Sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 438 co. 6 e 458 co. 2 cpp.

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Breve analisi dell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale e possibili ulteriori profili di illegittimità costituzionale

La Prima sezione penale collegiale del Tribunale di Lecce, con ordinanza 09.09.2020[1], ha sollevato questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli articoli 24 e 111 della Costituzione dell’articolo 438 co. 6 cpp – come novellato dalla L. 33/2019[2] – e, conseguentemente alla interpretazione offerta nell’ordinanza in commento, anche dell’art. 458 co. 2 cpp.

Il giudizio di legittimità in via incidentale è stato promosso d’ufficio dal Collegio leccese chiamato a decidere se sia ancora possibile reiterare, in sede di questioni preliminari all’apertura del dibattimento, l’istanza di definizione con il rito alternativo del giudizio abbreviato condizionato, nell’ipotesi in cui la stessa, formulata a seguito di decreto di giudizio immediato, sia stata precedentemente rigettata dal GIP.

Occorre premettere che la rilevanza della questione nella vicenda demandata alla valutazione del collegio è ancorata ad una interpretazione logico – sistematica degli artt. 438 e 458 cpp.

Difatti, con puntualità e rigore, il Tribunale rimettente è pervenuto alla conclusione secondo cui – anche in ipotesi di richiesta di giudizio abbreviato avanzata a seguito di decreto di giudizio immediato – debbano trovare applicazione (se ed in quanto compatibili) tutte le disposizioni previste dall’art. 438 cpp – non solo quelle oggetto di espresso richiamo nel comma 2 dell’art. 458 cpp – ivi compreso quindi anche il comma 6[3], come novellato dall’art. 1 comma 1 lett. b) della L. n. 33/2019[4].

Pertanto, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato – anche ove formulata a seguito di decreto di giudizio immediato – proprio in virtù del novellato art. 438 co. 6 cpp, è oramai preclusa la possibilità di reiterarla in sede di questioni preliminari all’apertura del dibattimento, per cui il termine ultimo per avanzare istanza di rito alternativo coincide con le conclusioni ex artt. 421 e 422 cpp e la sede ultima per la sua formulazione è quella dell’udienza preliminare.

Conseguentemente, la nuova formulazione dell’art. 438 comma 6 cpp, impedendo la reiterazione dell’istanza di rito abbreviato condizionato innanzi al Giudice del dibattimento, ha prodotto l’effetto di sottrarre il giudizio espresso dal GIP/GUP a qualsivoglia sindacato da parte di altro Giudice, anche laddove, in virtù delle argomentazioni addotte nell’ordinanza in commento e in precedenza succintamente richiamate, la stessa consegua ad un decreto di giudizio immediato.

Ed è proprio su tale insindacabilità del giudizio espresso dall’ufficio GIP/GUP che si fonda la sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 438 comma 6 cpp e, conseguentemente, anche dell’art. 458 comma 2 cpp che, implicitamente, lo richiama.

Difatti, ad avviso del rimettente che ci si permette di ritenere condivisibile, l’effetto preclusivo di un successivo riesame si traduce in una violazione dei fondamentali principi costituzionali riconosciuti e garantiti agli artt. 24 e 111 Cost., quali il diritto di difesa e quello dell’economia processuale che risultano ingiustificatamente compressi.

Sostanzialmente, la possibilità di poter reiterare davanti al Giudice del dibattimento l’istanza di rito abbreviato condizionato renderebbe ancor più pregnante ed efficace il diritto di difesa dell’imputato poiché questi beneficerebbe di una valutazione ulteriore della propria scelta processuale.

Nel contempo, il riesame della richiesta di rito alternativo potrebbe consentire, eventualmente, di evitare anche ultronee procrastinazioni dei tempi di definizione del procedimento penale, tanto più ove si consideri che la valutazione della compatibilità del rito abbreviato condizionato, eseguita in sede processuale, permetterebbe di tenere conto anche di ulteriori informazioni connesse alle relative richieste di prova, visto che il Giudice del dibattimento, a differenza del GIP/GUP, dispone già delle richieste ex art. 468 cpp.

Peraltro, ad avviso di chi scrive, l’attuale formulazione del comma 6 dell’art. 438 cpp potrebbe risultare in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione, ben potendo la preclusione ivi prevista tradursi altresì in una ingiustificata disparità di trattamento tra imputati. Tanto si ritiene evidenziare poiché, laddove il rigetto della richiesta di rito alternativo trovi fondamento sulla preclusione di cui all’art. 438 comma 1 bis cpp[5], a differenza di quanto previsto nel caso in esame, al Giudice del dibattimento è attribuito un potere di sindacato sulla precedente decisione del GUP, essendogli consentito, ove non condivida la prima decisione, di applicare, ai sensi dell’art. 438 co. 6 ter[6] cpp, la riduzione di pena prevista dall’art. 442 comma 2 cpp.

In conclusione, come era preventivabile, le novelle apportate al codice di rito con la legge 33/2019 continuano ad investire la Corte Costituzionale e si ha motivo di ritenere che la questione sollevata con l’ordinanza in commento non sarà l’ultima in ordine temporale, forse perché la “musa ispiratrice” della riforma sembrerebbe essere stata più l’opinione pubblica che i principi costituzionali e generali dell’ordinamento penale, cui invece il legislatore è chiamato ad ispirarsi e ad improntare il proprio intervento riformatore, magari anche volgendo lo sguardo agli impulsi che sempre più provengono dall’ordinamento sovranazionale.

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Note

[1] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, I serie speciale n. 51 del 16.12.2020 col numero 176;

[2] Legge n. 33 del 12 aprile 2019 “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”, applicabile ai fatti commessi a far data dal 20 aprile 2019;

[3] In particolare, il Tribunale di Lecce a sostegno di siffatta tesi evidenzia che “a voler diversamente opinare, dovrebbe affermarsi che il rito abbreviato debba essere ammesso senza alcuna ordinanza (prevista dal non richiamato comma 4 dell’art. 438 del codice di procedura penale, e necessaria ad individuare il momento di decorrenza dei termini di fase della custodia cautelare), o che l’istante non possa contestualmente richiedere il rito abbreviato «semplice» per il caso in cui venga rigettata la richiesta di rito condizionata (come previsto dall’egualmente non richiamato art. 438, comma 5-bis del codice di procedura penale), con una inspiegabile disparità di trattamento rispetto all’ipotesi in cui l’istanza sia stata  avanzata in udienza preliminare; così’ come dovrebbe ritenersi – inspiegabilmente – non applicabile il non espressamente richiamato art. 438, comma 6-ter del codice di procedura penale, che prevede che laddove il giudice dichiari inammissibile la richiesta di abbreviato, il giudice del dibattimento, all’esito del giudizio, possa sindacarne la decisione” (Ord. Trib Lecce 09.09.2020);

[4] Così recita l’art. 1 comma 1 lett. b) della L. n. 33/2019: “All’articolo 438 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: (…) b) il comma 6 è sostituito dal seguente: «6. In caso di dichiarazione di inammissibilità o di rigetto, ai sensi, rispettivamente, dei commi 1-bis e 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2»”;

[5] Comma introdotto dall’art. 1 comma 1 lett. a) della L. n. 33/2019 che così recita: “Non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo”;

[6] Comma anch’esso introdotto dalla L. n. 33/2019 con l’art. 1 comma 1 lett. c) e che così recita: “Qualora la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis, il giudice, se all’esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione della pena ai sensi dell’articolo 442, comma 2”.

Sentenza collegata

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Giuseppe Mariano

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