Separazione, in quanto tempo il marito deve lasciare la casa coniugale

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 Quando due coniugi si stanno per separare ed è stata fissata la prima udienza davanti al presidente del tribunale, potrebbe succedere che il marito non sia ancora andato via dalla casa coniugale.

Potrebbe anche che il giudice gli imponga di lasciare la casa alla moglie, che resterà lì con i figli di entrambi.

In simili circostanze, la moglie potrebbe avere paura che, anche dopo il provvedimento del magistrato, il marito resti dentro l’appartamento e non se ne voglia andare.

Il fatto che attuerà un simile comportamento, si può intuire dal suo atteggiamento lassista e dilatorio.

È impossibile che, quel giorno stesso, sia pronto per il trasferimento.

In questi frangenti la moglie si potrebbe chiedere quanto tempo gli deve concedere per prendere la sua roba e trovare un altro appartamento.

Il quesito al quale conducono queste riflessioni, è quali siano i tempi per lasciare la casa coniugale.

Per approfondire leggi anche “La tutela del marito nella crisi della famiglia” a cura di Giuseppe Cassano e Ida Grimaldi

In quali circostanze si deve imporre al coniuge di andare via di casa

Prima di addentrarsi nell’argomento, è opportuno sapere che la moglie non può obbligare il marito a lasciare la casa coniugale prima che il giudice dichiari lo stato di separazione.

Se si è scelta una “separazione giudiziale”, il provvedimento viene emesso alla prima udienza davanti al presidente del tribunale, salvo la prosecuzione del processo per le questioni relative agli aspetti personali ed economici della separazione.

Se, si è scelta una “separazione consensuale”, le questioni si risolvono in un’unica udienza, a meno che i due coniugi non decidano di separarsi davanti al Comune o con la “negoziazione assistita”degli avvocati.

Questo significa che se marito e moglie hanno iniziato a vivere lontani e lui, periodicamente ritorna a casa, la moglie non lo può impedire.

La separazione di fatto, vale a dire quella che non è stata ancora ufficializzata dal tribunale, non ha nessun valore e, per la legge, le persone in questione sono ancora una coppia sposata, si renderà necessario procedere alla separazione legale.

La separazione legale consentirà ai due coniugi di dividersi e la moglie potrà chiedere al marito di  andare via di casa, sempre che il giudice abbia deciso in questo modo oppure i due ex coniugi si siano accordati tra loro in questo modo.

Che cosa succede dopo la separazione

Il giudice può decidere sull’assegnazione della casa se i coniugi hanno dei figli minorenni o maggiorenni, ma non ancora autosufficienti dal punto di vista economico, perché ancora a carico dei genitori.

Se non si hanno figli o se gli stessi abitano per conto loro, il giudice non potrà mai assegnare la casa che è di un coniuge in godimento all’altro.

Se la casa è in comunione andrà divisa o venduta.

Se si hanno figli minori o se gli stessi, anche se maggiorenni, sono ancora a carico dei genitori, il giudice assegnerà la casa, indipendentemente che sia di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi,  a chi abiterà insieme ai figli.

La maggior parte delle volte si tratta della madre.

Nell’abitazione la moglie potrà restare sino a che i figli non raggiungono l’indipendenza o non si trasferiscono in altro luogo.

Con la sentenza di separazione, il tribunale autorizza i coniugi a vivere separatamente e, in presenza delle sopra scritte condizioni, può assegnare l’immobile al genitore cosiddetto “collocatario” , vale a dire presso il quale vengono sistemati i figli.

Da quel momento, l’altro genitore è obbligato a lasciare la casa coniugale.

In linea teorica lo può fare la sera stessa della separazione e dovrà trovare una sistemazione alternativa.

Chi resta a casa gli potrà chiedere la copia delle sue chiavi visto che non potrà più accedere in quella che, da quel momento in poi, diventa l’abitazione del coniuge che resta lì.

Se dovesse accedere senza permesso, commetterebbe il reato di violazione di domicilio e potrebbe essere denunciato.

Resta salva la possibilità che il coniuge che resta a casa gli conceda qualche giorno di tempo in più per trovare una sistemazione alternativa dove abitare.

Il marito costretto a lasciare la casa coniugale non potrà accampare giustificazioni come l’assenza di soldi per trovare un altro appartamento dove abitare o l’impossibilità di procedere a un trasloco in tempi brevi.

Salvo che il giudice non disponga in modo diverso, l’assegnazione della casa ha effetto immediato.

In che modo agire se il marito non lascia la casa coniugale

Potrebbe succedere, e secondo le notizie in merito si verifica spesso, che, nonostante il provvedimento del tribunale di assegnazione della casa coniugale, il marito non lasci l’immobile.

In presenza di simili circostanze, alla moglie restano che due strade che può percorrere nello stesso momento.

L’esecuzione forzata

Dopo avere notificato al marito il provvedimento del giudice e l’atto di precetto, l’avvocato chiederà che subentri l’ufficiale giudiziario, il quale avrà il compito di eseguire il provvedimento del giudice, avvalendosi, se fosse necessario dei carabinieri, quando l’interessato opponga resistenza.

La denuncia

Non rispettare il provvedimento del giudice pone in essere il reato di “mancata esecuzione dolosa dell’ordine del giudice”.

In simili circostanze, il marito rischia la reclusione sino a tre anni o forse la multa da 103 a 1.032 euro.

Al fine di notificare il provvedimento del giudice, si deve prima aspettare che lo stesso venga depositato in cancelleria, dove vengono rilasciate le copie.

Questo significa che si dovrà aspettare anche due o tre settimane.

A volte, si rende necessario avere pazienza qualche mese, al fine di procedere con l’esecuzione forzata.

Di sicuro, utilizzare la querela rappresenta il modo più immediato e più diretto.

La querela è un istituto del diritto processuale penale, a volte necessario per l’esercizio dell’azione penale.

Nella maggior parte degli ordinamenti si tratta di un atto di dichiarazione attraverso il quale un soggetto, che si ritenga soggetto passivo di alcuni particolari reati (persona offesa), richiede all’autorità giudiziaria di procedere nei confronti dell’autore del reato per la sua punizione.

La querela è lo strumento a volte richiesto dall’ordinamento giuridico per avviare un’azione legale e l’azione penale per alcuni reati non perseguibili d’ufficio e rappresenta una condizione di procedibilità dell’azione penale.

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