Suprema Corte di Cassazione, quando i genitori litigano spesso è danno psicologico per i figli minori

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Se i genitori dei bambini litigano in continuazione creano un danno psicologico ai figli minori.

Quando un bambino assiste a un litigio tra i genitori resta sconvolto, anche se si tratta di un episodio isolato. A volte piange e coltiva, dentro di sé paure e insicurezze che si ripercuotono nell’arco della sua adolescenza. La violenza non fa parte del mondo dei bambini e il contatto con essa è sempre scioccante.

Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione che, di recente, ha emesso una sentenza su questo tema (Cass. sent. n. 18833/18 del 2/05/2018).

La pronuncia riconosce l’esistenza di un vero e proprio reato a carico dei genitori che litigano con veemenza davanti ai propri figli, costringendoli a vedere aggressioni e scene “forti” per i loro ingenui occhi. I minori devono essere protetti da ogni forma di brutalità e maltrattamenti, siano essi attivi o passivi. Per questo motivo, secondo i giudici, i litigi tra marito e moglie sono una violenza sui figli.

L’articolo 572 del codice penale  prevede il reato di maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli. “Chiunque maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Il concetto di maltrattamento è molto ampio. Esso può consistere in una lesione fisica o psichica, diretta o mediata. Non è necessario che il bersaglio dell’aggressione sia il bambino, potendolo essere l’altro coniuge o il convivente quando il minore è presente assiste a una scena violenta.

L’aggressione del genitore non deve necessariamente essere unilaterale (il marito, ad esempio, che maltratta la moglie o viceversa) ma può anche essere reciproca come nel caso dei litigi. In questo caso a rispondere del reato saranno entrambi i genitori, indipendentemente dalle ragioni del diverbio. Le questioni si risolvono in assenza dei minori, eventualmente per strada o in un altro luogo.

Secondo la giurisprudenza si può parlare sia di una “violenza attiva” nei confronti dei figli sia di una “violenza passiva”.

La  Corte precisa che quando la conflittualità tra i genitori coinvolge in modo diretto i figli, in qualità di involontari spettatori delle feroci liti e scontri che si svolgano  tra le mura domestiche,  si può configurare il reato di maltrattamenti in famiglia. Lo Stato tutela la famiglia preservando questo luogo da ogni forma di aggressione, violenza e comportamenti vessatori a carico delle persone che ne fanno parte. L’ordinamento, a sua volta, difende l’incolumità fisica e psichica soprattutto di coloro che sono più deboli e non si possono difendere, come i minori di età.

La norma del codice penale sopra riportata va interpretata comprendendo ogni forma di “maltrattamento”, non esclusivamente quello tipico del marito nei confronti della moglie o dei genitori nei confronti dei figli ma anche quello tra genitori che, indirettamente, si ripercuote sui figli.

In un simile concetto di maltrattamento, oltre alle classiche percosse, rientrano lesioni, ingiurie, intimidazioni, privazioni e umiliazioni ma anche gli atti di disprezzo e di offesa della dignità che sfociano in vere e proprie sofferenze morali per la vittima.

Il reato di maltrattamenti si configura anche davanti a un’omissione o all’instaurazione di un determinato clima di sopraffazione indistinta che si protragga nel tempo creando una sofferenza fisica o morale continuativa per la persona offesa. Quando le vessazioni si concretizzano in episodi, si può parlare del reato di violenza, ma per aversi i maltrattamenti è necessario che ci sia una condotta abituale.

Nei casi di litigi tra genitori con la conseguente violenza passiva generano sui figli spettatori, i comportamenti vessatori, nonostante non siano rivolti in modo diretto a danno dei minori, li coinvolgono lo stesso, rendendoli vittime degli scontri tra i genitori che si svolgono tra le mura domestiche. Anche in questi casi si può parlare di maltrattamenti in famiglia, e perché scatti il reato è necessario che le litigate siano continue e abituali e che il clima in famiglia sia contrassegnato da questa costante ferocia.

Per verificarlo si renderà necessaria un’indagine sui bambini, per assicurarsi che abbiano subito un disagio familiare. Non sempre i litigi tra i genitori integrano il reato di maltrattamenti, si ha questo reato quando diventano assidui, perseveranti e ininterrotti, sino a determinare un danno nei bambini.

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