Timore di un pericolo immaginario ingenerato nella persona offesa, truffa aggravata, estorsione (Cass. pen., n. 47207/2013)

Redazione 28/11/13
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Svolgimento del processo

Il G.U.P. del Tribunale di Taranto, con sentenza in data 26 novembre 2012, dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.F. e di C.T. in ordine ai reati di cui agli artt. 81, 110, 640 c.p. e 56, 640 c.p., così diversamente qualificato il fatto di cui all’originaria imputazione ex artt. 81, 110, 629 cpv. c.p. e 56, 629 cpv. c.p., per difetto di valida querela.
Secondo l’originaria imputazione, i predetti, in concorso tra loro, dietro minaccia implicita di non restituire un attrezzo per cantiere edile, precedentemente sottratto, costringevano il proprietario a corrispondere loro la somma di Euro 2.000, complessivi, in due volte; inoltre, ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la persona offesa, cui non avevano ancora restituito l’attrezzo in questione e, quindi, sempre dietro la minaccia implicita di non restituirglielo in futuro, a corrispondere loro la somma ulteriore di Euro 2.000, tentativo non riuscito per cause indipendenti dalla loro volontà. Il G.U.P. riteneva che da parte degli imputati non vi fosse mai stata una vera e propria minaccia implicita e neppure l’allegazione del timore di un pericolo immaginario, ma che essi si limitarono a circuire ed ingannare la persona offesa, pattuendo con questi un compenso per il loro interessamento ai fini del ritrovamento del mezzo, ma in realtà senza adoperarsi in alcun modo a tal fine. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, deducendo la inverosimiglianza della prospettata qualificazione giuridica, poiché la richiesta stessa del denaro, a fronte di un furto perpetrato e ai fini della restituzione del mezzo sottratto, ha una carica di per sé intimidatoria; censurando il superamento dei limiti fissati alla funzione del G.U.P. nell’udienza preliminare; lamentando che, comunque, la truffa dovrebbe considerarsi aggravata ai sensi dell’art. 61 n. A c.p..

Motivi della decisione

Il motivo di ricorso è fondato, in quanto la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi giuridici elaborati da questa Suprema Corte. Infatti, premesso che integra il delitto di estorsione la condotta di colui che chiede ed ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo per l’attività di intermediazione posta in essere per la restituzione del bene sottratto, in quanto la vittima subisce gli effetti della minaccia implicita della mancata restituzione del bene come conseguenza del mancato versamento di tale compenso (Sez. 2, n. 6818 del 31/01/2013, Piazza, Rv. 254501), questa Corte ha ulteriormente chiarito che il reato di truffa aggravata dall’essere stato ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario (art. 640 cpv. n. 2 cod. pen.) si configura allorché venga prospettata al soggetto passivo una situazione di pericolo che non sia riconducibile alla condotta dell’agente, ma che anzi da questa prescinda perché dipendente dalla volontà di un terzo o da accadimenti non controllabili dall’uomo; in tal caso la vittima viene infatti indotta ad agire per l’ipotetico pericolo di subire un danno il cui verificarsi, tuttavia, viene avvertito come dipendente da fattori esterni estranei all’agente, che si limita pertanto a condizionare la volontà dell’offeso, senza peraltro conculcarla, con una falsa rappresentazione della realtà; al contrario se il verificarsi del male minacciato, pur immaginario, viene prospettato come dipendente dalla volontà dell’agente, il soggetto passivo è comunque posto davanti all’alternativa di aderire all’ingiusta e pregiudizievole richiesta del primo o subire il danno: in tali ipotesi pertanto si configura il delitto di estorsione, ed a nulla rileva che la minaccia, se credibile, non sia concretamente attuabile. (Fattispecie relativa alla richiesta di una somma di danaro per la restituzione di un motociclo rubato formulata da un soggetto che aveva tratto in inganno il derubato falsamente affermando di avere la disponibilità del mezzo) (Sez. 2, n. 7889 del 27/03/1996, ********, Rv. 205606). La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Taranto, che rivaluterà i fatti alla luce dei predetti principi di diritto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Taranto.

Redazione