Tribunale Civile Forlì 20/2/2008

Redazione 20/02/08
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Il Giudice, a scioglimento della riserva che precede,
osserva
E’ bene precisare in via preliminare che la notifica dell’ atto introduttivo del giudizio, di cui era stata autorizzata l’ esecuzione a norma dell’ art. 151 c.p.c., deve considerarsi regolarmente perfezionata, atteso che la società ricorrente ha depositato in giudizio copia delle notifiche effettuate a XXX a Malta secondo le modalità autorizzate e tenuto conto che la particolare disciplina prevista dalla norma in questione, oltre ad essere largamente ammessa in materia cautelare, risulta utilizzabile anche in caso di notificazioni da eseguirsi all’ estero ("In tema di forme di notificazione autorizzate dal giudice, l’ art. 151 c.p.c., applicabile, data la sua formulazione, anche alla notificazione degli atti di parte, lascia al giudice un’ ampia libertà di apprezzamento in ordine alla individuazione dei presupposti per la sua applicazione e alla concreta determinazione delle modalità di notificazione, anche se tale libertà non è illimitata, dovendo le modalità prescelte essere pur sempre tali da non compromettere il diritto di difesa, tutelato dall’ art. 24 come "inviolabile" in ogni stato e grado del processo"; nella fattispecie la S.C. ha ritenuto legittima la notificazione del decreto di sequestro conservativo e della citazione per la convalida, eseguita all’ estero per sunto e in sola lingua italiana entro il termine di quindici giorni stabilito dall’ allora vigente art. 680 c.p.c. e seguita, poi, dalla notificazione secondo le forme ordinarie" Cass. 24.9.2002 n. 13868).
In ogni caso l’ avvenuta costituzione in giudizio di XXX dimostra come la notificazione abbia raggiunto il suo scopo, permettendo alla resistente di prendere parte al giudizio per sostenere compiutamente le proprie ragioni; di conseguenza l’ invalidità della notifica eccepita da XXX nel costituirsi in giudizio non potrebbe comunque essere pronunciata, ai sensi dell’ art. 156, 3° c., c.p.c..
E’ ugualmente infondata l’ eccezione di nullità della comparsa di costituzione di ZZZ per nullità della procura conferita in calce all’ atto da YYY, presidente e legale rappresentante pro tempore della compagine resistente.
Infatti nel caso in cui l’ autentica della sottoscrizione sia stata effettuata da un difensore esercente in Italia, il rilascio del mandato e l’ autentica della sottoscrizione del mandante devono presumersi avvenuti nel territorio dello Stato, anche qualora il mandante risieda all’ estero, in difetto di prova contraria da parte di chi ne contesti la validità (Cass. 1.8.2001 n. 10485, id. 17.9.1991 n. 9662).
Risulta parimenti irrilevante l’ asserita illeggibilità della sottoscrizione, in quanto nell’ intestazione dell’ atto era comunque indicato che il mandato veniva conferito dal legale rappresentante di XXX; peraltro l’ illeggibilità della firma del conferente la procura è irrilevante quando il nome del sottoscrivente risulti desumibile dal testo dell’ atto o dall’ indicazione di una specifica funzione o carica che ne renda identificabile il titolare (Cass., sez. un., 7.3.2005 n. 4810).
Così superate le eccezioni preliminari sollevate dalle parti, bisogna rilevare, quanto alla richiesta di sequestro liberatorio avanzata da AAA, che il contratto di trasporto in questione venne concluso fra *** e ***, come si può evincere dalla documentazione prodotta sub 2 da YYY..
Gli accordi contrattuali prevedevano (doc. 2/c) che il contratto sarebbe stato soggetto al formulario GENCOM logicamente emendato come da clausole principali (***).
La clausola 30 stabiliva poi che ogni disputa in merito all’ interpretazione o all’ esecuzione del contratto sarebbe stata rimessa ad un giudizio arbitrale da celebrarsi a Londra secondo gli usi marittimi e risolta secondo la legge inglese.
Le parti dunque, in applicazione del combinato disposto degli artt. 57 l. 31.5.1995 n. 218 e 3 l. 18.12.1984 n. 975, convennero che il contratto fosse regolato dalla legge inglese.
Non è in discussione fra le parti il fatto che il contratto di trasporto, secondo un uso consolidato nei traffici marittimi, sia stato concluso tramite mediatori senza un’ espressa menzione per iscritto dei rispettivi mandanti.
Ciò nonostante sono presenti in atti una serie di elementi da cui è possibile ritenere che *** agisse per conto di YYY e *** intervenisse per conto di AAA.
Innanzitutto la stessa ***, con dichiarazione del 22.10.2007, ha espressamente dichiarato di aver agito per conto di YYY., sottolineando anche che durante la trattative informò oralmente *** di rappresentare tale società, mentre quest’ ultima la mise al corrente del fatto di rappresentare AAA (doc. 3 prodotto da YYY).
