Validità del CID supportato da materiale fotografico (Cass. n. 24745/2013)

Redazione 05/11/13
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IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“1 – Con la sentenza impugnata depositata il 16/08/2011, il Tribunale di Trento respingeva l’appello interposto dalla società sopra indicata – confermando la sentenza di primo grado che ne aveva rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti del G. e della sua Compagnia assicuratrice R. – affermando che la stessa non aveva fornito la prova dei presupposti soggettivi ed oggettivi dell’errore di fatto rilevante ex art. 2732, il quale unicamente avrebbe potuto infirmare l’efficacia di piena prova legale delle dichiarazioni sottoscritte nel CID, la cui attendibilità era peraltro corroborata dal materiale fotografico e dalle risultnze della c.t.u.
2. La società ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1. violazione artt. 61, 115, 116 c.p.c. 2054, II comma, c.c.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto non dimostrata la dinamica dell’incidente; per non aver adeguatamente valutato la CTU e per non aver applicato il principio legale del concorso di colpa;
2.2. violazione degli artt. 246, 232, 234 c.p.c. e 2730 c.c.; carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per avere erroneamente ritenuto l’incapacità a testimoniare dei testi da lei addotti e per avere erroneamente valutato alcune dichiarazioni in atti.
3.1. – Il ricorso risulta manifestamente privo di pregio. Premesso in linea di diritto (Cass. Sez. Un. n. 10311 del 2006; nonché Cass. n. 16376/10;
12866/09; 1680/08; 12257/07) che va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.l.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confìtente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733 c.c., comma 3, secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice, osserva la Corte (premesso che nessuno ha impugnato la sentenza sul punto del valore confessorio attribuito al contenuto del CID) che il Tribunale ha comunque valutato ed indicato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere che le dichiarazioni contenute nel modulo risultavano attendibili, procedendo a tale apprezzamento in considerazione di tutte le risultanze processuali (fotografie, esiti della c.t.u., dichiarazioni testimoniali). Trattasi di accertamento di fatto adeguatamente e razionalmente motivato e, quindi, non sindacabile in sede di legittimità.
3.2. Inoltre, le censure non tengono conto dell’effettiva ratio decidendi:
3.2.1. quanto alla valutazione della CTU (l motivo), prescindono dalla chiara motivazione del Tribunale secondo cui le risultanze di essa sfociano nel senso “dell’imp0ssibilità di una ricostruzione affidabile del sinistro alla luce del materiale in possesso del Consulente d’ufficio”, sicché la valutazione vi é stata, liapprezzamento relativo è stato motivato, anche se diverge da quello auspicato dal ricorrente; ma ciò non è censurabile in questa sede neanche ex art. 360 n. 5 c.p.c.;
3.2.2. quanto alla censura contro la pretesa ritenuta incapacità a testimoniare, essa si rivela inammissibile non tenendo assolutamente conto – c non impugnando specificamente – dell’altra ratio decisiva ed assorbente espressa dal Tribunale, secondo cui “a prescindere da ogni valutazione in merito alla capacità a testimoniare di M. e N., alla luce delle dichiarazioni di piena prova delle dichiarazioni confessorie rese dall’appellante, non è ammessa la prova contraria in base alle disposizioni di cui agli artt. 2733, 2734 e 2735 c.c.”.
4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.
H.A. ha presentato procura.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;
le spese seguono la soccombenza a favore della parte costituita;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio a favore della parte costituita, che liquida in Euro 1300,00=, di cui Euro 1100,00= per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013

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