Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia Brescia sez. I 7/5/2008 n. 487

Redazione 07/05/08
Scarica PDF Stampa

Fatto

Il Consorzio ricorrente, unico partecipante alla gara, si aggiudicava l’appalto dei servizi sanitari e socio assistenziali, alberghieri e amministrativi della RSA "Spazzini-******" per il periodo 1.6.2007-30.6.2010, indetto dal Comune di Castelcovati con bando pubblicato in data 16.3.2007.
Prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, la stazione appaltante pubblicava, sul proprio sito Internet (profilo del committente ex art. 3 comma 35 del D.Lgs. n. 163/2006), un avviso integrativo del bando recante l’indicazione di provvedere, ai sensi dell’art. 1 commi 65 e 67 della Legge n. 266/2007 e della delibera 10.1.2007 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori pubblici, servizi e forniture (di seguito Autorità) al pagamento della somma di euro 80 (rif. CIG 9025552E29).
Con determinazione 14.5.2007 n. 136, il Responsabile del Servizio decideva, tuttavia, di non approvare le risultanze di gara, di annullare la stessa e, conseguentemente, di procedere con l’indizione di una nuova gara d’appalto.
Quest’ultima determinazione veniva adottata sul rilievo che il contributo di cui all’art. 8 comma 12 del D.Lgs. n. 163/2006, a carico dell’offerente, era stato versato da quest’ultimo direttamente al Comune anziché all’Autorità. Tale circostanza avrebbe quindi dovuto considerarsi causa di esclusione per violazione dell’art. 3 comma 3 della predetta deliberazione della stessa Autorità in data 10.1.2007, secondo cui l’errato pagamento deve intendersi come non effettuato.
Al riguardo vengono dedotte le seguenti censure:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 21-quinquies, 21-octies e 21-nonies della Legge n. 241/90, nonché dell’art. 55 comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006, per carenza dei presupposti di pubblico interesse per l’esercizio dell’autotutela amministrativa, sia con riferimento all’aggiudicazione intervenuta nei confronti del ricorrente, sia con riferimento all’intera procedura di gara (che andrebbe quindi rinnovata con la pubblicazione di un nuovo bando);
2. Violazione degli artt. 7 e ss. della Legge n. 241/90 per omessa comunicazione di avvio del procedimento di autotutela;
3. Violazione di legge, falsa applicazione della deliberazione in data 10.1.2007 dell’Autorità, nonché eccesso di potere, in quanto la ricorrente aveva comunque provveduto al pagamento del contributo direttamente al Comune (entro termini stabiliti) il quale avrebbe poi dovuto riversarlo all’Autorità;
4. Violazione degli artt. 8 comma 12, 20, 27 e 257 del D.Lgs. 163/2006, poiché il contributo non sarebbe stato dovuto in relazione alla gara in oggetto (bandita e aggiudicata in data antecedente all’1.7.2007);
5. Violazione di legge ed eccesso di potere per contraddittorietà, poiché la lex specialis di gara non contemplava l’obbligo di corrispondere il contributo in oggetto, per cui l’omissione della stazione appaltante non poteva flettersi negativamente sugli interessi del ricorrente (motivi 5 e 6 del ricorso introduttivo).
Il ricorrente avanza, inoltre, istanza di risarcimento dei danni a titolo contrattuale ed extracontrattuale, con riserva di quantificazione degli stessi in corso di causa.
Si è costituito in giudizio il Comune di Castelcovati per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
Con ordinanza 28.11.2007 n. 135, veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Autorità, sul rilievo che l’eventuale accoglimento del quarto motivo di ricorso avrebbe potuto riflettersi direttamente e negativamente sugli interessi economici della stessa.
L’integrazione veniva regolarmente effettuata, come da atti depositati in giudizio.
Si è quindi costituita, tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato, l’Autorità predetta. La stessa contesta, per i profili di merito di proprio interesse, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
All’udienza del 16.4.2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto
1. Ricorso è fondato nei limiti che seguono.
2. Con il primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 21-quinquies, 21-octies e 21-nonies della Legge n. 241/90, nonché dell’art. 55 comma 4 del D.Lgs. n. 163/2006, per carenza dei presupposti di pubblico interesse per l’esercizio dell’autotutela amministrativa, sia con riferimento all’aggiudicazione intervenuta nei confronti del ricorrente, sia con riferimento all’intera procedura di gara (che andrebbe quindi rinnovata con la pubblicazione di un nuovo bando).
