Telefonia fissa – Tutela diritti costituzionalmente garantiti (Trib. Brindisi, 8/8/2012) (inviata dal dott. A. I. Natali)

Redazione 08/08/12
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Massima

1) Tutela cautelare – telefonia fissa – servizio “universale”- rilievo comunitario 

  

Il servizio di telefonia – stante l’attuale assetto normativo, eterointegrato dall’ordinamento comunitario – rientra nella categoria dei c.d. servizi universali che il livello sovranazionale di tutela – cui è estranea la distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi – riconosce quale oggetto di un diritto fondamentale del cittadino;  ciò, essendo desumibile dallo stesso processo di liberalizzazione del mercato della telefonia, imposto dalle direttive comunitarie e che la normativa interna ha provveduto ad attuare (cfr. direttiva  n.2002/22/CE  del  Parlamento  Europeo  e del Consiglio,  del  7 marzo  2002 (relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica).

  

2) Telefonia fissa – tutela diritti costituzionalmente garantiti – servizio    strumentale

  

Anche a disattendere tale valutazione in termini di “generale essenzialità” – ed è chiaro il rischio di contrasto che un’operazione concettuale di tale natura può innescare rispetto agli obblighi che derivano dal diritto comunitario, assistito dal principio di primauteè – il servizio di telefonia fissa, nell’ipotesi che il ricorrente svolga attività d’impresa, acquista, prima facie, un ruolo essenziale nella tutela di beni primari quali quello dell’iniziativa economica.

 

 

sciogliendo la riserva formulata all’ultima udienza;

rilevato che, secondo parte resistente, sotto il profilo del fumus, non sarebbe provato che sussista il lamentato malfunzionamento del servizio di telefonia fissa e che non si tratti, per contro, di un errato utilizzo dell’apparecchio telefonico ovvero dell’impianto privato interno da parte delle ricorrenti, le quali, si afferma, avrebbero potuto produrre una pur succinta C.T.P;

rilevato che, invero – sulla base delle sommarie informazioni assunte – parrebbe trattarsi, prima facie, di un problema tecnico nell’assicurazione della linea fissa, come tale ascrivibile alla sfera organizzativa della resistente. Peraltro, in tal senso depone anche il verosimile apprezzabile protrarsi nel tempo del disagio sofferto da parte ricorrente. Dunque, a meno che non postulare una peculiare incapacità di parte ricorrente nell’utilizzo di apparecchi oramai costituenti, dotazione necessaria di ogni abitazione o ufficio – assunto che, invero, contraddirrebbe il buon senso comune – deve ritenersi la fondatezza, prima facie, della lamentele dei ricorrenti;   

rilevato, sotto il profilo del fumus, che in punto di “tutela del bene – vita”, parte resistente afferma che il servizio di “telefonia commerciale” non sarebbe uno strumento “salva vita”;

rilevata la non condivisibilità di tale assunto.  Infatti, è innegabile che il servizio di telefonia – stante l’attuale assetto normativo, eterointegrato dall’ordinamento comunitario – rientri nella categoria dei c.d. servizi universali che il livello sovranazionale di tutela – cui è estranea la distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi – riconosce quale oggetto di un diritto fondamentale del cittadino. Ciò, si desume, peraltro, dallo stesso processo di liberalizzazione del mercato della telefonia, imposto dalle direttive comunitarie e che la normativa interna ha provveduto ad attuare. In particolare, merita menzione la  direttiva  n.2002/22/CE  del  Parlamento  Europeo  e del Consiglio,  del  7 marzo  2002 (relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica). In attuazione della stessa, il legislatore italiano ha approvato il Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1° agosto 2003, n.259) da cui è evincibile la volontà normativa di garantire la fruizione di tale bene primario. Sotto il profilo dell’ordinamento interno, la stessa Suprema Corte (sentenza 17041 del 2 dicembre 2002), così come anche il Giudice delle Leggi (sentenze 546/1994 e 1104/1998), sembrano condividere siffatto giudizio di essenzialità del servizio de quo. In particolare, la summenzionata sentenza della Cassazione – pur ribadendo  la permanente soggezione  del rapporto di utenza telefonica al regime contrattuale di diritto comune e alle relative regole di adempimento e di prestazione secondo buona fede oggettiva – lo eleva al rango di servizio pubblico essenziale;

