Trasferimenti di militari ad altra sede di servizio (Cons. Stato n. 2261/2013)

Redazione 23/04/13
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FATTO

Il sig.P. ******** caporal maggiore capo dell’Esercito, in servizio, quale volontario in servizio permanente effettivo, presso il terzo Reggimento Bersaglieri con sede in Teulada presentava alla sua Amministrazione domanda di trasferimento da detta sede di servizio , considerata “disagiata”, ad altra sede .

Lo Stato Maggiore Esercito con nota prot. n..9477 del 16 novembre 2010 rigettava la domanda di trasferimento sul rilievo che la procedura attivata in applicazione delle direttive emanate nel 2008 “è da riferirsi esclusivamente al personale ivi trasferito con un provvedimento di autorità, mentre l’istante è stato trasferito a Teulada in accoglimento di apposita domanda”.

Tale provvedimento veniva impugnato dall’interessato innanzi al TAR della Sardegna, deducendosi a carico dell’atto in questione vari vizi di legittimità, tra cui quello di disparità di trattamento.

In relazione a tale dedotto profilo di illegittimità, il citato sottufficiale presentava istanza di acceso alla documentazione detenuta dall’Amministrazione per ottenere l’esibizione degli atti relativi a trasferimenti di altri sottufficiali ed ufficiali che sarebbero stati disposti in quel periodo e in assenza di riscontro alla richiesta de qua l’interessato presentava, sempre innanzi al predetto Tribunale territoriale, impugnativa ex art.25 della legge n.241 del 1990.

Intanto il Tar con sentenza n. 834/2011 rigettava il ricorso avverso il provvedimento di diniego del chiesto trasferimento, giudicandolo in fondato e coevemente al deposito di detta sentenza ( 20 luglio 2011 ) veniva consentito dall’Amministrazione della Difesa il chiesto accesso .

IL sig. P. ha impugnato tale decisum, deducendo la erroneità del medesimo, per non avere il primo giudice colto la profonda ingiustizia dell’atto di diniego ed essersi pedissequamente appiattito sulle ragioni dell’amministrazione.

L’appellante dopo aver chiesto che questo giudice di appello riesamini ed accolga i profili di doglianza già denunciati in primo grado e qui richiamati e riproposti, critica le osservazioni e prese statuizioni del Tar , frutto a suo avviso di una erronea interpretazione della normativa che regge i trasferimenti per il titolo richiesto ed insiste nella già dedotta disparità di trattamento che sarebbe confermata dagli esiti di accesso alla documentazione di cui all’espletato accesso.

Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero della Difesa che ha chiesto la reiezione del proposto gravame.

All’odierna udienza pubblica la causa viene trattenuta per la decisione

DIRITTO

L’appello è infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Il Collegio è chiamato a verificare la legittimità o meno del diniego opposto dall’Amministrazione della Difesa in ordine alla domanda di trasferimento dell’appellante sottufficiale da una sede di servizio considerata disagiata ( Teulada ), avanzata dall’interessato ai sensi della normativa costituita dalle c.d. direttive contenute nel Testo Unico sulle procedure per l’impiego del personale militare dell’Esercito del 2008.

Sostiene in particolare l’interessato che in applicazione delle suindicate direttive , egli ha sostanzialmente diritto ad essere trasferito da Teulada, dopo aver compiuto il triennio di permanenza in detta sede disagiata, come peraltro già disposto dalla stessa Amministrazione per altri colleghi..

L’assunto difensivo propugnato dal sig. P. in primo grado e qui riproposto non appare condivisibile.

In primo luogo va respinta la censura già denunciata in prime cure e qui da intendersi riprodotta circa l’avvenuta violazione della diposizione legislativa di cui all’art.10 bis della legge n.241/90..

Sono state più volte sottolineate da questo Consiglio di Stato la natura e la specialità degli atti riguardanti il trasferimento dei militari ( cfr Sez. IV n.623/2011 ) e si è avuto modo di far presente come in realtà le determinazioni che riguardano la mobilità del personale organico alle Forze Armate risponde a dei fini strettamente organizzativi, per cui, anche in presenza di trasferimenti a domanda , gli atti che definiscono tali istanze, quanto alla normativa di riferimento, subiscono alcuni limiti , nel senso che ad essi non appare applicabile tout court la normativa di tipo garantista dettata dalla legge sul procedimento amministrativo ( cfr Sez. IV nn. 6273/09 e 7614/09) e se così è, nella specie, non appare configurabile a carico del provvedimento negativamente assunto il vizio di mancata comunicazione delle ragioni ostative.

