Un uomo vuole acquistare la stanza nr. 206 di un albergo, ma vuole 5 posti letto e non 4: contratto risolto (Cass. n. 9185/2013)

Redazione 16/04/13
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Svolgimento del processo

B..F. conveniva davanti il Tribunale di Milano la Domina Hotel E Comproprietà Alberghiere S.p.a., premettendo: 1) che, con contratto preliminare di vendita dell’11.7.1992, esso attore aveva promesso di acquistare dalla Alaska S.r.l. (società successivamente incorporata dalla società convenuta) – che aveva promesso di vendere — la quota di proprietà indivisa di 0,61 millesimi del complesso alberghiero denominato (omissis) ; 2) che la suddetta quota era stata individuata in “un diritto di fruizione perpetua dell’immobile nei limiti della quota” e “di prenotazione relativamente al bilocale sito al secondo piano” (camera 206), caratterizzato dalla ricettività di 5 posti letto; 3) che il prezzo era stato pattuito in L. 75.210.000 (*** inclusa) ed era stato pagato dall’attore; 4) che una delle qualità essenziali promesse del suddetto bilocale (5 posti letto) era risultata legalmente impossibile; 5) che, infatti, le amministrazioni pubbliche competenti avevano successivamente attestato che, in base al certificato sanitario del 12.12.1991, la capacità ricettiva della camera 206 era di 4 posti letto, circostanza quest’ultima dolosamente occultata dalla convenuta;
ciò posto, l’attore chiedeva: a) che il sopra menzionato contratto preliminare dell’11.7.1992 fosse annullato per errore essenziale o per dolo; b) in subordine, che il contratto stesso fosse dichiarato risolto per inadempimento della promittente venditrice oppure a norma dell’art. 1489 c.c. ed in ulteriore subordine, che il prezzo fosse ridotto; d) che la convenuta fosse condannata a restituirgli la somma pagata o quella versata in eccedenza, oltre gli interessi legali.
La Domina Hotel E Comproprietà Alberghiere s.p.a. chiedeva che l’azione di annullamento fosse dichiarata prescritta e nel merito, che le anzidette domande fossero respinte; in via riconvenzionale, chiedeva che, a norma dell’art. 2932 c.c., fosse disposto il trasferimento della quota oggetto del menzionato contratto preliminare da essa società al F. .
Con sentenza n.7283/01 del 13.6 – 25.6.2001, il tribunale così provvedeva: 1) dichiarava risolto, per fatto e colpa della convenuta, il contratto preliminare di compravendita dell’11.7.1992; 2) condannava la Domina Hotel E Comproprietà Alberghiere s.p.a. a restituire al F. la somma di L. 75.000.000, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo.
Il primo Giudice, nel ritenere l’inadempimento della convenuta, affermava che il bilocale oggetto del preliminare non aveva la ricettività di cinque posti letto pattuita dalle parti.
Con sentenza dep. il 18 gennaio 2006 la Corte di appello di Milano rigettava l’impugnazione proposta dalla la Domina Vacanze s.p.a. (già Domina Hotel E Comproprietà Alberghiere s.p.a.).
Nel respingere il primo motivo con il quale l’appellante aveva dedotto che oggetto del contratto intercorso fra le parti era la quota indivisa e che la camera non individuerebbe l’oggetto del diritto di comproprietà, i Giudici ritenevano che a stregua di una interpretazione secondo buona fede il numero dei posti letto della camera era stato considerato essenziale per la realizzazione dell’utilità perseguita dall’acquirente e il prezzo era stato determinato in relazione alla ricettività pattuita che prevedeva due posti letto + 3 divano letto.
Era disatteso anche il motivo con il quale la convenuta aveva sostenuto che, in base alle disposizioni legislative e regolamentari, la superficie della camera consentisse la ricettività di cinque posti letto. Dopo avere rilevato l’inammissibilità dei regolamenti e dei documenti prodotti per la prima volta in sede di gravame, i Giudici ritenevano che comunque anche, tenendo conto di tale documentazione, non si sarebbe pervenuti a una soluzione diversa da quella del Tribunale. Dalla nota della Provincia di Belluno del 16-8-1996 era risultato che, in base al certificato sanitario rilasciato il 18-12-1991, la capacità recettiva era di quattro posti letto : il che era confermato da quanto emerso dalla nota del 23-8-1996 del Comune di Cortina D’Ampezzo nonché dal parere dell’USL di (omissis). D’altra parte, era escluso che la riduzione de 20% della superficie minima prevista per le camere a due letti potesse estendersi, come invece preteso dall’appellante, per ogni letto in più. Inoltre, la sentenza riteneva che non fosse affatto provato che il volume della camera, sulla base del quale la ricorrente aveva compiuto il calcolo della superficie minima necessaria per desumerne la ricettività, fosse di me. 74,77, essendo stato contestato da controparte. La convenuta neppure aveva chiesto una nuova autorizzazione sanitaria al fine di abilitare la camera 206 per cinque posti letto.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Domina Vacanze s.p.a. sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la parte intimata.

