Suprema Corte di Cassazione: l’assegno divorzile è sempre dovuto

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Secondo la Suprema Corte di Cassazione l’assegno divorzile deve essere determinato rispettando i principi stabiliti.

Con l’ordinanza 11/03/2020 n. 6982, ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato da un marito contro la sentenza d’Appello che confermava la misura dell’assegno divorzile in favore della ex moglie di 450 euro.

Al contrario di quello che ha sostenuto il ricorrente è irrilevante che l’uomo abbia uno stipendio mensile di 1300 euro e ne spenda 380 per pagare un mutuo.

Quando si riconosce e si quantifica l’assegno di divorzio si devono avere presenti una serie di principi specificati dalla SU n. 18287/2018 e dall’ordinanza 21926/2019, che riconoscono alla misura una funzione perequativa, compensativa e assistenziale, senza trascurare altri importanti aspetti.

Prima di trattare del caso specifico scriviamo qualcosa sull’assegno divorzile.

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In che cosa consiste l’assegno divorzile

L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei due coniugi di versare in modo periodico all’altro coniuge un assegno, quando lo stesso non ha mezzi adeguati oppure per ragioni di carattere oggettivo non se li può procurare.

Secondo le disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) il tribunale, quando pronuncia le sentenze che sanciscono lo scioglimento del vincolo matrimoniale,  determina anche la misura dell’assegno divorzile, avendo presenti una serie di fattori tra i quali figurano il reddito dei due coniugi, le ragioni della decisione e la durata del matrimonio.

Il pagamento dell’assegno può essere mensile oppure in un’unica soluzione, e in questo caso anche con assegnazione di un bene.

La differenza tra l’assegno di mantenimento e l’assegno di divorzio o divorzile

L’assegno divorzile rappresenta una delle prime conseguenze di carattere patrimoniale del divorzio, perché con il divorzio il giudice stabilisce l’eventuale diritto di uno dei due coniugi di percepirlo.

L’assegno divorzile deve essere distinto dall’assegno di mantenimento che, quando ricorrono le condizioni di legge, spetta prima del divorzio, vale a dire, a seguito di separazione personale dei coniugi e in una fase nella quale il rapporto è ancora transitorio.

A questo proposito, si deve ricordare una sentenza rivoluzionaria della Corte di Cassazione che ha fatto risaltare ancora di più la distinzione tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.

In quali circostanze viene erogato l’assegno divorzile

L’assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell’altro, sino a quando il beneficiario stesso contrae altre nozze oppure l’obbligato muoia o fallisca.

In quali circostanze viene concesso l’assegno divorzile

In conformità al dettato dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 898/1970, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, devono essere prese in considerazione anche una serie di elementi, tra i quali risaltano, da un lato, l’impossibilità di poterseli procurare per determinati motivi o per la difficoltà di “spendere” la personale qualificazione nel mercato del lavoro in determinate circostanze e contesto sociale e, dall’altro lato, l’eventuale convivenza more uxorio che si protrae, facendo derivare un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge più debole.

 

Non si discute sul fatto che il diritto all’assegno divorzile, dove venga stabilito nella sentenza di divorzio, spetta sin dal momento nel quale la stessa passa in giudicato, è possibile richiedere al giudice di rideterminarlo in qualunque momento, se dovessero aopraggiungere apprezzabili modifiche dei rispettivi redditi.

 

L’assegno divorzile, può essere pagato anche da terzi, come previsto per l’assegno di mantenimento a seguito di separazione personale, e al beneficiario viene anche accordata la possibilità, senza ricorrere al giudice, di richiedere in modo diretto al datore di lavoro dell’obbligato sino alla metà di quello che gli spetta, avendo addirittura un’azione esecutiva nei confronti dello stesso datore, in caso d’inadempimento (art. 8 legge n. 898/1970).

Ritorniamo ala questione specifica.

Un assegno divorzile di importo 450 euro in favore della ex

Il Tribunale ha respinto la richiesta di modifica dell’assegno di divorzio di 450 euro dovuto alla ex moglie e concordato in sede di divorzio congiunto.

La Corte d’Appello ha confermato la decisione.

Le richieste del marito che ricorre in Cassazione

Il marito ricorre in Cassazione denunciando con il primo motivo di ricorso la violazione degli articoli 5, 6 e 9 della legge sul divorzio n. 898/1970 perché il giudice non ha tenuto conto della condizione economica delle parti, della sproporzione del reddito e dell’impossibilità del ricorrente di mantenersi con 450 euro mensili.

La somma residua dopo avere detratto 450 euro dovuti per l’assegno di divorzio e 360 euro per il pagamento del mutuo immobiliare.

La donna in precedenza percepiva un assegno di disoccupazione di 450 euro e adesso, lavorando come badante, ha una retribuzione di 500 euro mensili.

Con il secondo motivo, precisa che il giudice no ha considerato il fatto decisivo del successivo matrimonio da lui contratto.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con l’ordinanza n. 6982/2020.

I Supremi Giudici hanno preso in considerazione la situazione economica delle parti anche se non hanno cambiato l’importo dell’assegno divorzile di 450 euro, nonostante il sopravvenuto reddito mensile di 500 euro della ex moglie, nel rispetto dei principi sanciti dalla SU n. 18287/2018 e dall’ordinanza n. 21926/2019, secondo le quali:

L’assegno divorzile ha una funzione assistenziale, perequativa e compensativa.

Al fine di quantificare l’assegno divorzile si deve procedere all’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge che ne fa domanda e della sua impossibilità di procurarseli per motivi di carattere oggettivo.

Nel fare una comparazione delle situazioni economiche e patrimoniali deve essere considerato il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ognuno in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.

Se si rileva uno squilibrio economico patrimoniale si deve accertare se sia riconducibile a scelte comuni in relazione alla conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli nella coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due coniugi.

Se si accerta che il patrimonio del richiedente si è formato in modo esclusivo con l’apporto dei beni dell’altro si deve ritenere riconosciuto il ruolo endofamiliare svolto e se si deve considerare l’entità, della composizione e dell’attitudine a crescere, se si consideri compensato il sacrificio delle aspettative professionali e l’esigenza perequativa.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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