Un matrimonio nullo può essere sanato con la convivenza?

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SOMMARIO:

Introduzione

  1. Effetti e validità del matrimonio concordatario
  2. La nullità del matrimonio canonico
  3. Gli effetti della delibazione della sentenza ecclesiastica
  4. 4.La convivenza tra i coniugi e l’annullamento del matrimonio
  5. In che modo si accerta la durata della convivenza tra coniugi

Introduzione

In Italia le persone che si sposano con il rito concordatario, davanti a un sacerdote della Chiesa cattolica, ottengono il riconoscimento automatico degli effetti civili del matrimonio.

Il vincolo matrimoniale, da quel momento, per la Chiesa cattolica durerà per sempre, a meno che non venga dichiarato nullo dal Tribunale Ecclesiastico, che in precedenza si chiamava Sacra Rota.

In questa evenienza gli effetti nell’ordinamento italiano non sono automatici, è necessaria una sentenza, che prende il nome di “delibazione”, che attribuisca efficacia alla pronuncia ecclesiastica.

In caso contrario, per lo Stato Italiano il matrimonio resta valido.

I motivi che possono portare alla dichiarazione di nullità del matrimonio religioso sono molti, e ci si chiede se la convivenza tra i coniugi lo possa sanare.

Non sono rare le vicende di coppie che, a distanza di anni o di decenni di matrimonio ottengono l’annullamento da parte della Chiesa e ritornano liberi di risposarsi.

Quando si arriva davanti a un giudice per chiedere il riconoscimento della sentenza ecclesiastica i presupposti sono diversi.

La Corte d’Appello, che è il giudice competente, non può deliberare lo scioglimento del matrimonio concordatario se la convivenza tra i coniugi è durata almeno tre anni.

In questi casi, si arriva a una situazione che ha dell’assurdo, perché quel matrimonio non è più valido per la Chiesa ma lo è per lo Stato italiano.

Di queste questioni si è di recente occupata la Suprema Corte di Cassazione attraverso un provvedimento (Cass. Ord. 28/10/2021 n. 30645).

1. Effetti e validità del matrimonio concordatario

Il matrimonio concordatario prende questo nome dal fatto che fu introdotto con il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica e rappresenta un “incontro” tra il matrimonio civile e quello religioso, detto anche matrimonio canonico.

Senza il Concordato, il matrimonio civile non avrebbe validità ai fini religiosi, e quello canonico non avrebbe nessuna efficacia civile.

Nel matrimonio concordatario il sacerdote cattolico che lo celebra, in presenza dei testimoni, legge agli sposi degli articoli del codice civile che contemplano i diritti e i doveri che derivano dal matrimonio, tra i coniugi e verso la prole (art. 143 e ss. c.c.).

L’atto di matrimonio compilato dal sacerdote può essere trascritto nei registri dello stato civile e assumere validità ed efficacia nell’ordinamento italiano.

2.La nullità del matrimonio canonico

La Chiesa considera il matrimonio un sacramento indissolubile.

In caso di scioglimento del vincolo in questione, si deve parlare di nullità del matrimonio canonico e non di annullamento, perché questo determinerebbe a perdita di efficacia dal momento della dichiarazione, a differenza della nullità che dalle origini ha effetti retroattivi.

La nullità del matrimonio deve essere dichiarata dal Tribunale Ecclesiastico, e le ragioni dovrebbero risiedere nella mancanza di requisiti necessari di uno o di entrambi gli sposi, oppure la presenza di vizi nella formazione del consenso alle nozze.

Sono fattori relativi a cause concomitanti o preesistenti alla celebrazione del matrimonio.

La nullità del matrimonio canonico si differenzia dalla separazione e dal divorzio che dipendono da fatti sopravvenuti nel corso della vita coniugale.

Tra le principali ragioni di nullità del matrimonio canonico ci sono la mancanza di un consenso sincero, come chi si sposa perché costretto, gli errori sulle qualità del coniuge, come l’impotenza scoperta successivamente, e l’assenza di rapporti sessuali, che determinano quello che il diritto canonico definisce “matrimonio rato e non consumato”.

3. Gli effetti della delibazione della sentenza ecclesiastica

Come accennato in precedenza, la declaratoria di nullità del matrimonio religioso richiede un giudizio di delibazione da parte della Corte d’Appello competente per territorio, che sottopone la pronuncia del Tribunale ecclesiastico, a un vaglio di conformità con le leggi italiane.

Se la sentenza ecclesiastica non viene delibata, non potrà acquisire efficacia per lo Stato italiano.

Con la delibazione il matrimonio concordatario verrà annullato in modo retroattivo, perdendo efficacia sin dal momento della sua celebrazione.

Resteranno salvi i doveri degli ex coniugi verso i figli nati dalle nozze dichiarate sciolte.

Anche sotto questo profilo si registra un’importante differenza rispetto alla sentenza di divorzio, che fa cessare gli effetti del matrimonio dal momento nel quale viene pronunciata.

4.La convivenza tra i coniugi e l’annullamento del matrimonio

La convivenza rappresenta uno degli elementi essenziali del matrimonio, per questo l’abbandono del tetto coniugale senza validi motivi è causa di separazione e diventa reato se fa mancare l’assistenza al coniuge.

La legge (art. 122 c.c.) preclude la possibilità di esercitare l’azione di annullamento del matrimonio se c’è stata coabitazione per un anno dal momento nel quale le cause che avevano determinato l’errore, il timore o la violenza sono cessate.

Nell’ordinamento canonico, l’assenza, o la brevità, della convivenza more uxorio, vale a dire, secondo il costume lo stile di vita che devono avere i coniugi, può essere una ragione per dichiarare nullo il matrimonio religioso.

La convivenza come coniugi protratta per almeno tre anni impedisce al giudice italiano di riconoscere efficacia alla sentenza canonica e di potere annullare il matrimonio, indipendentemente da quali siano state le ragioni che avevano determinato la pronuncia di nullità da parte del giudice ecclesiastico.

Lo Stato non potrà delibare quella sentenza.

La giurisprudenza (Cass. S.U. sent. n.16379/2014, ord. n. 11791/2021 e n. 19271/2021) afferma che si tratta di un limite che non si può valicare, di esigenze di ordine pubblico non disponibili e derogabili dalle parti in causa.

5. In che modo si accerta la durata della convivenza tra coniugi

Una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Ord. 28/10/2021 n. 30645), ha chiarito che la convivenza coniugale con una durata superiore a tre anni costituisce un elemento ostativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio.

Spetta alla Corte d’Appello e non al giudice ecclesiastico, accertare in piena autonomia, “la natura e la durata della convivenza, attraverso adeguata istruttoria”, senza rivolgersi in modo vincolante alle circostanze descritte nella sentenza del tribunale ecclesiastico.

In questa fase istruttoria potranno venire accolte le ragioni dedotte dalle parti e, in modo particolare, verranno esaminati quelli sollevati dal coniuge che si oppone alla delibazione, considerando che la convivenza non si limita alla semplice coabitazione, che può essere avvenuta per ragioni diverse dall’affetto coniugale, ma deve essere stata, per utilizzare le parole della Suprema Corte, “oggettivamente intesa, in attuazione degli obblighi assunti con il vincolo del matrimonio”.

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