 

Motivi della decisione

1.1.- Il primo motivo censura la sentenza che aveva risolto il contratto de quo per inadempimento, quando nessun adempimento vi era stato da parte della convenuta che aveva consegnato all’attore – che l’aveva anche utilizzata – la camera n. 206, confondendo il concetto di esatto adempimento con quello di contratto illegale o illecito per contrarietà a prescrizioni amministrative, peraltro insussistenti.
1.2.- Il motivo è infondato.
La sentenza, nel pronunciare la risoluzione del preliminare intercorso fra le parti per inadempimento della convenuta, ha ritenuto che il bene consegnato in esecuzione del contratto non aveva le qualità essenziali che erano state pattuite, avendo accertato, da un lato, quella che, in base all’interpretazione del preliminare, era stata la volontà delle parti e, dall’altro, la ricettività per quattro e non cinque posti della camera, avendo dato rilevanza alle autorizzazioni amministrative soltanto sotto quest’ultimo profilo ovvero per verificare se il bene consegnato all’acquirente avesse le qualità promesse.
2.1. – Il secondo motivo denuncia la violazione delle norme di legge nonché dei regolamenti igienico edilizi del Comune di Cortina d’Ampezzo.
Nel compiere l’excursus sulla legislazione in materia di ricettività alberghiera, censura la sentenza che, nel ritenere la ricettività per quattro anziché cinque posti del bilocale de quo, non aveva considerato che, innovando a quanto stabilito dal r.d. n. 1102 del 1925 come modificato dal d.p.r. 1437/1970, l’art. 5 comma 8 legge regionale n. 24 del 1988 e il comma 9, aggiunto dalla legge n. 19 del 1995, consentivano la riduzione del 20% della superficie della cubatura per le camera a due letti fissata dai regolamenti comunali e che avrebbe dovuto applicarsi per ogni letto in aggiunta; tale previsione era stata recepita dal successivo regolamento edilizio Comune di Cortina d’Ampezzo e confermata dalla n. 26 del 1997 nonché da quella n. 33 del 2002; la Giunta Regionale Veneto, con deliberazione n. 806 del 2006, aveva poi ulteriormente ridotto la cubatura minima; secondo il calcolo compiuto da essa ricorrente, la camera aveva la ricettività di cinque posti letto. I Giudici, nel dare rilievo all’autorizzazione sanitaria del 1991, non avevano considerato che la stessa era stata rilasciata in base alla normativa che era stata modificata dalla successiva legislazione. La ricorrente non aveva ragione per chiedere una nuova autorizzazione, avendo il certificato di agibilità, mentre il pare dell’ASL può essere sostituito da autocertificazione.
La effettiva cubatura della camera era provata documentalmente e comunque poteva essere dimostrata con consulenza tecnica.
2.2.- Il motivo è infondato.
La sentenza ha accertato che la ricettività della camera non era conforme a quella che era stata convenuta dalle parti, alla stregua di quanto emerso dalla nota della Provincia di Belluno del 16-8-1996 da cui era risultato che, in base al certificato sanitario rilasciato il 18-12-1991, la capacità recettiva era di quattro posti letto : il che era confermato da quanto emerso dalla nota del 23-8-1996 del Comune di Cortina D’Ampezzo I Giudici hanno ancora posto in rilievo che comunque la ricorrente non aveva chiesto ottenuto una nuova autorizzazione per la ricettività pari a cinque posti letto.
Orbene, il motivo – volto a sostenere l’erroneità della decisione alla stregua delle previsioni dei regolamenti edilizi che avrebbero recepito la riduzione della superficie minima consentita dalla legge regionale e poi confermata anche dal provvedimento della Giunta regionale – non censura la statuizione di inammissibilità, formulata dalla Corte, della produzione dei documenti depositati per la prima volta in appello, per cui rimane precluso l’esame del questioni circa il valore e il contenuto di quelle disposizioni, dovendo ritenersi prive di valore decisorio le successive argomentazioni poi compiute dai Giudici, i quali non avrebbero potuto esaminare documentazione la cui produzione era stata ritenuta inammissibile.
Al riguardo, va ricordato che con la memoria deposita ex art. 378 cod. proc. civ., possono illustrarsi i motivi già formulati ma non possono dedursi motivi nuovi, di guisa che sono inammissibili le deduzioni formulate dalla ricorrente a proposito dell’ammissibilità della documentazione prodotta in appello.
Ciò posto, il R.D. n. 1102 del 1925 rinviava ai regolamenti comunali la possibilità di ridurre la superficie minima richiesta per le camera di albergo, così come le leggi Regione Veneto n. 24 del 1988 e n. 24 del 1997 consentivano di prevedere) la riduzione, dovendo comunque la relativa disciplina in concreto essere recepita dai regolamenti comunali;
qui occorre chiarire – atteso che la ricorrente denuncia la violazione di tali leggi – che la disciplina al riguardo dettata nell’interesse generale sulle condizioni con le quali deve essere svolta l’attività alberghiera hanno natura di atti amministrativi, non essendo integrativi di disposizioni di legge : il che invece si verifica, quando il legislatore rinvia alla disciplina regolamentare per tutelare posizioni di diritto soggettivo con norma di relazione, come ad es. nel caso di cui all’art. 873 cod. civ. dettato in materia di distanze legali a tutela del diritto del proprietario.
Pertanto, è priva di rilevanza nella presente sede la disposizione di cui alla richiamata delibera della Giunta regionale, intervenuta successivamente alla sentenza impugnata, laddove lo ius superveniens deducibile in cassazione concerne un provvedimento legislativo e non amministrativo, di cui è inammissibile anche la produzione. Infine, l’art. 24 del legge n. 33 del 2002 si limita a prevedere che è consentita la riduzione della superficie, necessariamente rimandando al regolamento comunale per la concreta disciplina.
Ciò posto, la sentenza ha ritenuto che – non sussistendo la corrispondenza fra la ricettività per la quale era stata rilasciata l’autorizzazione sanitaria e quella convenuta nel contratto né le condizioni per ottenerla – la mancanza delle qualità essenziali pattuite del bene oggetto della vendita era circostanza idonea a integrare l’inadempimento, essendo interesse dell’acquirente di ottenere il trasferimento di un bene che sia conforme ai requisiti di legge trattasi di accertamento di fatto, che è incensurabile in sede legittimità, se non per vizio di motivazione che nella specie non è stato neppure dedotto, dovendo qui ricordarsi che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico della ricorrente, risultata soccombente.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge.

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