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IN
TEMA DI RAPPRESENTANZA ED AUTORIZZAZIONE A STARE IN GIUDIZIO PER I COMUNI E LE
PROVINCE
Teofilo
Celani
TAR MARCHE
- 20 novembre 1998, n. 1353
- Pres. Venturini – Est.
Daniele - Policano Vincenzo (avv.
Salvatore) c. Comune di Urbino (avv. Galvani).
Competenza
alla adozione di atti di gestione – Rappresentanza ed autorizzazione a stare
in giudizio – Competenza a promuovere giudizi per conto dell’Ente ed a
resistere alle azioni giudiziarie altrui.
(L. 7 giugno
1990 n. 142, art. 35, comma 2, art. 36 comma 1, art. 51 commi 2 e 3; D. L.vo 3
febbraio 1993, n. 29, art. 3, commi 2 e 3, art. 13, art. 16, comma 1, lettera
f); D. L.vo 31 marzo 1998 n. 80, art. 45).
All’udienza
di discussione la difesa del ricorrente ha eccepito la inammissibilità della
costituzione in giudizio del Comune di Urbino, perché autorizzata dalla Giunta
municipale e non dal dirigente all’uopo competente, in violazione di quanto
stabilito dall’art. 3 del D. Lg.vo 3 febbraio 1993, n. 29.
L’eccezione
è infondata.
Deve
escludersi la immediata applicabilità per gli enti locali, del principio di
separazione tra direzione politica e direzione amministrativa introdotto dal D.
Lg.vo 3 febbraio 1993, n. 29, atteso che dalla incompatibilità di tale
disciplina con quella recata dalla L. 7 giugno 1990, n. 142 deriva non
l’abrogazione automatica delle norme di quest’ultima in contrasto con le
disposizioni del citato D. Lg.vo n. 29, bensì soltanto l’obbligo del Comune
di modificare gli statuti ed i regolamenti, in conformità al disposto
dell’atto normativo successivo, tenuto conto delle peculiari esigenze locali
(TAR Toscana, I sez., 12 gennaio 1995, n. 17).
Nel caso
in esame, all’epoca della instaurazione della controversia il Comune di Urbino
non aveva ancora modificato il proprio statuto, attribuendo ai dirigenti la
competenza a promuovere giudizi per conto dell’Ente, ed a resistere alle
azioni giudiziarie altrui, sicché deve ritenersi legittima la costituzione in
giudizio deliberata dalla Giunta municipale.
Per
completezza, va evidenziato che la normativa è cambiata a seguito della
emanazione del D. Lg.vo 31 marzo 1998, n. 80, il cui art. 45 ha stabilito, al
primo comma, che “a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto, le
disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di Governo l’adozione di
atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all’art. 3,
comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono nel senso
che la relativa competenza spetta ai dirigenti”.
La
statuizione si pone come norma di chiusura in materia di competenze dei
dirigenti, poiché operando il trasferimento ad essi di poteri gestionali,
precedentemente facenti capo agli organi politici, rende immediatamente
operativa ed effettiva la prevista attribuzione di poteri; peraltro, essendo
entrata in vigore (23 aprile 1998) successivamente alla costituzione in giudizio
del Comune di Urbino, ed al passaggio in decisione della controversia, non è
applicabile alla fattispecie che occupa.
Si
tratta di una interpretazione innovativa da parte del T.A.R. Marche. Infatti,
secondo l’orientamento in precedenza espresso dalla Cassazione civile la
Giunta municipale autorizza ad agire o contraddire, autorizza il Sindaco a stare
in giudizio[1].
L’incertezza
del momento ha indotto molte amministrazioni locali a promuovere il giudizio sia
in base a deliberazione di Giunta municipale che in base a determinazione del
Dirigente o Responsabile del servizio, con conseguente doppia firma di procura.
Il
Comitato regionale di controllo delle Marche, su richiesta di un Comune ai sensi
della L. 127\97, art. 17, comma 35, ha espresso un parere sulla complessa
materia, successivamente pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione
Marche, cui si rinvia[2].