La doglianza non può essere condivisa.
È innanzitutto necessario qualificare il provvedimento impugnato.Con la determinazione n. 136/07, il Responsabile del Servizio, dopo aver negato l’approvazione del verbale conclusivo in data 26.4.2007, disponeva la revoca della determinazione n. 39/2007 (determinazione a contrattare) dando nel contempo atto dell’avvenuto annullamento dell’intera procedura con conseguente necessità di procedere all’indizione di una nuova gara d’appalto.
Il Collegio osserva, al riguardo, che, al di là della non chiara commistione tra i diversi istituti della revoca (art. 21-quinquies della Legge n. 241/90) e dell’annullamento d’ufficio (art. 21-nonies della Legge n. 241/90), la determinazione in oggetto deve essere qualificata come atto conclusivo della procedura aperta con il quale, il Responsabile del Servizio, esercita i poteri conclusivi di controllo e di verifica sull’operato della Commissione aggiudicatrice e dispone (o nega) l’aggiudicazione definitiva.
Va ricordato, sul punto, che in tema di procedura di pubblica gara l’attività della Commissione, che svolge compiti di natura essenzialmente tecnica, con funzione preparatoria e servente rispetto all’Amministrazione appaltante, essendo investita della specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, finalizzata all’individuazione del miglior concorrente possibile, si esaurisce con l’approvazione dei relativi atti da parte degli organi amministrativi competenti, mediante il provvedimento di aggiudicazione definitiva (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 11.10.2007 n. 5354, che richiama Cons. Stato, Sez. VI n. 2728/05).
Il ricorrente non contesta la sussistenza dei predetti poteri in capo alla Stazione appaltante, la quale, in sede di aggiudicazione definitiva, ha considerato insanabile il pagamento del contributo ex art. 8 comma 12 del D.Lgs. n. 163/2006 effettuato direttamente al Comune anziché all’Autorità, disponendo sostanzialmente l’esclusione del ricorrente e dichiarando deserta la gara essendo pervenuta una sola offerta.
La naturale conseguenza, secondo la logica che ha ispirato il Responsabile del servizio, non poteva quindi che essere la riedizione della procedura di gara, con la pubblicazione di un nuovo bando e la fissazione di un termine per la presentazione di nuove offerte.
Quanto alla sorte della determinazione a contrattare n. 39/2007 (che sembrerebbe essere stata revocata e comunque privata di ogni effetto), va rilevato che il ricorrente non specifica quale sia il proprio interesse alla conservazione del predetto provvedimento per le parti non necessariamente da rinnovare. Del resto non si può affermare con certezza che l’eventuale modifica delle condizioni di gara produrrà necessariamente un effetto lesivo nei confronti del ricorrente. Sotto tale profilo il motivo è quindi inammissibile per difetto di interesse.
3. Con il secondo motivo viene invece dedotta violazione degli artt. 7 e ss. della Legge n. 241/90 per omessa comunicazione di avvio del procedimento di autotutela.La censura è infondata.
Il Collegio concorda con la difesa comunale nella parte in cui richiama il recente orientamento giurisprudenziale che distingue, in tema di annullamento dell’aggiudicazione, l’ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, da quella dell’annullamento di ufficio dell’aggiudicazione definitiva. Al riguardo è stato affermato che, nella prima ipotesi, non si richiede alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento, a differenza del secondo caso, nel quale il procedimento non può legittimamente espletarsi ed il provvedimento non può essere adottato senza la preventiva comunicazione di avvio, in ragione della posizione qualificata di vantaggio costituita in capo al titolare, dal provvedimento amministrativo definitivo (per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 13.7.2006 n. 4426).
Sotto il profilo in esame assume rilevanza la natura di atto endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria che si inserisce nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente aggiudicatario risulta consacrata soltanto con l’aggiudicazione definitiva. Di conseguenza, quando l’amministrazione intende adottare decisioni conclusive difformi rispetto all’aggiudicazione provvisoria, non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, vantando in tal caso l’aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa alla conclusione del procedimento.
