Tribunale Amministrativo Regionale Molise 8/4/2010 n. 176

Redazione 08/04/10
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo e motivi della decisione. – I – Il ricorrente, dipendente comunale con la III q. f. (operatore scolastico), essendo ristretto in vincoli per effetto di una misura cautelare penale emessa dal G.i.p. di Campobasso in data 24.2.1997, in quanto indagato per reati gravi (associazione per delinquere finalizzata ad usura, estorsione e altro), veniva sospeso cautelarmente dal servizio, con determina dirigenziale n. 468 del 17.3.1997, ai sensi dell’art. 27 comma primo C.C.N.L. Rimesso in libertà in data 31.7.1997, nella stessa data era condannato dal G.u.p. a tre anni e dieci mesi di reclusione. Il ricorrente chiedeva la riammissione al servizio, ma il Comune, con la delibera G.M. n. 776 del 1997, disponeva la proroga della sospensione dal servizio fino alla pronuncia della sentenza irrevocabile, ai sensi dell’art. 27 comma terzo C.C.N.L. Insorge per impugnare i seguenti atti: 1) delibera di G.M. n. 776 del 26.9.1997, notificata il 2.10.1997, con la quale il Comune di Campobasso ha prorogato la sospensione del ricorrente dal servizio ex art. 27 comma terzo del C.C.N.L. – comparto enti locali; 2) ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso. Chiede, altresì, la declaratoria del suo diritto ad essere riammesso in servizio con decorrenza dal 1°.8.1997, data di cessazione delle misure restrittive della libertà personale. Deduce i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione art. 27 C.C.N.L. comparto enti locali, violazione art. 25 C.C.N.L. comparto enti locali, violazione art. 27 Costituzione, violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 29/1993, **** n. 3/1957, art. 3 legge n. 241 del 1990, artt. 7 e 8 legge n. 241/1990, eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, illogicità manifesta, contraddittorietà, difetto di istruttoria, perplessità, eccesso di potere sotto diversi, ulteriori e molteplici profili.
Con due successive memorie, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.
Si costituisce il Comune intimato, deducendo, anche con successiva memoria conclusionale, la infondatezza del ricorso, nonché la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’avvenuto licenziamento del ricorrente.
Con la ordinanza n. 50 del 1998, questa Sezione respinge la domanda cautelare della parte ricorrente.
All’udienza del 24 marzo 2010, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è procedibile. Anche dopo il licenziamento del ricorrente, sussiste il suo interesse a vedere riconosciuto il diritto alla riammissione in servizio dal 1°.8.1997 fino al giorno del licenziamento, con la eventuale conseguenza della "restitutio in integrum" economica.

III – Nondimeno, il ricorso è infondato.
Il ricorrente si è reso responsabile di reati gravi e il relativo procedimento penale si è definito con la sentenza del 19.10.1998, che gli ha inflitto la pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, nonché la multa di 1,4 milioni di lire e la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, per la durata di anni cinque. Sospeso in via cautelare dal servizio di operatore scolastico (III q.f.), con provvedimento del Comune resistente, è stato sottoposto a procedimento disciplinare e licenziato con determina dirigenziale n. 2752 del 15.12.1998.
La sospensione cautelare – anche alla luce della condanna penale e del successivo licenziamento – appare più che giustificata. Allo stesso modo, è da ritenersi plausibile e resistente alle censure del ricorso l’impugnato provvedimento di non riammissione in servizio del ricorrente, al termine del periodo di custodia cautelare in carcere.
Il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio del pubblico dipendente ristretto in vincoli per misure penali è privo di carattere sanzionatorio e, finché dura la misura interdittiva, esso è giustificato dall’impossibilità di esecuzione della prestazione nel periodo della custodia cautelare. Cessata quest’ultima, il perdurare della sospensione dal servizio acquista ragion d’essere e presupposti diversi, riferibili alla prioritaria esigenza di tutela dell’immagine, del prestigio e, in certi casi, anche della sicurezza dell’Amministrazione (cfr.: Cons. Stato V, 14.5.2003 n. 2557; T.A.R. Basilicata Potenza I, 9.7.2008 n. 384).
E’ pacifico che, quando il dipendente pubblico è sospeso dal servizio perché raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare, l’Amministrazione datrice non sia obbligata a riammetterlo automaticamente in servizio, al momento in cui venga meno la misura interdittiva (cfr.: Cass. Civile Sez. Lavoro 16.2.2010 n. 3600). Viceversa, l’Amministrazione deve effettuare una valutazione discrezionale di fatti e comportamenti ascritti alla responsabilità del proprio dipendente e, in relazione alla gravità dei medesimi, potrà decidere di non riammetterlo in servizio, per evitare che la riammissione rechi turbamento o nocumento all’attività pubblica e l’eventuale risonanza ambientale nuoccia all’immagine di essa (cfr.: T.A.R. Campania Napoli VI, 3.5.2007 n. 4656).
Nel caso di specie, la conferma della sospensione cautelare a tempo indeterminato al cessare della custodia in carcere appare tutt’altro che illogica e sproporzionata, se si considera la gravità dei reati per i quali il ricorrente è condannato (cfr.: T.A.R. Umbria Perugia I, 23.12.2009 n. 816).
E’ vero che l’atto impugnato è stato adottato con valutazione discrezionale dell’Amministrazione circa il comportamento posto in essere dal proprio dipendente, ma è altresì vero che – essendo la valutazione necessariamente condizionata da criteri di urgenza e celerità, stante la preminente esigenza di tutelare gli interessi di rilievo pubblico coinvolti e il prestigio dell’Amministrazione, potenzialmente compromesso dalla condotta del dipendente – è comprensibile come il relativo procedimento non sia gravato dagli obblighi partecipativi e dalle garanzie di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 (cfr.: Cons. Stato VI, 11.1.2010 n. 19).
I motivi del ricorso sono, pertanto, destituiti di fondamento. Non vi è stata violazione, né falsa applicazione della disciplina contrattuale, atteso che la medesima prevede la possibilità di una sospensione cautelare facoltativa dal servizio di dipendenti pubblici, per situazioni di particolare gravità. Non è stato disatteso il principio della presunzione di non colpevolezza, in quanto la sospensione come già detto non ha natura afflittiva, né funzione anticipatoria della sanzione disciplinare. La normativa di settore risulta applicata correttamente e, come già detto, non sussiste violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990, stante le esigenze di celerità e urgenza dell’applicazione cautelare. Il provvedimento impugnato è congruamente motivato con il richiamo alle esigenze di tutela dell’immagine dell’Amministrazione.

IV – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M. – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respinge il ricorso in epigrafe, perché infondato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all’Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Redazione