L’apertura del credito non è efficace nei confronti del condominio se l’amministratore non è autorizzato a tale operazione e la documentazione presentata in banca è falsa

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riferimenti normativi: art. 69 disp. att. c.c.

precedenti giurisprudenziali: App. Milano sentenza n. 3528 del 21/08/2019

La vicenda

Un amministratore di condominio aveva aperto un conto corrente che era stato regolarmente movimentato con accrediti e addebiti sin dall’apertura.

Nel tempo tale conto presentava un saldo negativo con uno scoperto tollerato dalla banca che nel contratto di apertura aveva espressamente previsto l’applicazione di particolari interessi e commissioni nel caso di scoperti.

Successivamente l’amministratore procedeva all’apertura di un credito. Per questa operazione non era legittimato perché non aveva ricevuto una valida delega in tal senso dall’assemblea. Infatti aveva presentato in banca una delibera falsa; il condomino che veniva indicato come presidente nel falso verbale assembleare consegnato all’istituto bancario presentava querela per contestare la veridicità della sua firma. Nel frattempo la banca chiudeva il conto e pretendeva dal condominio le somme dovute a debito.

Di conseguenza i condomini chiedevano che fosse dichiarata l’inefficacia nei confronti del condominio del contratto di apertura di credito sottoscritto a suo nome dall’amministratore dell’epoca sul conto corrente condominiale; in ogni chiedevano comunque la condanna dell’amministratore a manlevare il condominio da qualunque somma fosse chiamata a rispondere nei confronti dell’istituto.

Si costituiva in giudizio la Banca chiedendo il rigetto della domanda e la condanna in via riconvenzionale dei condomini e dell’amministratore in solido, quest’ultimo quale fideiussore per detta apertura di credito, al pagamento delle somme dovute a debito come saldo negativo del conto in oggetto.

La questione

L’apertura del credito effettuata dall’amministratore che non è autorizzato a tale operazione e dietro presentazione di documentazione falsa è comunque efficace nei confronti del condominio?

La soluzione

Il Tribunale ha rilevato che il modulo di delibera assembleare prodotto dall’amministratore in banca era falso; inoltre ha notato che il presidente dell’assemblea, quale risultante dal medesimo verbale, aveva presentato querela per contestare la veridicità della sua firma; di conseguenza secondo il Tribunale non è stata sufficientemente provata la sussistenza di una valida delega assembleare per l’apertura di credito, mentre le contestazioni del condominio sono state suffragate anche dalla presentazione di due denunce penali. Alla luce di quanto sopra il giudice ha accolto domanda volta ad ottenere la dichiarazione d’inefficacia dell’apertura di credito nei confronti del condominio come atto compiuto da falsus procurator, cioè da un soggetto per nulla legittimato a compiere l’operazione bancaria sopra detta.

Secondo il Tribunale, a prescindere dagli esiti futuri dei procedimenti penali nel frattempo aperti, non è possibile parlare di colpa della banca che non aveva motivo di dubitare del comportamento di un amministratore da tempo conosciuto.

Del resto, dopo aver considerato che l’apertura di credito non ha inciso direttamente sul saldo passivo del conto, lo stesso giudice ha accolto anche la domanda riconvenzionale svolta della banca, condannando condominio e amministratore in solido al pagamento delle somme dovute a debito come saldo negativo del conto corrente condominiale.

Le riflessioni conclusive

Bisogna considerare che vicende simili a quella esaminata dal Tribunale di Ravenna sono già state esaminate dalla giurisprudenza. Il Giudice di Pace di Bologna ha infatti esaminato un caso quasi identico.

In particolare la vicenda prendeva l’avvio quando una banca con decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace richiedeva ad un condominio il pagamento di una certa somma a fronte dell’apertura di una posizione di credito (fido bancario) da parte dell’amministratore; con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, il condominio conveniva in giudizio l’istituto bancario per ottenere la revoca del decreto ingiuntivo.

A sostegno dell’opposizione, il condominio eccepiva che il fido era stato ottenuto dall’allora amministratore del condomino a fronte dell’esibizione alla banca della copia di un verbale assembleare “manipolato” da cui risultava l’autorizzazione da parte dell’assemblea a richiedete un fido, mai voluto dai condomini.

Successivamente il condominio produceva copia di entrambe le delibere (quella manipolata e l’originale) e copia della denuncia querela presentata nei confronti dell’amministratore.

A termine del procedimento penale, il condominio depositava in udienza la sentenza penale emessa a carico dell’amministratore; infatti è stato accertato che la delibera in base alla quale fu concesso il fido era stata contraffatta dall’amministratore; di conseguenza il Giudice di Pace ha accolto l’opposizione e per l’effetto ha revocato il decreto ingiuntivo nei confronti del condominio. Secondo lo stesso Giudice di Pace in caso di contratto stipulato da un falsus procurator, nessun effetto di detto contratto è destinato a prodursi nella sfera giuridica del falso rappresentato in mancanza della sua ratifica, che nel caso di specie non è intervenuta (Giudice di Pace di Bologna 6 luglio 2017 n. 2441).

Del resto, l’amministratore condominiale ha il potere di agire solo per l’esecuzione delle delibere condominiali; in ogni caso non si può parlare di “colpa” dei condomini atteso che, in assenza di sospetti nei confronti dell’operato del mandatario nominato, il condominio ragionevolmente non può che confidare sulla correttezza degli atti del proprio amministratore, omettendo di verificare periodicamente gli estratti conto inviati dalla banca.

In un’altra vicenda esaminata dalla giurisprudenza un condominio si opponeva ad un decreto ingiuntivo di una banca che richiedeva somme non restituite a seguito di un’apertura di credito effettuata dall’amministratore sulla base di una delibera poi dichiarata falsa; in questo caso il Tribunale respingeva l’opposizione in quanto la delibera è stata considerata valida ed efficace, perché non ancora sottoposta a querela di falso. Successivamente però i condomini hanno proposto il giudizio di falso che si concludeva con l’accertamento della falsità del verbale assembleare.

Tenuto conto della decisione del giudice penale, la Corte d’Appello dava ragione ai condomini; secondo i giudici di secondo grado, poiché il contratto di affidamento è stato stipulato da un soggetto che ha agito in nome e per conto del condominio – pur non essendo munito dei relativi poteri autorizzativi – il contratto stesso va ritenuto privo di effetti nei confronti del falso rappresentato; quindi la banca, che ha colpevolmente contratto col falsus procurator, nulla può pretendere nei confronti del condominio (App. Milano 21 agosto 2019 n. 3528).

Non è stato quindi ritenuto condivisibile il ragionamento della banca che ha sostenuto di avere confidato, in buona fede, nell’effettiva sussistenza dei poteri rappresentativi dell’amministratore sulla base di diversi motivi: perché era stata esibita la delibera; per la protratta assenza di contestazioni da parte del condominio in merito alla gestione del rapporto contrattuale; per la mancata verifica periodica degli estratti conto da parte di alcun condomino; per l’effettivo utilizzo delle somme anticipate per il pagamento di fornitori condominiali.

Il ragionamento della banca però presuppone non solo che vi sia la buona fede del terzo (la banca stessa) che ha contratto col falsus procurator (l’amministratore), ma che sussista anche un comportamento colposo del rappresentato (il condominio).

In questo caso, però, non è risultato agli atti che il condominio avesse tenuto un comportamento colposo o negligente tale da ingenerare nell’istituto la ragionevole convinzione che la delibera condominiale non fosse valida (la richiesta di apertura di credito non era mai stata posta all’ordine del giorno né discussa).

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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