Separazione: l’assegno di mantenimento quando il marito è disoccupato

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Le famiglie nella maggior parte dei casi si mantengono con il reddito del marito.
Nonostante questa prassi, potrebbe succedere che il coniuge appartenente al sesso forte, non abbia lavoro e le spese della famiglia siano a carico della moglie.

La separazione

Quando manca un’occupazione i motivi di conflitto con il coniuge possono aumentare, sino a sfociare addirittura nella separazione.
Oggi, per ogni tre coppie sposate ce n’è una che si separa, una percentuale molto alta che non ha precedenti.
In questa sede, parleremo di seguito del caso di separazione con marito disoccupato a carico della moglie.

Quando una coppia si separa stabilisce le condizioni del distacco.
Si decide la divisione dei beni se i coniugi avevano la comunione.
Se uno dei due coniugi guadagna più dell’altro si farà carico di un assegno di mantenimento che garantisca all’ex di vivere in modo decoroso.
In presenza di figli, si dovrà decidere con chi questi andranno a vivere stabilmente, fermo il diritto di vederli dell’altro genitore, l’ammontare dell’assegno di mantenimento per le spese ordinarie necessarie alla loro crescita, la destinazione della casa familiare , che, di solito, va alla madre con la quale i figli minorenni restano.

Se questo accordo non viene raggiunto, gli ex coniugi devono andare dal giudice, che prenderà una decisione.
La decisione che non è definitiva ma soggetta a eventuali modifiche successive se le condizioni dovessero cambiare.
In questo caso si renderà necessario promuovere un altro ricorso al tribunale perché riveda il precedente provvedimento.
Nel primo caso si avrà una separazione consensuale, che può essere effettuata sia in tribunale sia con un accordo firmato con l’assistenza dei rispettivi avvocati (cosiddetta “negoziazione assistita”). Se non ci sono figli e non è prevista la divisione di beni, fatto salvo il mantenimento, si può fare in Comune, davanti a un ufficiale di Stato civile, in due appuntamenti.
Nel secondo caso, si avrà una separazione giudiziale che consiste in una causa, con tempi e costi che comporta.
L’assegno da corrispondere dopo la separazione si chiama assegno di mantenimento.
Il suo scopo è consentire al coniuge con un reddito più basso di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.
L’ex gli dovrà dare circa un terzo del suo stipendio, considerando che l’altro terzo andrà alle spese come utenze e un affitto.
La misura del mantenimento non è prestabilita dalla legge, dipende dalle circostanze concrete.
Se tra i due coniugi non c’è molto divario di reddito o il matrimonio è recente, l’assegno potrebbe essere negato.
La finalità del mantenimento è di non fare trovare il coniuge più povero in una situazione di assenza di mezzi di sopravvivenza ai quali non saprebbe fare fronte, e l’altro lo deve aiutare, almeno sinché i due non divorziano.
I due redditi dovranno essere sommati, andranno poi sottratte le spese alle quali è soggetto il coniuge che verserà il mantenimento, il risultato andrà diviso per due e si avrà ’importo da versare all’ex.
Si può divorziare dopo sei mesi dalla separazione consensuale o dopo un anno dalla separazione giudiziale.
In giudice, con o senza il consenso delle parti, sostituisce l’assegno di mantenimento con il cosiddetto assegno divorzile, che non serve più per garantire lo stesso tenore di vita che il coniuge debole aveva durante il matrimonio ma rappresenta un sostegno per chi non è autosufficiente, tenendo anche conto del contributo sino a quel momento fornito alla vita familiare, alla carriera dell’altro coniuge e al suo patrimonio.
Di solito l’assegno di mantenimento e quello divorzile spettano a chi ha un reddito più povero, salvo che questi sia tale per pigrizia e per non volersi attivare a cercare un’occupazione.
Non ha diritto al mantenimento, anche se povero, il coniuge che ha violato le regole del matrimonio determinando la rottura dell’unione.
Ad esempio chi ha tradito, chi è scappato di casa, chi ha fatto violenza o indifferenza verso l’altro.
Il giudice, accertate le condotte del colpevole, dichiara l’addebito e rifiuta la sua eventuale richiesta di mantenimento.
La regola vale sia per l’assegno di mantenimento sia per quello di divorzio.

Se il marito è disoccupato

Se un marito è disoccupato e la moglie lavora, lei dovrà pagare l’assegno di mantenimento, a meno che l’ex marito non abbia altre risorse con le quali vivere come, per esempio, la proprietà di immobili o di partecipazioni societarie.
La legge non dice che la moglie ha diritto al mantenimento, ma parla del coniuge più debole economicamente che può essere sia l’uomo sia la donna.
L’unico caso nel quale il marito disoccupato non potrà chiedere il mantenimento è quando abbia subìto l’addebito.
Anche senza lavoro, l’uomo si dovrà adoperare al più presto a cercare un’occupazione perché, se in sede di successivo divorzio dovesse risultare che il suo stato di “senza lavoro” dipende da inerzia, perderebbe l’assegno mensile.

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