Violenza sessuale, contatto epidermico con la zona erogena o atti prolungati di palpeggiamento, non necessità (Cass. pen., n. 40973/2013)

Redazione 04/10/13
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Ritenuto in fatto

1.1. Con sentenza dei 12 novembre 2012 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Latina del 20 gennaio 2012 con la quale D.A. era stato ritenuto colpevole del reato di violenza sessuale (art. 609 bis cod. pen.) e condannato alla pena di anni due di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge.
1.2. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo due motivi: con il primo, lamenta mancanza di motivazione e manifesta illogicità per avere la Corte territoriale, con argomentazione apparente, confermato la volontà querelatoria da parte della persona offesa ed, ancora, per avere ritenuto sussistente il reato di violenza sessuale, pur non ricorrendone gli elementi costitutivi, al più sintomatici per la configurabilità del reato di molestia. Con il secondo motivo la difesa lamenta analogo vizio motivazionale sotto il profilo della insufficienza e genericità in ordine alla mancata concessione delle invocate circostanze attenuanti generiche.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato, oltre ad essere caratterizzato da quello stesso vizio di genericità che la difesa intende imputare alla sentenza impugnata.
2. Osserva, infatti il Collegio che i due motivi di ricorso ricalcano le doglianze formulate con l’atto di appello alle quali la Corte territoriale ha dato una risposta corretta e completa, pur nella sua estrema sinteticità. Vero è che la Corte territoriale ha impropriamente fatto cenno ad una ipotetica volontà da parte della persona offesa di rimettere la querela (circostanza a detta della Corte esclusa dal Tribunale), laddove poteva parlarsi solo di una possibile ed astratta possibilità di incertezza da parte della vittima circa la sua volontà querelatoria (così il Tribunale a pag. 3 della sentenza di primo grado). Si tratta, in ogni caso, di una motivazione ridondante, ricordandosi che in tema di reati sessuali – ed in particolare di quello previsto dall’art. 609 bis cod. pen. – la querela, una volta proposta, è irrevocabile (art. 609 septies comma 2°). Il motivo, comunque, ripropone negli stessi termini una censura che ha trovato risposta nella sentenza impugnata, risposta che, in relazione omogeneità delle due decisioni, può senz’altro definirsi adeguata, ricordandosi il principio secondo il quale la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, si salda e si integra con quella precedente di primo grado così giustificando da parte dei giudice di secondo grado una motivazione per relationem. (Cass, Sez. 2, 10.1.2007 n. 5606, ******** e altri; Rv. 236181; Cass. Sez. 1, 26.6.2000 n. 8868, *********, Rv. 216906; Cass. Sez. Un. 4.2.1992 n. 6682, Pm., p.c, ******** ed altri, Rv. 191229).
3. Altrettanto correttamente la Corte ha ribadito la sussistenza del reato di violenza sessuale – seppure nella forma attenuata ex art. 609 bis u.c. cod. pen. come già statuito dal Tribunale – sottolineando come, ai fini della configurabilità di tale fattispecie, non sia necessario né il contatto epidermico con la zona erogena, né il compimento di atti prolungati di palpeggiamento (al più, incidenti in ordine alle modalità del fatto ed all’elemento soggettivo del reato) (in termini Sez. 3^ 21.9.2011 n. 39710, *****. 251318; Sez. 3^ 15.4.2010 n. 21336, M., Rv. 247282; Sez. 4^ 3.10.2007 n. 3447, P. Rv. 238739).
3.1. Ed altrettanto correttamente la Corte ha escluso che la condotta contestata integrasse la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 660 cod. pen. nella forma della cd. “molestia sessuale”, richiamando le condotte ripetute di palpeggiamenti nei glutei e delle cosce delle due donne oggetto di attenzioni sessuali. Valgono, ancora una volta, i criteri interpretativi enunciati in materia da questa Sezione, tenuti presenti dalla sentenza impugnata (Sez. 3^ 12.5.2010 n. 27042, S. J., Rv. 248064; Idem 6.6.2008 n. 2772, B., Rv. 240829), secondo i quali il reato di violenza sessuale si configura laddove si verifichi una condotta consistente in un toccamento non casuale (la involontarietà toglierebbe valenza criminale al gesto dei glutei o di altre parti anatomiche “sensibili” anche al fuori di un contatto diretto con l’epidermide, mentre si versa nella ipotesi contravvenzionale della molestia “sessuale” solo in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall’abuso sessuale. (v. anche Sez. 3^ 25.1.2006 n. 7369, P.M. in proc, Castana Rv. 234070).
4. Quanto al secondo motivo – riguardante il diniego delle circostanze attenuanti generiche – la censura, oltre ad essere generica, in quanto ripetitiva di quanto già sottoposto all’esame del giudice di appello che ha fornito adeguata riposta sul punto, è anche platealmente infondata per quelle stesse condivisibili ragioni già espresse dalla Corte territoriale in merito alla irrilevanza di una situazione di rozzezza culturale quale giustificazione per l’ottenimento di dette attenuanti. Ed anzi la Corte distrettuale, nel valutare l’adeguatezza della pena, ne ha sottolineato la mitezza in funzione dell’avvenuto riconoscimento della circostanza diminuente di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis cod. pen.
5. Alla pronuncia di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento – trovandosi egli in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di € 1.000,00 (che si ritiene congrua) in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1,000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Redazione