Tribunale Forlì 16/5/2008

Redazione 16/05/08
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Con ricorso monitorio depositato in data 3.3.2005 l’ ing. ZZZ spiegava di aver ricevuto incarico dal Comune di Forlì, con contratti formalizzati in data 26.7.2000 (rep. 25202; incarico di progettazione esecutiva e piano sicurezza tangenziale est – 1° lotto: ***), 18.1.2001 (rep. 25394; modifica al contratto di incarico rep. 24549 del 27.10.1998 conseguente a variazione progettuale imposta dalla Soprintendenza) e 26.3.2002 (rep. 25854; integrazione al contratto di incarico rep. 25202 del 26.7.2000, conseguente a richieste espresse dal Ministero dell’ Ambiente in sede di valutazione impatto ambientale), di effettuare la progettazione esecutiva e il piano di sicurezza del primo lotto della tangenziale est di Forlì.
Il ricorrente aggiungeva che in data 29.3.2004 aveva inviato una lettera al Comune di Forlì con cui aveva fatto presente che l’ importo dei lavori era raddoppiato rispetto all’ originaria previsione, aveva rappresentato di aver dovuto redigere anche il piano di manutenzione dell’ opera ed aveva chiesto, di conseguenza, l’ autorizzazione al ricalcolo della propria parcella.
Il Comune di Forlì, pur riconoscendo la fondatezza della sua richiesta, aveva dapprima errato nell’ individuare il valore originario dell’ opera, quindi aveva proposto la liquidazione della somma di € 239.961,73 a tacitazione di ogni sua pretesa.
Sulla base di tali premesse l’ ing. ZZZ domandava che il Comune di Forlì fosse condannato al pagamento del suo credito professionale, che ammontava nel complesso a € 273.160.
Con decreto n. 236/05 emesso in data 17.3.2005 il Giudice del Tribunale di Forlì, in accoglimento del ricorso presentato, ingiungeva al Comune di Forlì il pagamento in favore dell’ ing. ZZZ della somma di € 267.290 a compenso dell’ attività professionale svolta per la progettazione del primo lotto della tangenziale est di Forlì.
Contro tale decreto proponeva tempestiva opposizione l’ amministrazione municipale ingiunta, la quale – premesso:
– che il compenso per lo svolgimento dell’ incarico professionale era stato inizialmente determinato nell’ importo di £. 280.000.000, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese;
– che con contratto del 26.3.2002 era stata disposta un’ integrazione all’ originario contratto, in base alla quale all’ ing. ZZZ era stata affidata la modifica degli elaborati del progetto definitivo del primo lotto della tangenziale est secondo le variazioni progettuali imposte dalla commissione plenaria insediata presso il Ministero dell’ Ambiente a fronte di un compenso aggiuntivo di € 47.410,74, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese;
– che la richiesta dell’ ing. ZZZ di una revisione dell’ importo iniziale concordato sul presupposto che l’ importo dei lavori era raddoppiato raggiungendo la somma di 46 miliardi di lire era stata riscontrata con lettera del 28.6.2004, in cui si era spiegato che la Giunta comunale si era dichiarata disposta ad un adeguamento proporzionale del corrispettivo inizialmente pattuito a € 195.090,74, oltre I.V.A. e oneri fiscali;
– che l’ ing. ZZZ aveva respinto tale proposta;
– che la Giunta Comunale in data 9.11.2004 aveva proposto al progettista la liquidazione della maggior somma di € 239.961,73 a tacitazione di ogni suo diritto o pretesa;
– che neppure su questa nuova proposta era stato raggiunto un accordo con il professionista;
– che, confidando in una soluzione positiva del contenzioso, aveva provveduto a liquidare all’ ing. ZZZ in data 23.3.2005 l’ importo di € 149.505,24, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese, in aggiunta all’ importo di € 172.815,33, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese, già corrisposto in data 29.1.2004 ed all’ importo di € 19.203,32, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese, versato in data 2.3.2005;
– di aver corrisposto all’ ing. ZZZ € 149.105,24 in più rispetto al compenso a blocco-forfait contrattualmente determinato;
– che il piano di manutenzione rientrava negli elaborati per la cantierabilità dell’ opera previsti all’ art. 3 del contratto e dunque non poteva essere compensato a parte;
– che le pretese economiche dell’ ing. ZZZ non potevano neppure essere opinate in base al D.M. 4.4.2001, che era stato annullato dal T.A.R. del Lazio con sentenza 7067/2002, non potevano ricomprendere il piano di manutenzione e dovevano essere decurtate del premio della polizza professionale del progettista, che doveva gravare su quest’ ultimo; – tanto premesso, domandava la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti e la condanna, in via riconvenzionale, dell’ ing. ZZZ alla restituzione dell’ importo di € 149.105,24 indebitamente percepito; in via subordinata l’ amministrazione municipale forlivese chiedeva che le pretese dell’ ing. ZZZ fossero congruamente ridotte, con detrazione sia degli acconti versati, sia del premio della polizza assicurativa contratta dall’ ing. ZZZ a copertura degli oneri ex art. 105 d.P.R. 554/1999 e con condanna della controparte alla restituzione di quanto ricevuto in eccedenza.
ZZZ, nel costituirsi in giudizio, da una parte ribadiva che il compenso originariamente stabilito doveva essere rivisto sia per l’ avvenuto aumento del costo dell’ opera che per la redazione del piano di manutenzione, dall’ altra rappresentava che il Comune di Forlì, con delibera di Giunta del 28.6.2004, aveva stabilito di considerare nulla e di nessun effetto l’ originaria pattuizione contrattuale, rendendo così inevitabile il ricorso alle tariffe professionali per determinare l’ ammontare delle sue spettanze.
L’ ing. ZZZ pertanto, dopo aver precisato che il proprio credito professionale alla data di notifica del provvedimento monitorio era pari a € 267.290 e che il Comune di Forlì il successivo 4.4.2005 gli aveva corrisposto tramite bonifico la somma di € 121.818 oltre accessori, chiedeva la condanna dell’ amministrazione municipale al pagamento della residua somma di € 145.472 oltre C.P.I. e I.V.A..
La causa, istruita documentalmente e con l’ espletamento di prove orali, è stata trattenuta in decisione all’ udienza del 30 gennaio 2008 sulle conclusioni rassegnate dalle parti nel senso indicato in epigrafe.

Motivi della decisione
E’ bene ripercorrere, in esordio, lo sviluppo del rapporto contrattuale intercorso fra le odierne parti.
Con contratto del 26.7.2000, rep. 25202 (doc. 1 di parte opponente), il Comune di Forlì diede incarico all’ ing ZZZ di redigere il progetto esecutivo e il piano sicurezza relativi al primo lotto della tangenziale est.
Questo contratto prevedeva che l’ opera professionale, definita nel dettaglio all’ allegato A, fosse compensata "per un importo a blocco forfait pari a £. 280.000.000 I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese".
Con successivo contratto del 26.3.2002, rep. 25854 (doc. 2 di parte opponente), le parti convennero di integrare il precedente contratto in conseguenza delle richieste espresse dal Ministero dell’ Ambiente in sede di valutazione di impatto ambientale; al professionista quindi fu conferito un supplemento di attività "con conseguente integrazione del richiamato contratto originario rep. gen. 25203/00 per ulteriori netti € 38.734,26 oltre a C.N.P.A.I.A. ed I.V.A. al 20% per un importo totale di € 47.410,74" (pag. 3 del contratto).
L’ art. 9 del contratto 25203, a seguito di tale integrazione, venne dunque modificato nel senso che "al tecnico incaricato" era "riconosciuta la somma a blocco-forfait di € 192.018,68 (I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese)" (pag. 5 del contratto 25854).
Non vi è dubbio quindi che le parti abbiano espressamente pattuito che l’ opera professionale che ZZZ avrebbe prestato sarebbe stata compensata con la cifra complessiva di € 192.018,68.
Tale somma non può essere modificata in ragione del raddoppio dell’ importo dei lavori originariamente previsto, come vorrebbe l’ odierno opposto.
Invero la determinazione di un compenso a blocco-forfait comportava una determinazione del compenso in maniera globale senza alcuna correlazione con il valore e l’ entità delle prestazioni professionali che sarebbero state rese.
Giova ricordare che nel caso in cui il compenso del professionista sia stato liberamente pattuito con il cliente il giudice non ha il potere di modificarlo al fine di adeguarlo, ai sensi dell’ art. 2233, 2° c., c.c., all’ importanza dell’ opera prestata ed al decoro della professione; allo stesso modo non risulta applicabile al rapporto di lavoro autonomo la tutela concessa dall’ art. 36 della Costituzione ("Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all’importanza dell’ opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’ art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’ art. 36, 1° c., Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato" Cass. 28.1.2003 n. 1223).
L’ accordo delle parti, stante il carattere gerarchico dell’ elencazione contenuta nell’ art. 2233, 1° c., c.c., non può dunque essere superato, non risultando dimostrato che l’ autonomia contrattuale abbia in qualche modo leso i minimi tariffari all’ epoca esistenti e tenuto conto peraltro che l’ inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti per gli ingegneri e gli architetti è circoscritta dall’ art. 6 l. 1 luglio 1977 n. 404 – di interpretazione autentica dell’ articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340 – ai soli incarichi professionali privati e non vale per gli incarichi conferiti da enti pubblici (cfr. Cass. 8.10.2004 n. 20039).
Per il contratto d’ opera per di più non è previsto, a differenza di quanto stabilisce per l’ appalto l’ art. 1664 c.c., la possibilità di rivedere il corrispettivo pattuito nel caso in cui si verifichino imprevedibili aumenti o diminuzioni dei costi che incidano in misura superiore ad un decimo sul prezzo complessivo convenuto, rimanendo così applicabile in questo ambito solamente il generale rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c..
L’ accordo contrattuale raggiunto fra le parti con il perfezionamento del contratto del 26.3.2002 non risulta poi superato da successive intese fra le parti.
E’ ben vero che il Comune di Forlì, recependo la richiesta di revisione del compenso presentata dell’ ing. ZZZ, propose con nota del 28.6.2004 di elevare il compenso da € 118.143,73 a € 195.090,74 oltre a oneri fiscali e previdenziali; tale proposta tuttavia non fu accettata dall’ odierno opponente, il quale espressamente rispose all’ amministrazione municipale in data 7.7.2004 sostenendo di non poter aderire "alla proposta di ridefinizione del mio compenso, così come formulata, perché del tutto errata" (doc. 6 di parte opponente).
La Giunta comunale, nel corso della seduta del 9.11.2004, propose al progettista di definire il contenzioso che stava nascendo in via transattiva tramite la corresponsione della maggior somma di € 239.961,73; tale proposta venne ancora una volta declinata da ZZZ, come risulta dalla nota del responsabile dell’ unità legale del Comune di Forlì (doc. 12 di parte opponente) e dalla lettera del legale dell’ ing. ZZZ del 19.1.2005 (doc. 15 di parte opponente).
Né è possibile sostenere, come vorrebbe l’ odierno opposto, che il Comune di Forlì abbia deliberato di considerare nulla e di nessun effetto l’ originaria pattuizione contrattuale, rendendo così inevitabile il ricorso al criterio sussidiario delle tariffe professionali previsto dall’ art. 2233 c.c..
La delibera di Giunta dell’ 8.6.2004 invero si limita infatti a prendere atto del fatto che la domanda di revisione dei compensi trovava giustificazione nel maggior valore dell’ opera progettata ed a proporre un aumento del compenso correlato all’ aumento del valore dell’ opera progettata.
Per di più la delibera di Giunta costituisce un atto della pubblica amministrazione inidoneo ad influenzare in via unilaterale le sorti del precedente negozio, la cui efficacia avrebbe potuto essere superata soltanto tramite un nuovo contratto, da perfezionarsi con la necessaria forma scritta, che consacrasse la volontà delle parti di rideterminare il compenso professionale spettante all’ ing ZZZ.
In sostanza mai il Comune di Forlì ha inteso considerare nullo e di nessun effetto l’ accordo contrattuale precedentemente raggiunto con l’ ing. ZZZ; in ogni caso, quand’ anche l’ odierno opposto avesse accolto le proposte dell’ amministrazione municipale, la mancata consacrazione della volontà negoziale in un nuovo contratto scritto avrebbe comunque reso nulla l’ intesa eventualmente raggiunta ("Il contratto d’ opera professionale stipulato con la pubblica amministrazione – nella specie, un Comune -, anche se questa agisca iure privatorum, deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta ex artt. 16 e 17, R.D. n. 2440 del 1923; l’ osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell’ organo dell’ ente legittimato ad esprimerne la volontà all’ esterno, nonchè l’ indicazione dell’ oggetto della prestazione e l’ entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti – quali, ad esempio, la delibera dell’ organo collegiale dell’ ente che abbia autorizzato il conferimento dell’ incarico, ovvero una missiva con la quale l’ organo legittimato a rappresentare l’ ente ne abbia comunicato al professionista l’ adozione – ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell’ accettazione da parte del medesimo professionista, poichè non è ammissibile la stipula mediante atti separati sottoscritti dall’ organo che rappresenta l’ ente e dal professionista, prevista esclusivamente per i contratti conclusi con imprese commerciali. Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e, conseguentemente, l’ eventuale concessione da parte dell’ ente conferente di proroghe per l’ esecuzione, ovvero l’ inoltro della delibera di conferimento dell’ incarico agli organi di controllo non possono configurare una ratifica, che riguarda il diverso caso del contratto stipulato da parte di un soggetto o di un organo sfornito del potere di concluderlo, e, trattandosi di atto nullo, lo stesso non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della pubblica amministrazione constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti" Cass. 21.5.2003 n. 7962; nello stesso senso si vedano, da ultimo, Cass. 6.7.2007 n. 15296, id. 26.1.2007 n. 1752).
Il compenso spettante all’ ing. ZZZ per l’ opera professionale prestata rimane così determinato, secondo la volontà contrattuale consacrata per iscritto dalle parti, in complessivi € 192.018,68, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese, a compenso tanto dell’ incarico di progettazione esecutiva e piano sicurezza del primo lotto della tangenziale est, quanto dell’ attività integrativa svolta a seguito delle richieste espresse dal Ministero dell’ Ambiente in sede di valutazione impatto ambientale.
Il contratto del 26.7.2000, all’ art. 3 dell’ allegato A, prevedeva che la prestazione d’ opera intellettuale riguardasse il progetto esecutivo, il piano di sicurezza dei lavori ed "eventuali altri elaborati o studi che fossero ritenuti necessari dall’ A.N.A.S. o dal Comune per la cantierabilità dell’ opera".
Non è possibile ritenere ricompreso all’ interno di questa pattuizione residuale anche l’ elaborazione del piano di manutenzione dell’ opera.
Infatti la prestazione professionale di redazione di un progetto esecutivo, per come esso è stato disciplinato dal susseguirsi di norme in materia di opere pubbliche, riguarda l’ attività di preparazione e programmazione delle concrete modalità con cui l’ opera pubblica dovrà essere costruita.
La dizione utilizzata in contratto deve perciò intendersi come riferita a tutti gli elaborati e studi che si sarebbero resi necessari per la materiale esecuzione del primo lotto della locale tangenziale est.
Al contrario il piano di manutenzione dell’ opera, per come regolato dall’ art. 40 del d.P.R. 21.12.1999 n. 554, è un documento complementare al progetto esecutivo che prescrive, sulla base di quanto effettivamente realizzato, gli interventi manutentivi necessari a conservare nel tempo l’ efficienza ed il valore economico dell’ opera pubblica costruita.
Risulta così di tutta evidenza la differenza fra i due piani, in quanto il primo riguarda l’ esecuzione delle opere, di cui descrive le concrete modalità edificatorie fornendone anche l’ elaborato grafico e la relazione di calcolo, il secondo invece attiene alla manutenzione nel tempo dell’ opera già costruita.
Il piano di manutenzione, benchè richiesto dall’ A.N.A.S per l’ approvazione definitiva del progetto della tangenziale, come ha riferito il teste ***, non può dunque rientrare nel novero degli elaborati e studi necessari all’ esecuzione – o, per usare la medesima terminologia contrattuale, alla "cantierabilità" – dell’ opera.
Del resto nel momento in cui il contratto fu perfezionato era già stato adottato, con d.P.R. 21.12.1999 n. 554, il regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici, entrato in vigore il successivo 13.5.2000.
*****è al momento del conferimento dell’ incarico professionale il piano di manutenzione non fosse ancora divenuto obbligatorio, le parti erano certamente a conoscenza della natura e della disciplina della modifica legislativa appena introdotta.
Va perciò escluso che, in mancanza di un’ esplicita indicazione, le parti abbiano inteso fare riferimento ad un progetto di tale importanza tramite una mera clausola di chiusura relativa ad elaborati e studi necessari all’ esecuzione dell’ opera e non alla sua successiva manutenzione.
Si deve perciò ritenere che il compenso contrattualmente previsto non comprendesse la redazione del piano di manutenzione.
Ciò nonostante la domanda del professionista opposto non può essere accolta.
Invero i contratti pubblici richiedono la forma scritta ad substantiam, quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’ attività amministrativa, sia nell’ interesse del cittadino, onde prevenire qualsiasi abuso, sia nell’ interesse di un controllo sull’ operato della pubblica amministrazione ("Per il contratto d’ opera professionale, quando ne sia parte una pubblica amministrazione e pur ove questa agisca iure privatorum, è richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, come per ogni altro contratto stipulato dalla pubblica amministrazione stessa, la forma scritta ad substantiam, che è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’ attività amministrativa nell’ interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l’ espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d’ imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione posti dall’ art. 97 Cost.; pertanto il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’ organo attributario del potere di rappresentare l’ ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere ed al compenso da corrispondere" Cass. 30.7.2004 n. 14570).
Nel caso di specie la mancanza di un contratto scritto relativo alla prestazione professionale supplementare in parola comporta l’ assenza di un valido rapporto negoziale d’ opera intellettuale che consenta l’ applicazione della disciplina prevista dall’ art. 2233 c.c..
Al professionista opposto, il quale ha svolto l’ attività aggiuntiva in parola malgrado il rapporto non fosse stato ritualmente consacrato, non spetta dunque alcun compenso per la prestazione eseguita, fatta salva l’ azione di arricchimento senza causa da esperirsi, giocoforza, in una diversa sede processuale.
In conclusione, in forza delle motivazioni appena illustrate, l’ ing. ZZZ aveva diritto ad ottenere dal Comune di Forlì, a fronte dell’ opera professionale prestata, un compenso complessivo di € 192.018,68, I.V.A. e C.N.P.A.I.A. comprese, nel senso pattuito all’ art. 9 del contratto del 26.7.2000 per come modificato con il contratto 26.3.2002.
L’ amministrazione comunale di Forlì ha provveduto al pagamento in favore dell’ ing. ZZZ della complessiva somma di € 341.123,89.
Di conseguenza, in accoglimento dell’ opposizione e della domanda riconvenzionale proposte dall’ amministrazione opponente, il decreto ingiuntivo n. 236/05 emesso in data 17.3.2005 dal Giudice del Tribunale di Forlì andrà integralmente revocato e l’ ing. ZZZ dovrà essere condannato alla restituzione in favore del Comune di Forlì del surplus non dovuto, pari a € 149.105,21, oltre a interessi al saggio legale, ex art. 2033 c.c., dalla domanda al saldo.
La presente sentenza si fonda su argomentazioni per larga parte dissimili dal tenore delle difese assunte dal Comune di Forlì; peraltro bisogna considerare come la stessa amministrazione convenuta avesse riconosciuto, nel corso delle seduta di Giunta dell’ 8 giugno e 9 novembre 2004, la ragionevolezza delle richieste di adeguamento del proprio compenso presentate dall’ ing. ZZZ.
Ricorrono perciò giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Forlì, definitivamente pronunciando nella causa introdotta dal Comune di Forlì, in persona del Sindaco pro tempore, nei confronti dell’ ing. ZZZ mediante atto di citazione in opposizione notificato il 20.4.2005, ogni ulteriore domanda e/o eccezione disattesa, così provvede:
– in accoglimento dell’ opposizione proposta, revoca il decreto ingiuntivo n. 236/05 emesso in data 17.3.2005 dal Giudice del Tribunale di Forlì;
– condanna l’ ing. ZZZ al pagamento in favore del Comune di Forlì della somma di € 149.105,21, oltre a interessi al saggio legale dalla domanda al saldo;
– compensa integralmente fra le parti le spese di lite;
– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva, ai sensi dell’ art. 282 c.p.c..
Così deciso in Forlì il giorno 16 maggio 2008.

Il Giudice
Dott. *************

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