Questa affermazione non trova alcuna smentita nella dichiarazione di *** secondo cui nel corso della negoziazione non vi fu alcuna trattativa con YYY Inc., in quanto pacificamente i contatti furono tenuti dai due broker ravennati per conto dei rispettivi clienti; *** peraltro non ha affatto smentito di aver appreso che il cliente della controparte era YYY.
Tanto basterebbe per individuare in YYY la controparte contrattuale di AAA legittimata a pretendere il pagamento, giacchè in base alla legge inglese il broker può rivelare l’ identità del proprio mandante anche successivamente alla conclusione del contratto ed il rappresentato non espressamente indicato in contratto può comunque pretendere l’ adempimento del contratto concluso dal suo mandatario a condizione che egli abbia dato esecuzione al negozio, di persona o per il tramite del mandatario stesso (come risulta dal parere prodotto quale doc. 8 di parte resistente).
Dunque l’ emissione del fissato documenta la conclusione del contratto di trasporto ma non costituisce la fonte per l’ individuazione delle parti contrattuali, poiché secondo la legge inglese l’ individuazione dell’ armatore può essere fatta a prescindere dalla spendita del suo nome; rimangono così irrilevanti il timbro e la firma apposti sulla polizza di carico.
D’ altra parte esistono una serie di elementi che corroborano tale conclusione.
Si noti infatti che l’ odierna ricorrente, dopo aver ricevuto le fatture per il pagamento del nolo e delle controstallie da parte di YYY nulla obiettò sulla legittimazione della controparte, limitandosi a rappresentare che non era sua intenzione pagare fino a quando non fosse stato chiarito il motivo del carico ridotto (doc. 7 di YYY).
Dal canto suo XXX non solo ha sempre negato di essere la controparte contrattuale di YYY, ma ha anche prodotto un contratto del 17.5.2007 con cui concesse a noleggio … (doc. 2, 3 e 4 prodotti da YYY).
Dunque, a prescindere dalle risultanze della polizza di carico ed in virtù del charter party, la controparte della società ricorrente rispetto al contratto di trasporto marittimo deve essere individuata in YYY piuttosto che in XXX.
La richiesta di disporre un sequestro liberatorio va di conseguenza respinta, sia perché non esistono profili di obiettiva e concreta incertezza sul destinatario dell’ obbligazione del debitore, sia perché le somme di cui la compagine ricorrente chiede il sequestro liberatorio non sono mai state offerte o messe a disposizione dell’ effettivo creditore.
Né varrebbe addurre l’ inadempimento del vettore per giustificare la richiesta di sequestro liberatorio della somma dovuta per il nolo e le controstallie, in quanto la legge inglese, a cui è soggetto il negozio secondo il charterparty, non consente la compensazione fra il nolo e le somme eventualmente dovute a titolo di ristoro dei danni procurati dal vettore marittimo.
Passando poi alla richiesta di sequestro conservativo, va detto in primo luogo che l’ eccezione di incompetenza territoriale sollevata da entrambi i resistenti è infondata.
Invero il disposto dell’ art. 669 quinquies c.p.c. è inteso come applicabile al solo arbitrato interno, mentre nel caso di arbitrato straniero la domanda deve essere proposta al giudice del luogo ove la misura deve essere eseguita, ex art. 669 ter, 3° c., c.p.c. (per tutti si veda *********, IV, 214).
Ora, dato che AAA chiede di porre sotto sequestro la somma che la stessa ricorrente deve corrispondere a YYY, tuttora nella sua disponibilità, la competenza a conoscere della domanda cautelare proposta appartiene a questa autorità giudiziaria, quale giudice del luogo ove AAA ha la propria sede e dove quindi la misura richiesta potrà essere eseguita.
La domanda di AAA. non pare tuttavia assistita da un adeguato fumus boni iuris.
Ciò non certo in virtù della clausola FIOS (free in and out stowed) a cui era soggetto il contratto.
Questa pattuizione infatti non impone in via generale al noleggiatore l’ obbligazione di eseguire e pagare lo stivaggio e, di conseguenza, la responsabilità ed i rischi per tali operazioni, in quanto la clausola de qua non assume sempre il medesimo contenuto e può addossare al noleggiatore i soli costi di tali operazioni oppure porre a suo carico il costo e l’ esecuzione delle operazioni di carico, stivaggio e scarico della merce (si veda in questo senso il parere prodotto in udienza dalla difesa della ricorrente).
La clausola FIOS va perciò intesa, in assenza di diverse e più specifiche indicazioni, come volta ad accollare al caricatore le spese di imbarco ed al ricevitore quelle di sbarco, senza incidere sul regime della responsabilità ("Nel contratto di trasporto, la clausola detta F.I.O. ("free in and out"), ovvero F.I.O.S. ("free in and out stowed"), in assenza di diverse e più specifiche indicazioni, ha l’ esclusivo fine di accollare le spese di carico al caricatore e quelle di sbarco al ricevitore, senza incidere in alcun modo sul regime di responsabilità del vettore, il quale, pertanto, non è esonerato dall’ ordinaria diligenza nella custodia e nello stivaggio del carico" Cass. 11.5.1995 n. 5158; nello stesso senso Tribunale di Livorno 20.9.1997).
