Valida la testimonianza del minore vittima di violenza sessuale anche in assenza di perizia (Cass. pen. n. 40342/2012)

Redazione 15/10/12
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1. C. C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma di quella del tribunale della medesima città emessa in data 18.3.2011, ha confermato la declaratoria di condanna per i reati di tentata violenza sessuale e di violenza sessuale nei confronti di soggetti minorenni commessi rispettivamente in danno di S. L. – con cui era in rapporti per prestazioni lavorative presso il suo negozio e per l’amicizia con i figli G. e I.(capo a) dell’imputazione) -, C. A. – con la quale era entrato in contatto per un rapporto di lavoro come baby sitter (capo b dell’imputazione) – e della figlia I. C. (capo c) dell’imputazione), ritenendo per quest’ultimo capo la responsabilità dell’imputato anche per l’episodio di abuso che, secondo l’originaria contestazione, si sarebbe verificato in occasione di un viaggio in nave cui aveva partecipato anche G., episodio per il quale vi era stata invece assoluzione in primo grado.
2. Deduce in questa sede il ricorrente:
2.1 Vizio di motivazione e violazione di legge per non avere proceduto i giudici di appello ad una cauta e attenta valutazione della capacità e della idoneità dei minori, vittime degli abusi contestati, a rendere testimonianza, pur avendo i minori stessi evidenziato specifiche problematiche psicologiche, relazionali e di espressione.
2.2 Vizio di motivazione e violazione di legge per avere i giudici di appello fondato la declaratoria di responsabilità sulla pura congettura che i disagi dei minori sarebbero la prova inconfutabile della violenza subita.
2.3 Vizio di motivazione e violazione di legge sulla ritenuta intrinseca coerenza interna del racconto dei minori.
2.4 Vizio di motivazione e violazione di legge in ragione della parziale utilizzazione delle deposizioni dell’assistente sociale L. G. e della psicologa dott.ssa D. sulla credibilità e attendibilità dei minori.
2.5 Vizio di motivazione, travisamento della prova e violazione di legge in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato in ordine all’episodio della nave di cui al capo c) non avendo tra l’altro i giudici di appello tenuto in considerazione il mutamento di versione della ragazza e le dichiarazioni rese dalla madre della stessa.
2.6 Vizio di motivazione, travisamento della prova in ordine al valore probatorio ed alla portata della testimonianza della minore C.
2.7 Vizio di motivazione, travisamento della prova in ordine al valore probatorio ed alla portata della testimonianza del minore C. A.
2.8 Vizio di motivazione, travisamento della prova in ordine alla testimonianza di G. C. per la violenza in danno di L.

