Tributi: niente restituzione delle somme versate se il condono decade (Cass. n. 16984/2012)

Redazione 05/10/12
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 16/17/07, depositata il 16.4.07, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dalla Cooperativa La Fiorita Soc. Coop. a r.l. avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti della cartella di pagamento emessa a titolo di IRPEG, IVA ed IRAP, evase negli anni 1998, 1999 e 2001.

1.1. L’atto impositivo conseguiva al mancato pagamento, da parte della contribuente, delle somme dovute in conseguenza della procedura di definizione L. n. 289 del 2002, ex art. 15, avendo la medesima pagato solo una rata del condono, omettendo il pagamento della seconda e terza rata.

2. La CTR – in riforma della decisione di primo grado – riteneva, peraltro, che il condono non si fosse validamente perfezionato, ricorrendo la condizione preclusiva di cui all’ultima parte della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1, per avere il legale rappresentante della società avuto formale conoscenza dell’esercizio di un’azione penale nei suoi confronti per reati tributari, previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000. Ne sarebbe, pertanto, derivata, ad avviso del giudice di appello, l’inefficacia di tutti gli atti conseguenti al negozio transattivo intercorso tra la Coop. La ******* e l’amministrazione finanziaria, tra i quali il pagamento della prima rata del condono, che – in quanto detenuta dall’Ufficio sine titulo – avrebbe dovuto essere restituita alla contribuente.

3. Per la cassazione della sentenza n. 16/17/07 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, formulando un unico motivo. La cooperativa intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 6, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..

1.1. Il giudice di appello avrebbe, invero, manifestamente violato il disposto della norma suindicata, con l’affermare che – poichè a tenore della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1, il fatto che l’autore dell’istanza di condono sia un soggetto nei cui confronti sia stato avviato procedimento penale per il reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, preclude la definizione transattiva della vertenza tributaria – il condono proposto dalla Coop. La fiorita sarebbe inefficace, e la prima rata versata dalla contribuente dovrebbe, pertanto, esserle restituita. Osserva, per contro, l’amministrazione ricorrente che, a norma della stessa L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 6, qualora il condono non si perfezioni, poichè effettuato da soggetti che versano nella predetta condizione di cui al comma 1, gli importi versati restano acquisiti dall’Ufficio e valgono, in ogni caso, quali acconti sugli importi che risulteranno eventualmente dovuti dal contribuente, all’esito degli accertamenti definitivi.

2. La censura è pienamente fondata e deve, pertanto, essere accolta.

2.1. Va rilevato, infatti, che – nel caso concreto – la Cooperativa La Fiorita r.l., destinataria di un processo verbale di contestazione, notificatole dalla Guardia di Finanza di Pavia, ha presentato istanza di definizione transattiva della pendenza tributaria, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1.

A tenore della norma summenzionata – nella parte che qui interessa – i verbali di contestazione per i quali, alla data di entrata in vigore della suddetta L. n. 289 del 2002, non sia 3tato ancora notificato avviso di accertamento, ovvero ricevuto invito al contraddittorio, “possono essere definiti” secondo le modalità previste dalla stessa legge, “senza applicazione di interessi e sanzioni”. E tuttavìa, siffatta definizione “non è ammessa”, qualora l’autore dell’istanza di condono sia un soggetto nei cui confronti sia stato avviato procedimento penale per il reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza (art. 15, comma 1, Ultimo periodo).

2.2. Ebbene, osserva la Corte – pur dovendo ricontrarsi, nella specie, la sussistenza di tale condizione ostativa alla definizione del condono, del tutto incontroversa tra le parti – alla mancata definizione transattiva della pendenza fiscale non può, nondimeno, ascriversi il significato attribuitole – nel caso concreto – dalla CTR, secondo la quale al ricorrere di detta situazione personale del contribuente farebbe seguito l’inefficacia del condono, e la conseguente restituzione della prima rata corrisposta. Ed invero, rileva la Corte che, dall’esame dell’art. 15, comma 5, terzo periodo, si evince che, nelle ipotesi di rateizzazione dell’importo dovuto, l’accettazione della domanda di condono da parte dell’Ufficio competente, seguita dal pagamento della prima rata, comportano la definitiva sostituzione dell’obbligazione assunta dal contribuente, con la presentazione della domanda di condono, all’obbligazione tributaria originaria, oggetto della lite pendente. Ne discende che soltanto l’omesso versamento della prima rata comporta l’inefficacia dell’istanza di condono, con la conseguente perdita della possibilità di avvalersi della definizione agevolata. Per converso, in caso di mancata versamento delle rate successive, non si verifica l’inefficacia della definizione (L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 5), ma si procede ad iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, dell’importo dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, (cfr. Cass. 6370/06, 22788/06). Il che è puntualmente accaduto nel caso concreto, nel quale alla contribuente è stata notificata la cartella esattoriale, oggetto di impugnativa nel presente giudizio, per il recupero delle somme dovute all’Erario per le rate successive alla prima.

2.3. Da tali premesse discende che il condono non si perfeziona, ma resta – nondimeno – efficace, anche quando il soggetto che lo ha richiesto versa, come nel caso di specie, nella condizione di cui all’art. 15, comma 1, ultimo periodo, atteso che, come dianzi detto, solo la mancata accettazione della relativa domanda da parte dell’Ufficio ed il mancato pagamento della prima rata, determinano l’inefficacia dell’istanza di condono. Per contro, il ricorrere della condizione di cui alla norma summenzionata, comporterà esclusivamente l’iscrizione a ruolo delle rate, successive alla prima, non corrisposte. In tal caso, come si rileva dal tenore letterale della stessa L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 6, ancorchè la definizione transattiva non si perfezioni in siffatta ipotesi, pur tuttavia “non si fa luogo al rimborso degli importi versati che, in ogni caso, valgono quali acconti sugli importi che risulteranno eventualmente dovuti in base agli accertamenti definitivi”.

Nessuna restituzione alla contribuente è, dunque, ipotizzabile nel caso concreto – contrariamente all’assunto della CTR della Lombardia – ancorchè la definizione della vertenza tributaria non si sia perfezionata. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere accolto.

3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

5. Le spese del presente giudizio e quelle dei gradi di merito vanno poste a carico dell’intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente;

condanna l’intimata al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito, nonchè alle spese dei gradi di merito, che liquida in Euro 600,00 per diritti, ed Euro 700,00 per onorari, per ciascun grado di giudizio.

Redazione