioni di interesse legittimo, nelle materie non devolute alla cognizione del giudice amministrativo, e quindi appartenenti alla cognizione del giudice ordinario, quest'ultimo può pronunciarsi sulla domanda senza attendere l'esito del giudizio di annullamento dell'atto, di competenza della giurisdizione amministrativa di legittimità.

Afferma la Cassazione che non è ravvisabile "la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento" precedentemente affermata per ' l'evidente ragione che solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo e quindi all'accesso alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c." E " l'autonomia tra le due giurisdizioni risulta ancor più netta ove si consideri il diverso ambito dei giudizi, ed in particolare l'applicazione da parte del giudice ordinario, ai fini di cui all'art.2043 c.c., di un criterio di mutazione della responsabilità non correlato alla mera illegittimità del provvedimento, bensì ad una più complessa valutazione, estesa all'accertamento della colpa, dell'azione amministrativa denunciata come fonte di danno ingiusto." Non credo che possa serenamente condividersi tale assunto e ciò per delle evidenti e semplici considerazioni In primo luogo, non si comprende quale sia il substrato normativo in base al quale la Cassazione ha fondato tale suo convincimento: in buona sostanza il giudice ordinario concretamente si appropria di una cognizione incidentale dell'atto amministrativo presupposto che non è prevista da alcuna norma di legge.

In secondo luogo, non convince l'affermazione secondo la quale vi è una mutazione della responsabilità non correlata alla mera illegittimità del provvedimento e ciò per la semplice considerazione che la valutazione sulla legittimità o meno del provvedimento sta a monte di qualsiasi ulteriore valutazione da compiersi sull'elemento psicologico dell'agente.

In terzo luogo, l' assenza innanzi rilevata di alcuna norma attributiva di tale cognizione incidentale sull'atto presupposto da parte del giudice ordinario comporta l'impugnabilità di detto atto innanzi al giudice amministrativo, con evidente molto probabile duplicazione di pronunce , e quello che è ancor più grave, con accentuata probabilità di avere, sullo stesso caso, pronunce contrastanti tra loro. emanate dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario.

E non si rinviene lo strumento per eliminare i giudicati eventualmente contrastanti. In conclusione, quindi, al di là delle poco convincenti argomentazioni giuridiche, si ha la sensazione che la Cassazione non abbia gradito la novella legislativa che ha sottratto al giudice ordinario la materia dei diritti patrimoniali conseguenziali e si sia voluta rifare, autoattribuendosi, dopo un positivo salto giurisprudenziale compiuto nella materia risarcitoria,.una sfera di attribuzioni al di là del dato normativo. Peraltro essa stessa, in linea con quanto sostenuto dallo scrivente, ammette di voler realizzare "una sorta di concentrazione di tutela, richiamando l'art.68, comma 1, del d.Lgs.n.29/1993, nel testo sostituito dall'art.29 comma 1 del d.lgs. n.80 /1998 per la materia del lavoro.

Peccato, però, che nel caso che ci occupa la norma " di concentrazione" non esiste.

(ottobre 99)

Luigi Passanisi, Presidente di Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia