Il condomino che si distacca o che ha un consumo volontario nullo e’ sempre tenuto a pagare la quota di consumo involontario relativa alle dispersioni di calore

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riferimenti normativi: art. 1118 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Trib. Savona, sentenza n. 502 del 3 maggio 2018; Trib. Savona, sentenza n. 12352 del 19 giugno 2017; Trib. Roma, sentenza n. 18748 del 11 ottobre 2016

La vicenda

Un condomino si distaccava dall’impianto centralizzato che riteneva obsoleto e inidoneo ormai a scaldare la sua unità abitativa.

Prima di procedere presentava ai condomini una perizia di fattibilità in cui era stato certificato che il distacco non avrebbe comportato aggravi di spesa per gli altri condomini.

In ogni caso prima di procedere alle operazioni legate al distacco comunicava all’amministratore del condominio il proprio diritto di distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato.

Successivamente però notava che nel rendiconto continuava ad essere menzionato tra coloro che avrebbero dovuto contribuire al pagamento delle spese ordinarie di consumo dell’impianto di riscaldamento centralizzato.

Di conseguenza si rivolgeva al Tribunale per chiedere che venisse accertato la legittimità del distacco e conseguentemente fossero annullate le delibere che lo includevano ancora tra i condomini tenuti a pagare le spese di riscaldamento ordinarie di gestione.

Il condominio rimaneva contumace, mentre un condomino interveniva contestando la validità della relazione tecnica del distaccato, facendo presente che una norma del regolamento condominiale vietava ai condomini di rinunciare al riscaldamento per sottrarsi al pagamento delle spese (manutenzione, ripartizione e consumi).

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La questione

Il condomino che si distacca o che ha un consumo volontario nullo è tenuto o meno a pagare una quota del c.d. consumo involontario relativo alle dispersioni di calore?

La soluzione

Il Tribunale ha confermato la legittimità del distacco.

In particolare il giudice ha confermato come la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata da parte del singolo  condomino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato, sia da ritenersi pienamente legittima, purché l’interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell’impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio

La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune.

Tuttavia il Tribunale nota che l’esonero non deve andare a discapito degli altri condomini; in altre parole l’eventuale aumento delle spese di gestione per gli altri condomini deve essere sopportato dagli utenti distaccatisi.

Il problema è che una quota parte delle spese di riscaldamento sostenuta dai condomini serve solo per compensare le dispersioni di calore che normalmente si verificano nell’impianto centrale;

Come sottolinea lo stesso Tribunale infatti l’aggravio da consumo involontario, sarà sempre presente perché non esiste impianto termico con rendimento medio stagionale pari al 100% e, quindi, la quota parte di inefficienza costituisce un consumo involontario la cui spesa deve essere comunque ripartita, in proporzione alla propria rispettiva quota millesimale, tra tutti i condomini, anche distaccati o quelli che conseguono un consumo nullo.

Le riflessioni conclusive

Il regolamento di condominio di natura contrattuale, approvato da tutti i condomini, non può derogare alle disposizioni richiamate dall’articolo 1138, comma 4, del c.c. e non può menomare i diritti che ai condomini derivano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni.

In ogni caso secondo una discutibile decisione una norma del regolamento, anche di natura contrattuale non può impedire al singolo condomino il distacco delle derivazioni individuali dagli impianti di riscaldamento centralizzato per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, giacché proprio l’ordinamento ha mostrato di privilegiare, per favorire il risparmio energetico, dette trasformazioni e, nei nuovi edifici, l’esclusione degli impianti centralizzati e la realizzazione dei soli individuali; in secondo luogo, perché la motivazione dell’impedimento al distacco non può meritare la tutela dell’ordinamento in quanto espressione di prevaricazione egoistica anche da parte d’esigua minoranza e di lesione dei principi costituzionali di solidarietà sociale (Cass. civ., sez. II, 29/09/2011, n. 19893).

Tale orientamento è stato recentemente confermato (Cass. civ., sez. II, 2/11/2018, n. 28051).

Ne consegue che il distacco del singolo condomino dall’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento è possibile se non determina notevoli squilibri di funzionamento.

Tuttavia, per “squilibrio termico” non deve intendersi la possibile differente temperatura nell’appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori.

Se così non fosse quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare, per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante (Cass. civ., sez. II, 27/5/1998, n. 11857).

Per quanto attiene al requisito dello “squilibrio termico di funzionamento”, quindi, si deve intendere che esso faccia riferimento allo squilibrio impiantistico e non a quello termico dovuto alle differenze di temperature all’interno degli appartamenti.

In ogni caso deve essere “notevole”, situazione che ricorre quando sono esaurite tutte le possibili azioni correttive sull’impianto e non si può procedere ad ulteriori adattamenti senza che ne conseguano malfunzionamenti evidenti.

A quanto sopra si deve aggiungere che il condomino che intende distaccarsi deve provare, attraverso idonea documentazione tecnica, oltre alla mancanza di “notevoli squilibri” tecnici, l’assenza di aggravi di spesa per i condomini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale (Cass. civ., sez. III, 3/11/2016, n. 22285).

Nel concetto di “aggravio di spesa” deve essere compresa quella spesa di godimento ignorata dall’ultimo comma dell’articolo 1118 c.c. e, in particolare, quella per l’energia prodotta e non utilizzata (le dispersioni di calore).

Una quota parte delle spese di riscaldamento sostenuta dai condomini serve solo per compensare le dispersioni di calore che normalmente si verificano nell’impianto centrale; tale quota deve essere ripartita tra tutti i condòmini, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’impianto centralizzato.

In caso contrario si avrebbe un pregiudizio economico per i condomini rimasti allacciati in quanto da un lato anche coloro che non scaldano la propria unità beneficiano di fatto degli effetti della dispersione del calore erogato nelle unità contigue e, d’altro lato, la messa ed il mantenimento in funzione dell’impianto centralizzato comporta l’immissione di acqua calda non solo nelle tubazioni e nei radiatori interni alle unità immobiliari ma anche nelle tubazioni comuni.

I distaccati sono comunque tenuti a pagare le spese di manutenzione straordinaria (cioè gli interventi atti a ricondurre il funzionamento dell’impianto a quello previsto dal progetto e/o dalla normativa vigente mediante il ricorso, in tutto o in parte, a mezzi, attrezzature, strumentazioni, riparazioni, ricambi di parti, ripristini, revisione o sostituzione di apparecchi o componenti dell’impianto termico), le spese di conservazione (relative  alle operazioni previste nei libretti d’uso e manutenzione degli apparecchi), le spese per la “messa a norma”.

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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