Ritenuto in diritto

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto rigettato.
1.1 Come premesso dallo stesso difensore nei motivi di ricorso le censure alla impugnata sentenza si basano su due rilievi di fondo.
Per un verso si contesta con i primi due motivi che nel valutare il valore probatorio delle testimonianze dei minori, la corte di merito, pur in presenza di specifiche problematiche psicologiche, relazionali e di espressione manifestate da ciascun minore, non avrebbe proceduto alla necessaria analisi della capacità testimoniale degli stessi, anche attraverso una perizia, giungendo anzi a ravvisare arbitrariamente negli asseriti abusi la causa delle condizioni psichiche e delle difficoltà relazionali dei minori stessi.
1.2 Il secondo nucleo dei rilievi – oggetto dei restanti motivi – si incentra su asseriti vizi di legittimità riconducibili alla mancata valutazione di risultanze probatorie emerse in dibattimento ed alla mancata valutazione complessiva dei dati in possesso del giudicante nonché sulla contraddittorietà dell’iter logico argomentativo della motivazione – soprattutto con riferimento all’imputazione di cui al capo c) – nonché sul travisamento degli atti processuali.
Ora per quanto concerne le doglianze contenute nei primi due motivi osserva il Collegio che i giudici di appello hanno esaustivamente esaminato il tema essenziale del processo, fondamentalmente legato alla attendibilità dei minori C. A., S. L. e I. C. giungendo, con motivazione logica e corretta, ad escludere qualsiasi possibilità di “complotto calunniatorio” dell’imputato ordito dai minori con il sostegno estremo di G. C. a fini ritorsivi, controbattendo con argomentazioni puntuali i rilievi della difesa incentrati sulla mancanza di indipendenza tra le tre denunce imputato all’esistenza di un rapporto amicale che avrebbe legato le tre vittime e sui tempi cronologicamente sospetti delle loro denunce. Al riguardo i giudici di merito logicamente hanno evidenziato per un verso che nessuno dei tre minori avrebbe voluto denunciare i fatti d’abuso e, per altro verso, l’autonoma attivazione, in tempi diversi, delle segnalazioni di abuso da parte delle strutture territoriali preposte (la ASL di Sanluri nei casi di S. L. ed N. C.; il Comune di Pabillonis, nel caso di C. A.)
Né vale eccepire in questa sede la mancanza di una perizia sui minori.
Vanno anzitutto premessi in proposito gli arresti di questa Corte secondo cui in tema di reati sessuali nei confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare non rende per ciò stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, giacché un tale accertamento, seppure utile laddove si tratti di minori di età assai ridotta, non è tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell’attendibilità, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità (Sez. 3, n. 38211 del 7/07/20ll Rv. 25l38l) e che in tema di valutazione della testimonianza del minore persona offesa del reato di violenza sessuale, non ricorre la necessità di indagine psicologica in relazione alle dichiarazioni di persona adolescente, la cui naturale maturazione è connessa all’età, ove si possa escludere la presenza di elementi, quali una particolare predisposizione all’elaborazione fantasiosa o alla suggestione, tali da rendere dubbio il narrato (Sez. 3, n. 44971 del 6/11/2007 Rv. 238279).
Ciò posto avendo la corte di appello escluso con motivazione logica e congruente la fantasiosità delle accuse o l’artificiosità delle medesime, correttamente ha dedotto – citando peraltro in proposito anche le testimonianze in atti – che i disagi dei minori non potessero che essere conseguenza degli abusi ritenendo di conseguenza superfluo l’accertamento peritale per approfondire la capacita dei minori stessi a rendere le testimonianza.
2. Sostanzialmente inammissibili si appalesano invece gli altri motivi di ricorso a proposito dei quali occorre ribadire anzitutto i limiti del giudizio di legittimità.
Al riguardo le Sezioni Unite, come noto, hanno affermato, infatti, che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (SU 1997 n. 6402, Rv 207944, ********* ed altri). Si è poi puntualizzato anche che il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite costituito dal “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 Rv. 243636).
Nello specifico si rileva anzitutto l’assoluta infondatezza del terzo motivo.
Non possono essere ritenute infatti assolutamente di stile le affermazioni dei giudici di appello circa l’attendibilità dei racconti dei minori, cosi come affermato dal ricorrente, in quanto si appalesano senz’altro adeguate e pertinenti le considerazioni incentrate sulla reiterazione dei racconti, sull’assenza di moventi adeguati a giustificare accuse tanto gravi ed infamanti verso il C. sulla genuinità, e l’indipendenza dei racconti, sull’inesistenza di manipolazioni esterne (la corte di merito dà anzi atto del senso di vergogna delle vittime e del pudore nell’informare gli stessi familiari dell’accaduto) o di fenomeni di autosuggestione, sulla logicità, coerenza e verosimiglianza delle circostanze narrate, sull’esistenza di riscontri ai particolari narrati mai sostanzialmente smentiti dal C. limitatosi a negare solo i fatti storici degli abusi.
La verifica dell’adeguatezza del racconto tiene peraltro espressamente e correttamente conto anche dell’età e del grado di maturità delle vittime motivatamente ritenute lontane dall’enfatizzare l’esperienza vissuta.
In relazione al quarto ed al quinto motivo nessuna decisività assume per il contenuto dei racconti la circostanza che i minori non avrebbero assunto alcun percorso terapeutico ma svolto dei semplici colloqui di consulenza presso le ASL.
Quanto al merito delle valutazioni, si richiama quanto detto in precedenza sulla complessità delle modalità di accertamento dell’attendibilità dei minori e della credibilità dei racconti.
Attengono infine al merito della valutazione le circostanze che si assumono pretermesse dal giudice di appello all’atto della condanna per l’episodio avvenuto in nave non potendosi in questa sede riconsiderare il merito della valutazione degli elementi probatori ed avendo i giudici di appello alle pagg. 86 e ss. correttamente e logicamente dato conto delle ragioni per le quali era effettivamente credibile che l’episodio contestato in occasione di un viaggio per mare fosse veritiero sia con riferimento alle dichiarazioni in atti che alla documentazione prodotta comprovante l’abitualità nell’utilizzo del trasporto navale da parte dell’imputato.
Ed anche di merito sono le considerazioni poste a supporto del sesto motivo sul racconto di I. di cui si cerca di dimostrare l’inaffidabilità attraverso l’indicazione di asserite contraddizioni e, quindi, di un sostanziale travisamento della prova non più deducibile in questa sede, come detto in precedenza, in presenza di due motivazioni di merito conformi.
Analoghe considerazioni valgono, infine, per il settimo e l’ottavo motivo incentrati rispettivamente sulle dichiarazioni di C. A. e S. L.
3. Al rigetto del ricorso consegue l’onere per il ricorrente del pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 18.9.12

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