Va tuttavia ricordato che il legislatore (con l’introduzione dell’art. 10-bis della Legge n. 241/90) ha comunque avvertito l’esigenza partecipativa che, nei procedimenti ad istanza di parte, l’interessato (piuttosto che essere previamente avvisato dell’avvio del procedimento) sia informato delle ragioni che si oppongono alla soddisfazione della sua pretesa. Detta censura non è stata tuttavia dedotta dall’odierno ricorrente, per cui il Collegio non può entrare nel merito di tale profilo.
Va infine osservato che, secondo l’indirizzo generale, le conseguenze dell’omesso avviso di avvio del procedimento (ai fini della legittimità o meno dell’atto conclusivo del procedimento stesso), vanno esaminate in un’ottica sostanzialistica e non meramente formale, secondo i principi recepiti anche a livello legislativo (cfr. art. 21-octies comma 2 della Legge n. 241/90). L’omessa comunicazione non concretizza quindi ex se un vizio procedimentale, ma vizia l’azione amministrativa solo qualora abbia effettivamente impedito la partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo attraverso l’introduzione di elementi valutativi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione finale.
Sul punto il ricorrente si limita a riferire che il proprio contributo partecipativo avrebbe riguardato gli elementi contenuti nell’odierno ricorso (omessa previsione del bando di gara, pagamento comunque effettuato, obbligo del Comune di riversare il pagamento all’Autorità, ecc.).
Il Collegio osserva, al riguardo, che tali elementi dovevano ritenersi presenti nel patrimonio valutativo e istruttorio dell’Amministrazione al momento di adozione della contestata decisione (indipendentemente dalla legittimità della stessa), per cui, di fatto, l’interessato non avrebbe prodotto, nella sostanza, alcun elemento nuovo che potesse sostenere una diversa decisione finale.
4. In ordine logico deve ora essere esaminato il quarto motivo di ricorso, con cui si deduce violazione degli artt. 8 comma 12, 20, 27 e 257 del D.Lgs. 163/2006, poiché il contributo non sarebbe stato dovuto in relazione alla gara in oggetto (bandita e aggiudicata in data antecedente all’1.7.2007).
Anche la predetta censura non può essere condivisa.
Va al riguardo ricordato che l’art. 6 del D.Lgs. n. 163/2006 ha esteso i compiti dell’Autorità (in precedenza circoscritti al settore dei lavori pubblici) a tutti contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché, entro certi limiti, sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall’ambito di applicazione del Codice dei contratti, al fine di garantire l’osservanza dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara. Si tratta di funzioni molteplici e variegate, dettagliatamente elencate dagli artt. 6, 7 e 8 del citato D.Lgs. n. 163/2006.
Il comma 12 di quest’ultimo articolo stabilisce poi che all’attuazione dei nuovi compiti l’Autorità faccia fronte senza nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, ai sensi dell’art. 1, comma 67, della Legge n. 266/2005, ossia mediante finanziamento da parte del mercato di competenza per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio erariale. Di conseguenza è la stessa Autorità che determina annualmente l’ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione.
Con l’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici l’Autorità ha quindi esteso, da subito, l’ambito dei propri poteri e settori di intervento, con necessità di una immediata riorganizzazione interna finalizzata a fronteggiare le nuove funzioni.
La circostanza, dedotta dal ricorrente, che l’art. 257 comma 2 del Codice abbia posticipato di un anno l’entrata in vigore delle disposizioni in tema di obblighi di comunicazione, nei confronti della stessa Autorità e dell’Osservatorio, riguardanti servizi e forniture, non può considerarsi decisiva ai fini dell’individuazione della data di entrata in vigore della norma di autofinanziamento di cui al ridetto art. 8 comma 12 del D.Lgs. n. 163/2006.
Si tratta, infatti, solo di una parte delle nuove funzioni; parte che comunque presuppone una attività organizzativa preparatoria con necessità di disporre delle corrispondenti risorse economiche.
Il pagamento del contributo era quindi dovuto, salvo eventualmente valutare la congruità della relativa misura in relazione alla natura del contratto in oggetto (circostanza comunque non dedotta dal ricorrente).
