RISARCIBILITA’
DEGLI INTERESSI LEGITTIMI
Tra
orientamenti tradizionali e nuove tendenze
Avv. Marco Boretti
La summa divisio del nostro sistema giudiziario, improntata nella differenza tra diritti soggettivi (di competenza del Giudice Ordinario) e interessi legittimi (sotto l’egida del Giudice Amministrativo) ha creato grossi problemi interpretativi. Uno
dei maggiori problemi pratici che si sono presentati all’interprete riguarda
la risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi.
La
clausola generale in tema di tutela aquiliana cristallizzata dall’art. 2043
c.c. presuppone la lesione di diritti soggettivi, senza ricomprendere gli
attentati da interessi legittimi.
Se
l’interesse legittimo si sostanzia, secondo la lettura tradizionale, nella
pretesa al corretto esercizio dell’attività amministrativa, il rimedio alla
sua lesione può consistere solo nell’eliminazione del provvedimento
illegittimo in sede giurisdizionale.
Solo
la violazione di norme di relazione della P.A. darebbero luogo al risarcimento
del danno, mentre le norme di
azione, riguardando i criteri dell’agere pubblico, non garantirebbero il
privato dal punto di vista risarcitorio.
Superata
la vetusta visione ermeneutica di presunzione di legittimità dell’azione
della Pubblica Amministrazione, si è quindi ammessa la risarcibilità ex art.
2043 c.c. esclusivamente laddove le norme violate dall’Ente pubblico siano
quelle relative ad una tutela diretta ed immediata di un interesse
individuale.
Secondo
l’orientamento fino al 1999 costante in giurisprudenza, il risarcimento del
danno era escluso nel caso di lesione da interesse legittimo.
Questa
esclusione poggiava principalmente sulle seguenti argomentazioni:
a)
Per danno ingiusto di cui all’art. 2043 c.c. può intendersi solo
quello derivante dalla lesione di un diritto soggettivo
b)
Il rapporto di causalità tra fatto antigiuridico e danno deve avere, a
mente dell’art. 2043 c.c., carattere di immediatezza
c)
Nel caso di lesione di interessi legittimi, non è ravvisabile
l’integrazione di un elemento soggettivo dell’azione
d)
L’art. 28 Cost. limita la responsabilità dei funzionari e dipendenti
dello Stato alle sole ipotesi di
“violazione di diritti”
e)
Il sistema dl doppio binario riserverebbe al Giudice Ordinario la
cognizione dei soli diritti soggettivi, per cui solo in tale sede sarebbe
esperibile la domanda di risarcimento danni.
Fermo
il dogma dell’irrisarcibilità del danno da lesione da interesse legittimo,
la giurisprudenza ha scavato degli spazi in casi particolari in tema di
affievolimento di diritti.
La
giurisprudenza di legittimità ha comunque riconosciuto al privato di agire
per il risarcimento del danno, previo annullamento ad opera del Giudice
Amministrativo, in caso di provvedimento illegittimo volto a restringere un
diritto soggettivo in interesse legittimo; così, con la sentenza di
annullamento del Magistrato amministrativo, si è di fronte ad un fenomeno di
riespansione di un diritto illegittimamente affievolito, che torna nella sua
pienezza di diritto soggettivo che godeva antecedentemente rispetto all’atto
annullato.
In
questi casi, trattandosi di un diritto soggettivo pieno, illegittimamente
compresso, ma successivamente riespanso, non si poteva escludere la tutela
risarcitoria.
Si è
così ammesso il risarcimento del danno in caso di annullamento di un
provvedimento di espropriazione lesivo del diritto assoluto di proprietà di
cui sia titolare il privato.
Riguardo,
invece, ai diritti nati in virtù di atto ampliativo della P.A., la
giurisprudenza ha inizialmente negato la risarcibilità del danno conseguente
ad un atto di ritiro successivamente annullato, sul presupposto che, in capo
al privato, si configurerebbe una posizione giuridica affievolita rispetto
all’esigenza del perseguimento del pubblico interesse.
Una
storica sentenza delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione
(05.10.1979 n.5145) ha osservato che il privato, ottenuto il provvedimento
ampliativo che tramuti il diritto in attesa di espansione in diritto pieno,
gode di una tutela piena ed assoluta,
in quanto titolare di un diritto soggettivo perfetto.
La
relativa compressione del diritto attraverso un provvedimento illegittimo
legittima l’esperimento dell’azione risarcitoria.
Si è,
quindi, assodato il diritto al risarcimento del danno nell’ipotesi di
annullamento di ritiro di una concessione edilizia (Cfr. Cass. 01.10.1982 n.
5027).
A
questo punto si era posta la questione relativa alla risarcibilità del danno
in caso di lesione di diritto in attesa di espansione.
La
lettura giurisprudenziale tradizionale riteneva non risarcibile il pregiudizio
da diniego illegittimo di concessione od autorizzazione, sulla scorta della
osservazione che prima del titolo ampliativo la posizione soggettiva del
singolo poteva qualificarsi solo come interesse legittimo e pertanto
irrisarcibile. (Cass. S.U. 20.04.1994 n. 3732).