Tornando alla quaestio iuris fondamentalmente dedotta in giudizio, una corretta applicazione delle regole ermeneutiche da utilizzarsi per la “ lettura” del regime giuridico disciplinante il rapporto che viene in rilevo, porta a concludere per la legittima fondatezza delle ragioni addotte dall’Amministrazione a sostegno dell’opposto diniego.

Ritiene invero il Ministero che il P. non possa giovarsi del chiesto trasferimento, in quanto la possibilità di essere trasferito da una sede disagiata come Teulada spetti unicamente al militare che in tale sede è stato in precedenza trasferito d’autorità e non a chi come l’appellante a Teulada è stato trasferito su domanda.

Ebbene, un tale assunto appare corretto, posto che si rivela congruo in relazione ai principi fondamentali che regolano la materia dei trasferimenti nell’ambito dell’organizzazione militare e soprattutto non contrasta con la normative dettata dal testo unico sulle procedure per l’impiego del personale militare dell’Esercito edizione 2008 ai sensi della quale pure l’interessato ha inteso far valere il suo “ diritto” al trasferimento ad altra sede.

Nelle predette direttive , invero, è previsto che il militare , dopo tre anni di permanenza in sede disagiata ( e l’appellante ha maturato tale periodo minimo di permanenza a Teulada ) può chiedere, a domanda, di essere trasferito ad una sede di suo gradimento ed è altresì vero che in detta normativa non è prevista la limitazione costituita dal fatto che nella sede di “partenza “ il militare a suo tempo deve essere stato trasferito di autorità : nondimeno, ritiene il Collegio che l’assenza di un apposito divieto per i trasferiti a domanda ( come il P. ) non impedisce all’Amministrazione di denegare il chiesto “ ulteriore” trasferimento..

Invero, avuto riguardo allo status di militare e alla specialità dell’organizzazione militare, il trasferimento a domanda costituisce un beneficio che in un certo qual modo deroga alla regole per così dire anelastiche finalizzate ad assicurare le esigenze organizzative proprie delle strutture militari, sicchè, l’ulteriore domanda di trasferimento si atteggia come ulteriore deroga e quindi si impone una lettura restrittiva delle disposizioni che regolano la mobilità degli appartenenti alle Forze Armate, con la conseguenza che le aspettative rappresentate dal singolo militare aspirante al trasferimento appaiono decisamente recessive rispetto alle superiori esigenze organizzative proprie dall’Amministrazione della Difesa, senza che possa ravvisarsi nell’opposto diniego, in assenza di un aspecifica disposizione che deponga univocamente in senso voluto dall’attuale appellante, una illogicità o arbitrarietà della determinazione negativamente assunta.

Insomma nella interpretazione del caso de quo, appare ragionevole ritenere che il favor costituito dalla possibilità di fare domanda di trasferimento dopo tre anni d permanenza in sede disagiata va riconosciuto esclusivamente per coloro che hanno già subito la “deteriore” assegnazione d’ufficio a tale sede , sì da “premiarli”, una volta che i medesimi hanno espletato per un periodo di tempo prefissato il servizio nella struttura sita in quella località .

Non appare meritevole di accoglimento, infine, la doglianza di disparità di trattamento la cui fondatezza ad avviso dell’appellante sarebbe evidenziata dagli esiti dell’avvenuto accesso ai documenti pure richiesto ed espletato.

A parte il fatto che non è dimostrata la condizione essenziale su cui si fonda tale tipologia di vizio, l’esistenza di situazioni assolutamente omologhe, in ogni caso, siamo in presenza di atti che costituiscono espressione di apprezzamento assolutamente non sindacabile nel merito per i quali non è configurabile, in ragione di tale natura, il vizio di legittimità costituito da un diversificato trattamento.

In forza delle suestese considerazioni, l’appello, in quanto infondato, va respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila /00 ) oltre *** e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013

Redazione