5. Va invece condiviso il quinto motivo di ricorso con cui si deduce violazione di legge, falsa applicazione della deliberazione in data 10.1.2007 dell’Autorità, nonché eccesso di potere, in quanto la ricorrente aveva comunque provveduto al pagamento del contributo direttamente al Comune (entro termini stabiliti) il quale avrebbe poi dovuto riversarlo all’Autorità. Per ragioni di completezza e di unitarietà della trattazione il Collegio ritiene di esaminare congiuntamente anche i restanti due motivi contenuti nel ricorso introduttivo.Va innanzitutto osservato che la corresponsione del contributo in oggetto è dovuta ai fini dell’ammissione alla gara. Ciò emerge espressamente dall’inciso contenuto nell’art. 1 comma 67 della Legge n. 266/2005, nella parte in cui stabilisce "l’obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell’offerta".
L’omesso versamento costituisce quindi causa di esclusione (o di non ammissione) prevista direttamente dalla legge e, come tale, operante indipendentemente dalle previsioni della lex specialis di gara, secondo i principi ormai consolidati in giurisprudenza riguardanti l’eterointegrazione del bando attraverso norme imperative di legge autoesecutive non espressamente richiamate.
Resta da chiarire se il versamento effettuato secondo disposizioni diverse da quelle impartite dall’Autorità costituisce anch’esso causa di esclusione oppure rappresenta una mera irregolarità sanabile nel corso della procedura.
Il Collegio ritiene di condividere questa seconda conclusione in forza del noto principio di stretta interpretazione delle cause di esclusione dalle gare pubbliche, dovendosi dare la prevalenza alla diversa esigenza che postula la più ampia partecipazione alle stesse, così che il soggetto che bandisce gli esperimenti possa ottenere le migliori condizioni contrattuali.
Nel caso in esame il contributo è stato materialmente introitato dal Comune (anch’esso soggetto passivo del contributo in questione), per cui la relativa somma è uscita dalla disponibilità patrimoniale del debitore principale (l’offerente).
La circostanza che detta somma sia stata introitata da un soggetto istituzionale diverso dal creditore non può costituire causa di esclusione in difetto di una espressa comminatoria, poiché, in caso contrario, la partecipazione ad una gara verrebbe subordinata ad adempimenti formali, spesso di non facile individuazione nel silenzio della lex specialis, difficilmente riconducibili ad interessi pubblici sostanziali della stazione appaltante.
Un caso in parte analogo è già stato trattato dalla giurisprudenza amministrativa, che questo Collegio condivide, la quale ha considerato semplice irregolarità il versamento effettuato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Roma (e non direttamente all’Autorità), cioè ad un soggetto diverso benché incaricato della riscossione fino al 2006 (cfr. Tar Puglia, Lecce, Sez. III, 29.3.2008 n. 911).
La stazione appaltante è anch’essa obbligata al pagamento del contributo in esame, per cui non si può sostenere che si tratti di un soggetto del tutto estraneo alla procedura. Del resto è interesse della stessa stazione appaltante ampliare l’area dei partecipanti, riversando a sua volta il contributo, dovuto dall’operatore economico, direttamente all’Autorità, pur con le indubbie difficoltà di tipo organizzativo e contabile che ne possono conseguire. Nella sostanza ciò che conta è che il predetto contributo venga comunque versato alle casse dell’Ente beneficiario, indipendentemente dal soggetto che materialmente esegue l’operazione contabile ovvero che sussista comunque la certezza, da parte della stazione appaltante (che deve eventualmente applicare la causa di esclusione), che il versamento all’Autorità sarà effettuato nella misura dovuta.
In ogni caso grava sulla stazione appaltante un obbligo di immediata informazione nei confronti dell’operatore economico che abbia erroneamente versato il contributo nelle relative casse anziché in quelle dell’Autorità, al fine di consentire una tempestiva regolarizzazione del pagamento.
Il ricorso è quindi fondato sotto il profilo in esame, per cui va accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
6. Ciò determina il risarcimento per reintegrazione in forma specifica nella posizione assunta prima dell’adozione del citato provvedimento. Non sono stati quantificati, da parte del ricorrente, ulteriori danni economici.
7. La complessità e la novità della controversia costituiscono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Redazione