Separazione e divorzio, quando l’ex coniuge rinuncia al mantenimento

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In presenza di separazione e divorzio, la legge, nonostante preveda  che al coniuge con il reddito più basso spetti un contributo mensile, chiamato “mantenimento”, lascia libere le parti di accordarsi stabilendo un ammontare preciso o, addirittura, di rinunciare allo stesso.

La legge prevede la rinuncia al mantenimento dell’ex coniuge, non prevede quella relativa mantenimento dei figli minorenni, i quali, in quanto ancora incapaci, sono tutelati dalla legge, indipendentemente da quelli che possono essere i possibili accordi dei genitori.

A seconda del momento nel quale viene fatta la rinuncia al mantenimento dell’ex coniuge, ha un diverso valore.

Assegno di mantenimento e assegno di divorzio

Se si vuole procedere alla richiesta di divorzio è necessario che la coppia prima si separi.

Attraverso la separazione, il giudice, se non esista un diverso accordo tra le parti, fissa l’ammontare dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge che risulti essere economicamente più debole.

Al fine di determinare l’ammontare, vengono presi in considerazione una serie di elementi, come la durata del matrimonio, la diversità di reddito tra i due coniugi, la disponibilità della casa familiare, le spese da sostenere dopo la separazione.

Quando le parti si ripresentano davanti al giudice per divorziare, l’assegno di mantenimento viene sostituito dal cosiddetto assegno di divorzio, o assegno divorzile, che viene concesso con più restrizioni rispetto al primo.

Nello specifico, la Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza delle Sezioni Unite, ha ridotto il diritto al mantenimento a quattro casi:

coniuge anziano o con più di 50 anni che si è sempre dedicato al ménage domestico (casalinga), ed è tagliato fuori dal mercato del lavoro

Coniuge privo di formazione professionale ed esperienze lavorative dopo diversi anni di matrimonio, incapace non per sua colpa di trovare un lavoro coniuge che, per condizioni di salute, non può più lavorare

coniuge disoccupato che riesce a dimostrare di avere tentato di trovare un’occupazione e di non esserci riuscito non per sua colpa.

La rinuncia all’assegno di mantenimento al momento della separazione

Se il coniuge economicamente più debole rinuncia all’assegno di mantenimento al momento della separazione lo può sempre richiedere al momento del divorzio, ma deve dimostrare che le sue condizioni economiche siano peggiorate (C. App. Cagliari sez. I, 11/10/2018, n.857).

Come anche precisato da parte della Suprema Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 4424/2008), gli accordi di separazione non possono contenere nessuna rinuncia all’assegno di divorzio.

Lo stesso, di conseguenza, può essere richiesto e riconosciuto dal tribunale, facendo ricorso alle condizioni di legge delle quali si è scritto in precedenza, anche se i coniugi, in sede di separazione consensuale, hanno firmato la rinuncia al mantenimento o si siano accordati per erogare una somma “una tantum” per il mantenimento del coniuge economicamente più debole.

Se il coniuge più debole rinuncia, al momento della separazione, all’assegno di mantenimento, o ha accettato una somma molto più ridotto rispetto a quella alla quale astrattamente aveva diritto, questo non implica un’analoga rinuncia in quello di divorzio.

Anzi, una clausola dell’accordo che la prevedesse dovrebbe essere considerata nulla.

La circostanza della rinuncia all’assegno di mantenimento da parte di uno dei coniugi può essere valutata dal giudice come indizio di sua autosufficienza, in modo che dove non ci sia una prova in merito a un peggioramento delle condizioni economiche, il magistrato potrà ragionevolmente presumere che le ragioni che hanno motivato la rinuncia continuino a sussistere e negare la richiesta di assegno (art. 156 c.c.).

La rinuncia all’assegno divorzile

Secondo la Suprema Corte di Cassazione una volta che in sede di divorzio l’ex coniuge ha rinunciato al relativo assegno non lo può più rivendicare in un momento successivo.

(Cass. sent. n. 36392/2019).

Lo stesso vale anche se l’accordo tra marito e moglie è stato siglato con una semplice scrittura privata, non davanti al giudice, e non è stato omologato dal tribunale.

Non si può denunciare l’ex marito per il reato di violazione degli obblighi familiari.

 

Un altro caso è quello relativo al fatto che i coniugi abbiano preferito regolare i loro rapporti economici non con la sentenza ma con un accordo separato.

Secondo il tribunale di Milano (Tribunale Milano sez. IX, 08/01/2018), se la sentenza di divorzio, per espressa rinuncia delle parti, non contiene nessuna decisione in lato economico, avendo le stesse preferito regolare questi apporti con una scrittura privata a parte, in un secondo momento non si può chiedere una pronuncia del giudice per revocare questo accordo per sopravvenuta autosufficienza del coniuge beneficiario, perché la sentenza della quale si richiede la modifica non ha stabilito niente in relazione all’assegno divorzile.

Si può rinunziare all’assegno di mantenimento o divorzile, ma non si può fare in assoluto.

Nonostante i coniugi, in presenza di sufficienti redditi propri, possono legittimamente rinunciare a qualsiasi pretesa relativa al loro mantenimento, un simile accordo non può mai rappresentare una rinuncia in senso stretto.

Questo perché il diritto all’assegno del coniuge economicamente più debole può essere fatto valere in qualunque momento una volta venute meno le condizioni di autosufficienza economica.

La misura dell’assegno deve essere parificata alle reali possibilità dell’obbligato e ai bisogni del beneficiario.

Se viene data prova al giudice che l’accordo raggiunto tra i coniugi sia stato frutto di una valutazione non libera oppure sbagliata (ipotesi non infrequente è quella di rinunciare all’assegno pur di ottenere subito la separazione ed evitare un giudizio), l’accordo potrà essere revocato.

La rinuncia all’assegno deve essere considerata nulla quando l’importo ha natura alimentare, vale a dire che serve a provvedere ai bisogni primari ed essenziali dell’ex coniuge o dei figli che si trovino in stato di bisogno e nella impossibilità di provvedere alle esigenze fondamentali di vita:

per questo il diritto agli alimenti rappresenta un diritto personalissimo, irrinunciabile, intrasmissibile e imprescrittibile.

La nozione di alimenti deve essere ricompresa in quella più ampia di mantenimento, in modo che la rinuncia al mantenimento ha l’unico effetto di delimitare la funzione assistenziale dell’assegno alla componente alimentare.

Gli accordi raggiunti tra i coniugi in sede di separazione o divorzio,  dipendono dalla natura dei fatti che esiste esistente al momento della loro sottoscrizione.

Questo comporta che ognuno ne potrà sempre chiedere la successiva modifica provando che le circostanze sono cambiate rispetto al momento nel quale sono stati conclusi.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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