Sino a quale età sono dovuti gli alimenti ai figli? 

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Alcune domande spesso ricorrenti in ambito di separazione tra coniugi sono: “Al conseguimento della laurea i figli perdono gli alimenti?” Oppure: “Quando si può smettere di versare il mantenimento ai figli?”

La giurisprudenza ha provveduto a fornite le relative risposte. Secondo i giudici, i figli perdono il diritto al mantenimento sia quando raggiungono una loro indipendenza economica, sia quando, superata una determinata età, siano ancora disoccupati, con la stessa rapportata al tipo di percorso di studi che ha prescelto.  Coloro che hanno deciso di non studiare, si dovranno subito impegnare per cercare un impiego o una loro autonomia, mentre coloro che hanno intrapreso un corso di studi universitari, che richiede una successiva specializzazione, avranno più tempo a disposizione.  Nonostante questo, non si può ritenere che a trent’anni si stia ancora a carico dei genitori.

In questo articolo alcuni chiarimenti in materia di mantenimento ai figli.

     Indice 

  1. I genitori sino a quando devono tenere in casa i figli?
  2. I genitori sino a quando devono mantenere i figli?
  3. Quando si deve iniziare a pagare il mantenimento ai figli?
  4. I figli dopo la laurea perdono il mantenimento?

1. I genitori sino a quando devono tenere in casa i figli?

I genitori anche se sono separati, devono garantire ai figli il vitto, l’alloggio e lo stesso tenore di vita del quale gli stessi godono. 

A questo proposito, devono dare loro la possibilità di proseguire gli studi, anche universitari e post universitari, si devono prendere carico delle esigenze relazionali e ludiche tipiche dei giovani, come gite scolastiche, mezzi di trasporto, computer, centri sportivi.

Un genitore non può “buttare fuori di casa” i figli sino a quando non siano capaci di provvedere a se stessi in modo autonomo.

2. I genitori sino a quando devono mantenere i figli?

I genitori anche se separati, ognuno in proporzione alle proprie capacità economiche, devono mantenere i figli sino a quando gli stessi non raggiungono l’indipendenza economica, oppure, anche se sono disoccupati, non hanno un’età che faccia ritenere che la mancanza di lavoro sia dovuta a pigrizia.

Vediamo le due ipotesi.

In relazione all’indipendenza economica, si raggiunge con un reddito sicuro, che non deve per forza avere un importo elevato oppure essere in linea con le ambizioni dei giovani. 

Se i figli cominciano a guadagnare da attività parallele rispetto a quello che è il loro “sogno” perdono il mantenimento.

Non deve essere un contratto stagionale oppure a tempo determinato per pochi mesi, senza possibilità di rinnovi, ma anche un part-time o un assegno di ricerca potrebbe bastare a perdere il mantenimento. 

Non è sufficiente un contratto di formazione professionale. 

Una volta raggiunta l’indipendenza economica, i figli perdono per sempre il mantenimento anche se dovessero perdere poco dopo il lavoro.

In relazione all’età, i giovani devono fare in modo di rendersi indipendenti dai genitori o formandosi studiando con profitto, oppure cercando un lavoro. 

Se dovessero decidere di proseguire gli studi, dovranno cercare subito un’occupazione, mentre se dovessero scegliere di laurearsi, dovranno superare gli esami e fare in modo di non perdere tempo nei corridoi della facoltà e, una volta laureati avranno l’obbligo di cercare lavoro.

Superati i 30 anni, al padre non è neanche richiesto dimostrare l’inerzia dei figli nel cercare  lavoro. Superata una determinata età, si presume lo stato di disoccupazione colpevole.  


Per approfondire:


3. Quando si deve iniziare a pagare il mantenimento ai figli? 

L’obbligo di mantenere i figli deriva dalla loro nascita e scatta dal primo giorno di vita del minore.

I genitori, anche non sposati, devono mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Lo stabilisce sia l’articolo 30 della Costituzione sia l’articolo 148 del codice civile, norma, che formalmente è relativa esclusivamente ai coniugi e si applica a qualsiasi tipo di coppia.

Nessuno dei coniugi può essere esonerato dal mantenimento dei figli, neanche con il consenso dell’altro, perché non si tratta di un suo diritto ma di un diritto del figlio, oppure in caso di decadenza dalla potestà genitoriale.

Lo stesso figlio, diventato maggiorenne, lo potrebbe citare davanti al Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni economici che derivano dall’avere vissuto con il reddito di un genitore, con conseguente perdita di chance formative, educative e d’istruzione.

L’obbligo è sempre  relativo ai figli minori, ma si estende anche ai figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, vale a dire, coloro che, non per loro colpe, non siano ancora in grado di mantenersi da sé per via dell’assenza di un lavoro e coloro che sono affetti da handicap grave.

4. I figli dopo la laurea perdono il mantenimento? 

Ai trentenni laureati che si devono trovare un qualunque lavoro, non spetta l’assegno di mantenimento e la madre perde il diritto di abitazione nella casa coniugale.

Una volta finito il percorso di studi, l’autoresponsabilità impone ai figli maggiorenni di cercare un’occupazione anche fuori dal campo prescelto.

A trent’anni i figli laureati si devono definitivamente emancipare dai genitori, cominciando a trovarsi un lavoro, anche al di fuori del campo di studi prescelto, se il mercato dovesse essere avaro di opportunità.

I figli che chiedono l’assegno di mantenimento, o per loro il genitore convivente, devono dimostrare che la preparazione professionale o tecnica è stata perseguita nel migliore di modi possibili e che è stato profuso nella ricerca di un’occupazione un notevole impegno.

La Suprema Corte di Cassazione, in accordo con la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, ha chiesto che i giovani ridimensionino le proprie aspirazioni senza aspettare un’opportunità consona alle proprie ambizioni.

Devono fronteggiare il mercato del lavoro, ci siano o non ci siano occasioni nel settore di studi prescelto.

Arrivati ai trent’anni si devono trovare una qualsiasi attività che conferisca loro reddito, non essendo possibile a quell’età essere mantenuti dai genitori. 

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