Verifica fiscale valida anche se il verbale non è firmato dal titolare (Cass. n. 23839/2013)

Redazione 21/10/13
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Ordinanza

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. stacc.. di Catania, n. 88/34/10, depositata il 22 febbraio 2010, con la quale, rigettato l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione di R.P., relativa all’avviso di accertamento inerente all’Irpef, Irap, *** ed addizionale regionale per l’anno 1999, in ordine all’attività di gestione di una rosticceria e pizzeria in regime di impresa familiare, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che la verifica fiscale non era stata svolta in presenza della titolare, ma del collaboratore familiare; l’atto impositivo si basava su dati acquisiti non in modo legittimo nel corso della verifica stessa; l’avviso di accertamento perciò era carente dei presupposti. P. resiste con controricorso, ed a sua volta ha proposto incidentale condizionato.

Motivi della decisione

Innanzitutto va rilevato che entrambi i ricorsi vanno riuniti ex 335 cpc essendo stati proposti avverso la medesima decisione.
A) Ricorso principale
3. Col secondo motivo, che viene esaminato prima, avendo esso carattere preliminare, la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione, in quanto la CTR non indicava le ragioni per le quali non teneva in alcun conto che, come specificato col ricorso in appello, la contribuente era presente alla verifica della Guardia di finanza, e si era rifiutata di firmare il verbale, che le era stato consegnato; C., collaboratore familiare, è il marito, ed egli era perfettamente a conoscenza della gestione dell’impresa, cui pure partecipava nella qualità; pertanto alcuna violazione o pregiudizio poteva essersi verificato in danno della contribuente.
Il motivo è fondato. Invero l’avviso di accertamento, rappresentando l’atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi diversi, può essere motivato “per relationem”, anche con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio (nella specie il p.v.c. della Guardia di finanza), senza che ciò arrechi alcun pregiudizio al diritto del contribuente. La scelta in tal senso dell’Amministrazione finanziaria non può essere di per sé censurata dal giudice di merito, al quale, invece, spetta il potere di valutare se, dal richiamo globale all’atto strumentale, sia derivata un’inadeguatezza o un’insufficienza della motivazione dell’atto finale. Pertanto il contribuente che intenda contestare l’accertamento dell’adeguatezza della motivazione “per relationem” in sede di legittimità deve specificamente indicare le cause della sua inadeguatezza nei motivi di ricorso, mentre invece a tanto P. non aveva ottemperato nella specie (Cfr. anche Sentenze n. 2907 del 10/02/2010, n. 7766 del 2008).
Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato, oltre che giuridicamente corretto.
3. Il primo motivo, attinente a violazione di norma di legge in ordine alla inammissibilità di quello aggiunto con la memoria, circa la pretesa assenza della contribuente alla verifica, e che non scaturiva da documenti prodotti dalla controparte, rimane assorbito, anche se anch’esso è fondato, atteso che il tema devoluto al giudice con gli atti introduttivi non può essere ampliato successivamente con una memoria, risolvendosi tale atteggiamento in una violazione dei diritti di difesa della controparte.
Perciò anche su tale punto la decisione impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.
4. Col terzo motivo la ricorrente denunzia violazione di norma di legge, atteso che il giudice di appello non considerava che, contrariamente alla sede penale, in materia tributaria invece non ogni eventuale irregolarità comporta la inutilizzabilità dei dati, documenti ed elementi acquisiti dall’amministrazione finanziaria.
La censura è fondata, atteso che l’agenzia era in possesso di tutti gli elementi raccolti dalla Guardia di finanza circa la dedotta inattendibilità della contabilità dell’interessata, nei cui confronti perciò di era avvalsa del metodo induttivo. Infatti, com’è noto, in materia tributaria, non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento comporta, di per sé, l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio (V. pure Cass. Sentenze n. 27149 del 16/12/2011, n. 22984 del 2010).
B Ricorso incidentale condizionato
5. Col motivo addottone a sostegno la ricorrente per incidente lamenta il vizio di omessa pronuncia, poiché il secondo giudice non avrebbe delibato la questione attinente alla carenza dei presupposti dell’avviso di accertamento, anche per irrilevanza degli elementi probatori assunti.
Si tratta all’evidenza di doglianza che rimane assorbita da quanto enunciato rispetto al ricorso principale, anche perché formulata in modo generico, senza la riproduzione del tratto specifico dell’atto di controdeduzioni, col conseguente difetto di auto- sufficienza. Inoltre – “ad abundantiam” – essa risulta destituita di fondamento alla luce delle osservazioni e considerazioni inerenti ai vari motivi come sopra esaminati.
6. Ne deriva che il ricorso principale va accolto; l’altro incidentale va rigettato, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al primo, con rinvio al giudice di appello, altra sezione, per nuovo esame, il quale dovrà uniformarsi ai suindicati principi di diritto.
Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, accoglie quello principale incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al primo, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Sicilia, altra sezione, per nuovo esame.

Redazione