Una
apertura in tema di risarcimento del danno dei diritti risolutivamente
condizionati si è segnalata in una innovativa pronunzia del Tribunale di
Voghera (11.01.1996), motivando sulla tutela dell’affidamento del privato
per l’ampliamento del proprio diritto.
Anche l’Amministrazione, motiva il Tribunale, deve conformarsi ad i canoni della buona fede che non possa ingenerare in capo al privato legittime aspettative. Al di
fuori di queste aperture, alcune molto coraggiose ed innovative, la
giurisprudenza rimaneva tetragona nel negare la risarcibilità del danno da
lesione da interesse legittimo.
Questa
posizione granitica è stata più volte criticata in dottrina, confortata
dalla più recente legislazione, che, anche in conformità ai dettati
comunitari, garantiva una tutela agli interessi legittimi.
In
particolare, la recente dottrina criticava la posizione giurisprudenziale
seguendo i canoni assunti per convalidare l’inammissibilità del
risarcimento del danno
a)
L’ingiustizia del danno deve essere riletta in senso estensivo,
comprendendo anche la lesione di interessi legittimi
b)
Il nesso di causalità è ammesso, anche dalla giurisprudenza, in caso
di danno indiretto
c)
L’elemento soggettivo non è tout court escludibile nella lesione
degli interessi legittimi.
d)
L’art. 28 Cost nel suo dato squisitamente letterale non può
escludere la tutela aquiliana per violazione di interessi legittimi.
Questa
dottrina trovava conforto immediato nella volontà del legislatore che, con
varie norma, sembrava voler estendere alla lesione di interessi legittimi, la
tutela risarcitoria.
In
tale chiave di lettura sono state valutate la legge 241/90 in tema di
responsabilità per il ritardo dell’iter procedimentale, nonché la legge
142/92 in attuazione della direttiva CEE 665/89.
Interessante
è altresì l’esame dell’art. 17 legge 127/97 (Bassanini bis) che ha
garantito un indennizzo al soggetto a fronte del ritardo della PA nello
svolgimento dell’iter procedimentale. Vero è che si tratta di indennizzo e
non risarcimento, ma l’apertura della volontà del legislatore è evidente.
La
spallata più evidente è comunque stata data dalla legge 142/92, che ha
apertis verbis riconosciuto il diritto
ai soggetti lesi da atti in violazione alle disposizioni comunitarie, il
risarcimento del danno.
Del
resto la Corte di Giustizia Europea si è negli anni affannata ad affermare il
diritto al risarcimento del cittadino avverso lo Stato che violi le norme
comunitarie (CdG CE 5.3.96).
Con
tale normativa (ribadita in tema di appalti pubblici col D.Lgs. 157/95) il
legislatore ha chiaramente sancito la legittimità della tutela risarcitoria
per lesione da interessi legittimi.
Nonostante
ciò, la giurisprudenza, limitava l’operatività della norma al caso di
specie, rifiutandosi di considerare la legge 142/92 quale criterio generale
del nostro ordinamento (Cass. S.U. 16.12.1994 n. 10800).
In
questo quadro interpretativo si è posta, come atto di rivoluzione
copernicana, la decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte di
Cassazione, 22.07.1999 n. 500, rappresentando una vera inversione di tendenza.
Con la
sentenza in commento, la Corte di Cassazione, smentendo una lettura decennale,
ha voluto ammettere la risarcibilità della lesione ad interessi legittimi a
norma dell’art. 2043 c.c.
E’
chiaro che questa pronunzia abbia dato la stura a tutta una serie di problemi
conseguenti al risarcimento del danno a fronte di una posizione soggettiva di
interesse legittimo.
Il
caso più eclatante è quello circa l’illegittima esclusione del singolo ad
una gara di appalto o ad un pubblico concorso.
E’
evidente che la quantificazione di tale risarcimento sia assolutamente
relativa, come afferma la giurisprudenza “prognostica” , rilevando il
danno da “perdita di chances”.
Si
deve segnalare, in tale trend interpretativo, la decisione del TAR Lombardia
14.10.1999 (pubblicata su www.diritto.it), che seguendo l’innovatività
delle Sezioni Unite della Cassazione ha
coniugato, per la giurisprudenza amministrativa, il diritto del cittadino ad
essere risarcito per un comportamento della PA.
Il
TAR, in vero, è andato oltre, distaccando il concetto di colpa da quello di
illegittimità, soggiogando al vaglio del Giudice non solo i comportamento
tout court illegittimi.
Il
Tribunale Lombardo esclude che per la qualificazione colposa
dell’Amministrazione debba farsi riferimento all’elemento psicologico
dell’agente, quindi, in sostanza, risarcendo un comportamento inopportuno.
Senz’altro
queste sentenze non saranno la parola fine nella annosa questioni degli
interessi legittimi e dei diritti soggettivi, categorie che stanno lentamente
perdendo le proprie peculiarità che ne consentano una rigida
differenziazione.
Avv. Marco Boretti
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