Anche
il Ministero dell’Interno è intervenuto in merito alla questione. Secondo il
Viminale[3]
con l’attribuzione delle funzioni di gestione ai dirigenti, di cui alla
legge 142\1990, si è posto il problema di quali siano le competenze
dell’organo di direzione politica e quelle dei dirigenti, ivi compresa
l’autorizzazione a stare in giudizio per Comuni e Province. L’analisi delle
fonti normative inizia con l’art. 16, comma 1, lettera f), del D. lgs.
29\1993, che attribuisce ai dirigenti di uffici dirigenziali generali il potere
di promuovere e resistere alle liti, ivi compresa la facoltà di conciliare e
transigere. Per gli Enti locali l’art. 51 della legge 142\1990 attribuisce ai
dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione di
atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e
lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo
dell'ente. L’art. 51, prosegue il Ministero, va coordinato con
l’art. 36 comma 1, della legge 142\1990 che affida al sindaco ed al presidente
della Provincia la rappresentanza dell’ente. La rappresentanza legale perciò
comprende, salva diversa disciplina statutaria, anche quella giudiziale
ed il relativo potere di promuovere e resistere alle liti. La relativa
autorizzazione, secondo il parere ministeriale [4],
in mancanza di diversa previsione dello statuto, non spetta al dirigente ma alla
Giunta, ex art. 35. comma 2, della legge 142\1990. Inoltre non sembrerebbe
razionale l’ipotesi di un dirigente che autorizzi il sindaco o il presidente a
stare in giudizio, per la mancanza di qualsiasi logica in un meccanismo che
consentisse al dirigente di autorizzare a resistere o meno in giudizio chi ha la
legale rappresentanza dell’ente (art. 36, co. 1, L. 142\1990) unitamente alla
sovrintendenza generale sull’attività dell’ente (art. 12 L. 81\1993). [5]
Sulla
tormentata vicenda è intervenuta una decisione della IV sezione del Consiglio
di Stato, del 5 luglio 1999, n. 1164 (Pres. De Lise – Est. Poli)[6].
Secondo il Collegio: (omissis)
“Non
ha pregio l’eccezione sollevata dalla difesa della società appellante (ma
rilevabile anche d’ufficio afferendo alla regolare costituzione del rapporto
processuale nel grado di appello), con cui si lamenta il difetto di legitimatio
ad processum del Comune di … , ai sensi dell’art. 16, 1° comma, lett.
f), D. L.vo n. 29 del 1993, per essere stato autorizzato il Sindaco a stare in
giudizio non dal dirigente generale del Comune, bensì dalla Giunta municipale.
Premesso
che il difetto di autorizzazione a stare in giudizio opera sul piano
dell’efficacia e non su quello della validità della costituzione della
persona giuridica pubblica (cfr. Cass. Sez. lav., 20 giugno 1998 n. 6166; 6
agosto 1997 n. 7229; Cons. Stato, A. p., 6 febbraio 1993 n.2) osserva la sezione
che tale norma (da ultimo modificata dall’articolo 11 del D. L.vo n. 80 del
1998 e dall’art. 4 del D. L.vo n. 387 del 1998 applicabili ratione temporis),
attribuisce ai dirigenti di uffici dirigenziali generali, fra gli altri compiti,
quello di promuovere e resistere alle liti.
Senonché
l’art. 13 del D. L.vo n. 29 del 1993 sancisce espressamente che le
disposizioni del capo II (dirigenza), al cui interno si trovano quelle divisate
dall’art. 16 cit., trovano applicazione solo per le Amministrazioni dello
Stato.
Quanto
agli Enti locali soccorrono le previsioni contenute:
a)
nell’art. 51 2° e 3° comma, legge n. 142 del 1990 (come modificati da ultimo
dall’art. 6 legge n. 127 del 1997), che attribuiscono ai dirigenti la
direzione degli uffici e servizi,
nonché l’adozione di tutti gli atti di gestione che impegnino l’Ente locale
verso l’esterno, ad eccezione di quelli attribuiti dalla legge o dallo statuto
dell’Ente ad altri organi dello stesso;
b)
nell’art. 36 1° comma, legge n. 142 del 1990, che attribuisce al Sindaco la
rappresentanza legale dell’Ente.