Per di più l’ esclusione della clausola 5.a del formulario GENCON 1994, che prevede un’ espressa esonero di responsabilità per il vettore, e il contenuto della clausola 38, che pone i caricatori sotto la direzione del vettore e prevede che questi definisca con gli stessi ogni questione per eventuali danni procurati in sede di carico, lasciano pensare – come propone il parere prodotto dalla difesa di AAA – che il vettore rimanesse responsabile per i danni provocati da un negligente stivaggio.
Tralasciata la clausola FIOS, va invece rilevato che l’ accertamento tecnico preventivo svolto presso il Tribunale di Ravenna ha consentito di accertare che a causa di un inappropriato stivaggio eseguito dal comandante della nave il 60% del volume delle stive non fu utilizzato.
E’ risultato un ammanco di M/T 100,680 per un valore complessivo di € 50.139; il danno per danneggiamento delle testate dei tubi è stato calcolato in € 24.183, mentre non risultano sbarcati cinque tubi rispetto al numero citato in polizza, per un valore di € 2.535,32.
La relazione depositata all’ esito dell’ A.T.P. dimostra quindi che il destinatario della merce subì un danno complessivo di € 76.857.
La vicenda, tuttavia, ha una maggiore complessità.
Il carico da imbarcare, pur dovendo essere di 3300 M/T in fasci di tubi a 9 a 12 m. di lunghezza, si presentava composto di tubi singoli stivati alla rinfusa e con lunghezze diverse, come fu riportato nella distinta redatta nel porto di Annaba da SGS ed è stato sostanzialmente confermato nelle misure a campione effettate presso il porto di Ravenna dal capt. ***.
Il C.T.U. ha inoltre sottolineato che il comandante della nave, a fronte di tale anomalia del materiale da caricare, non si curò di effettuare uno stivaggio appropriato che avrebbe diminuito gli spazi vuoti ed aumentato il quantitativo di carico imbarcato.
Non è così possibile stabilire con la necessaria precisione in quale misura il danno stimato dal capt. *** sia attribuibile all’ inappropriato stivaggio e quale parte di responsabilità debba invece essere addossata a chi fornì il materiale in quelle condizioni presso il porto di Annaba; allo stesso modo non è dato sapere se i danni accertati siano dovuti solo ed esclusivamente all’ inappropriato stivaggio o anche alle modalità con cui tubi furono forniti (ovvero senza essere legati in fasci e con lunghezze varie e diverse da quelle pattuite; non sfugga come lo stesso parere prodotto dalla società ricorrente sottolinei come "in cases such as this, the issue of causation is always extremely important..").
I danni subiti da AAA. dunque non possono essere con certezza ricondotti, nella loro globalità o per un parte precisamente determinata, a YYY.
Neppure le motivazioni addotte dal ricorrente per sostenere la sussistenza di un periculum in mora convincono appieno.
E’ indiscutibile che YYY sia una società straniera con sede in Panama.
Essa però ha una propria sede in Malta ed un conto corrente bancario in Lugano su cui dovevano essere bonificati gli importi delle fatture.
Dunque, a prescindere dal fatto che AAA abbia avuto modo di rendersi conto delle circostanze che rappresenta fin dal sorgere del rapporto contrattuale, in quanto il principio della sopravvenienza del depauperamento non può trovare applicazione in tutti i casi in cui tale onere non è sin dall’ inizio concepibile, come nelle obbligazioni contrattuali o extracontrattuali per risarcimento del danno, a ben vedere le prospettazioni della compagine ricorrente alludono non tanto al timore di perdere la garanzia del proprio credito, ma ad una difficoltà nell’ andare ad escutere tale garanzia all’ estero e lasciano intendere come non paia opportuno effettuare un pagamento in favore di chi possa risultare a sua volta debitore.
Siffatti argomenti, tuttavia, esulano dalle finalità proprie dell’ istituto del sequestro conservativo e non consentono di ravvisare i presupposti necessari per l’ adozione della misura invocata.
Di certo non basta a ravvisare il periculum in mora il solo fatto che il debitore non sia cittadino italiano e non abbia beni in Italia.

In conclusione le domande proposte dalla compagine ricorrente non possono essere accolte, in mancanza dei presupposti necessari per disporre entrambi i sequestri richiesti.
La particolarità della vicenda, la complessità delle questioni esaminate e la mancata condivisione di buona parte delle argomentazioni addotte dai resistenti inducono a ravvisare giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite fra le parti.
Per questi motivi
Il Giudice del Tribunale di Forlì, visti gli artt. 687, 671 e 669 septies c.p.c., rigetta il ricorso presentato da AAA in data 28 novembre 2007.
Compensa integralmente fra le parti le spese di lite.
Si comunichi.
Forlì, 20 febbraio 2008.

Redazione