Tentata violenza privata per l’amministratore di condominio che limita gli spazi comuni con ostacoli materiali e cartelli di divieto (Cass. pen. n. 43177/2012)

Redazione 08/11/12
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Ritenuto in fatto

1.Con sentenza del 27 settembre 2011 la Corte d’appello di Perugia confermava la condanna di P. G. alla pena di giustizia per il reato di tentata violenza privata commesso apponendo, nella sua qualità di amministratore dello stabile, un cartello recante il divieto di accesso ad una scala condominiale ed affisso su delle tavole collocate in modo da ostruire l’ingresso alla stessa, nonchè minacciando A. F. di impedirgli di accedere alla suddetta scala.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo deduce l’errata applicazione degli artt. 56 e 610 c.p., rilevando come gli atti ritenuti integrare il reato contestato non potrebbero ritenersi idonei alla consumazione dello stesso, atteso che le tavole non erano state fissate, ma potevano essere spostate e come in ogni caso la condotta addebitata all’imputato risulterebbe priva della connotazione violenta necessaria per determinarne la sussunzione nello schema legale della violenza privata. Né i tratti di tipicità della fattispecie in questione potrebbero rinvenirsi nelle frasi attribuite all’imputato, atteso che le stesse sono consistite sostanzialmente nel ribadire verbalmente il divieto espresso dal cartello, senza assumere i caratteri della minaccia penalmente rilevante. Con il secondo motivo si lamenta invece, in riferimento al medesimo profilo, la totale assenza di motivazione nel provvedimento impugnato.
2.2 Con il terzo motivo vengono infine rilevate analoghe lacune nell’apparato argomentativo della sentenza in merito alla mancata concessione della sospensione condizionale, che la Corte territoriale avrebbe negato ritenendo l’imputato incline al compimento di atti violenti anche dagli esiti drammatici senza fornire alcuna giustificazione in merito ed omettendo di analizzare invece la modesta entità dei precedenti del P. di per sé non ostativi al riconoscimento del beneficio.

 

Considerato in diritto

1.Il primo ed il secondo motivo sono inammissibili in quanto esulanti dal novero di quelli consentiti dall’art. 606 c.p.p. Infatti le censure con essi sollevate, dietro l’apparente denuncia di una violazione di legge o di vizi motivazionali della sentenza impugnata, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito — non consentita in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.
In realtà la Corte d’appello ha con motivazione incensurabile in questa sede evidenziato come la frapposizione di ostacoli materiali e il comportamento minaccioso dell’imputato integrino in maniera inequivocabile la fattispecie di tentata violenza privata contestata, a nulla rilevando in senso contrario né l’asserita rimovibilità dell’ostacolo eccepita dal ricorrente — atteso che i giudici del merito hanno dimostrato di aver comunque valutato l’intrinseca natura dello stesso — né il presunto carattere innocuo delle fasi proferite dall’imputato, atteso che tale giudizio si basa per l’appunto su di una soggettiva ed alternativa valutazione di elementi fattuali improponibile in sede di legittimità.
2. Fondato è invece il terzo motivo di ricorso, atteso che la motivazione del provvedimento impugnato è a dir poco criptica in ordine alla decisione adottata dalla Corte territoriale di negare all’imputato la sospensione condizionale, cui invece poteva avere accesso ancorchè pregiudicato, atteso che l’entità della precedente condanna riportata non impediva in astratto il riconoscimento del beneficio ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 164 c.p. Ed in tal senso — e proprio alla luce della modesta rilevanza della pena irrogata con la precedente condanna — non è dato comprendere a cosa si siano riferiti i giudici d’appello nel momento in cui hanno affermato la propensione dell’imputato a compiere atti violenti “sfociati in episodi anche drammatici”, poiché gli stessi non hanno inteso fornire le ulteriori e necessarie spiegazioni in grado di definire quali fossero i fatti ostativi ad una prognosi positiva sul futuro comportamento dell’imputato fondanti.
La sentenza deve dunque essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze per nuovo esame limitatamente alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena avanzata dall’imputato con i motivi di gravame.

 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena con rinvio alla Corte d’appello di Firenze per nuovo esame sul punto.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 4/10/2012

Redazione