Orbene,
assodata l’inapplicabilità del più volte menzionato art. 16 D. L.vo n. 29
del 1993 al caso in esame, e poiché la società appellante non ha dimostrato
che lo statuto del Comune di … riserva ai soli dirigenti il rilascio della
autorizzazione al Sindaco a stare in giudizio, va respinta la relativa
eccezione”.
Stante
quanto sopra espresso, in sintesi, la Giunta è competente per
l’autorizzazione al sindaco o al presidente della Provincia a stare in
giudizio, salva diversa disposizione dello statuto.
Il
rinvio alla autonomia statutaria degli enti, contenuto nella pronuncia del
Consiglio di Stato, è coerente con
quanto stabilito dall’art. 4, comma 2 bis, della L. 142\1990, nel testo
modificato dall’art. 1, co. 2, della L. 265\1999, nella parte in cui prevede
che la legge statale indichi espressamente i principi che costituiscono limite
inderogabile per l’autonomia normativa dei comuni; in virtù di questa
previsione, come rileva lo stesso Ministero dell’Interno, le fonti normative
locali sono vincolate alle leggi dello Stato che contengono i principi
inderogabili in materia di ordinamento degli enti locali, ma non sono
subordinate alle altre leggi statali in materia[7].
Tuttavia
uno statuto che attribuisse al dirigente la facoltà di autorizzare il sindaco a
stare in giudizio sembrerebbe non coerente con un ordinamento degli Enti locali
che, come principio, riconosce a quest’ultimo la legale rappresentanza
e la sovrintendenza generale sull’attività.
Così
come non è da dimenticare l’art.
3 del D. Lgs. 29\1993 comma 3 (nel testo modificato dal D. Lgs. 29 ottobre 1998,
n. 387, art. 1) per il quale le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2
possono essere derogate soltanto
espressamente ad opera di specifiche disposizioni
legislative; tra le specifiche disposizioni legislative ben può comprendersi
l’art. 36, comma 1, della legge 142\1990.
[1]Cass. civ., sez. I, 4 settembre 1995, n. 9291; in Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 11 novembre 1995, n. 43, p. 55. Cass. civ., sez. I, 9 marzo 1996 n. 1889; in Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 11 maggio 1996, n. 19, p. 55. Cass. civ. sez. I, 15 luglio 1996, n. 6395; in Giust. civ. Mass., 1996, 992. Cass. civ., sez. I, 7 agosto 1996 n. 7242; in Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 19 ottobre 1996, n. 41, p. 57. Cass. civ., sez. I, 4 dicembre 1996 n. 10817; in Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 22 febbraio 1997, n. 7, p. 61. Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 1996 n. 11344; in Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 5 aprile 1997, n. 13, p. 38. Cass. civ. sez. I, 30 dicembre 1997 n. 13137; in Giust. civ. Mass., 1997, 2458. Cass. civ., sez. I, 28 maggio 1998 n. 5286; in Guida agli Enti locali, Il Sole-24 Ore, 29 agosto 1998, n. 33, p. 94; in Giust. civ. Mass., 1998, 1153. Cass. civ. sez. III, 9 settembre 1998 n. 8924; in Giust. civ. Mass., 1998, 1875. Cass civ. sez. I, 29 aprile 1999, n. 4323; in Giust. civ. Mass. 1999, 979. [2] In Bollettino Ufficiale della Regione Marche, 25 gennaio 2000, edizione speciale n. 1, p. 18. [3] Gian Valerio Lombardi, Rappresentanza e autorizzazione a stare in giudizio, in Guida agli Enti locali, Il Sole-24 Ore, 12 febbraio 2000, n. 5, p. 85. [4] Gian Valerio Lombardi, cit. [5] Gian Valerio Lombardi, cit. [6] In Guida agli Enti locali, Il Sole-24 Ore, 12 febbraio 2000, n. 5, p. 86; in Foro amministrativo, 1999, 1431. [7] Ministero dell’Interno, Direzione generale dell’amministrazione civile, Direzione centrale delle autonomie, Circolare 7 gennaio 2000 n. 1, in Guida agli Enti locali, Il Sole-24 Ore, 29 gennaio 2000, n. 3, p. 78, in G. U. 25 gennaio 2000, n. 19. |
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