rilevato che, anche a disattendere tale valutazione in termini di “generale essenzialità” – ed è chiaro il rischio di contrasto che un’operazione concettuale di tale natura può innescare rispetto agli obblighi che derivano dal diritto comunitario, assistito dal principio di primauteè – il servizio di telefonia fissa, in condizioni fattuali del tipo di quelle accertate nel caso di specie, acquista, prima facie, un ruolo essenziale nella tutela di beni primari quali quello dell’iniziativa economica di uno dei ricorrenti (************************* di ******** e **************** & Co), che costituisce, come noto, valore di rango costituzionale ex art. 41 Cost.; nonchè   dell’incolumità fisica degli ospiti del Santuario. Nel caso di specie, infatti, il servizio di telefonia fissa consente, in primis, di soddisfare le esigenze di assistenza medico-sanitaria, così come anche di reperimento di quanto necessario per la propria materiale esistenza di tali ultimi. Ciò soprattutto in presenza di soggetti (quelli dimoranti presso il Santuario ricorrente) che, come nel caso di specie – per la loro peculiare condizione esistenziale o fisica o per la collocazione della propria abitazione – hanno frequente necessità di rapportarsi con il mondo esterno avvalendosi dello strumento del telefono. Infatti, risulta in atti che alcuni dei componenti della comunità  che vivono presso la struttura ricorrente siano anziani e bisognevoli di cure medico –  sanitarie, così come è emersa la presenza di suore che vivono lontano dal pese di origine e che necessitano di comunicare con le proprie famiglie di origine (cfr. Tribunale Larino, 23 giugno 2008 secondo il quale “attesa l’importanza nevralgica del settore della telefonia per lo svolgimento delle ordinarie attività, anche di tipo professionale e lavorativo, non si può revocare in dubbio che l’illegittima sospensione del servizio comporti la privazione, in favore dell’utente, della possibilità di usufruire di un servizio pubblico essenziale, con indebite ripercussioni, non solo di tipo economico, ma anche di tipo relazionale, sulla esplicazione delle normali attività dell’utente medesimo, in danno del quale viene sospeso il servizio”). In secondo luogo,  è indubbio che l’attività della società ricorrente (**************) – per la sua stessa essenza commerciale e, quindi, per la sua intrinseca  e naturale vocazione alle relazioni con altri operatori economici – sia soggetta al pericolo di un pregiudizio grave e irreparabile. Peraltro, sotto altro profilo, essendo i luoghi dove è sito il Santuario meta di pellegrinaggio religioso, è evidente l’impossibilità per gli addetti allo stesso di poter accettare e soddisfare richieste di prenotazione per messe, visite guidate, al fine di ottemperare alla propria funzione pastorale;     

 

rilevato che la resistente avrebbe potuto attivarsi secondo le modalità ritenute tecnicamente più idonee a consentire il ripristino della regolarità del servizio di telefonia in favore del ricorrente. Ciò, facendo uso degli ampie prerogative riconosciute ad essa dal predetto Codice delle comunicazioni tra le quali è ricompreso anche il potere di attivare le procedure di costituzione di servitù a carico delle aree interessate o anche di esproprio delle stesse, se necessarie alla realizzazione degli impianti;

rilevato che, dunque, nel caso di specie, non ricorre alcuna situazione di materiale impossibilità – invero, neppure prospettata dalla resistente – che possa escludere l’obbligo d’intervento della soc. Telecom;

rilevato che analoghe censure la resistente svolge con riguardo al periculum, poichè non sarebbe stato provato (per esempio con una CTP) che, nei luoghi di causa, non vi sia copertura di rete per la telefonia mobile;

rilevato che anche sotto tale profilo dalle acquisite dichiarazioni dell’informatore sembra doversi desumere un’inidonea copertura della zona de qua da parte degli operatori della telefonia mobile;

rilevato che, d’altra parte, il requisito del periculum in mora non potrebbe, in ogni caso, essere escluso dalla possibilità – prospettata dalla soc. Telecom – di ricorrere ad un telefonino cellulare non soltanto perché quest’ultimo implicherebbe spese di gestione senz’altro più consistenti della telefonia fissa e un oggettivo pericolo per la stessa integrità fisica dell’utente (specie per l’apparato uditivo così come per quello cerebrale, essendo sempre più vivo e accreditato, nella comunità scientifica, il sospetto di un’incidenza nell’insorgenza della patologia tumorale), ma soprattutto perché non garantirebbe la medesima efficienza, essendo note le difficoltà contingenti dei cellulari di assenza di campo ovvero il pericolo che gli stessi siano inattivi ove non sistematicamente “ricaricati”;

                                                             P.Q.M.

accoglie il ricorso e per l’effetto:

1)     ordina alla T. di provvedere entro 20 giorni alla necessaria attività di “palificazione” sul terreno in questione o su altro terreno ad esso contiguo o, comunque, di provvedere secondo le modalità che essa valuterà come  tecnicamente più idonee a consentire il raggiungimento della finalità, di ripristinare la regolarità del servizio di telefonia in favore del ricorrente;

2)     condanna la T. S.P.A. rimborsare, in favore dei ricorrenti, le spese della procedura che si liquidano in complessivi €. 1500,00 di cui €. 150,00 per spese ed €. 850,00 per diritti ed euro 500 per onorari, oltre iva, cap e rimborso forfettizzato come per legge.

  

 Si comunichi    

                                      

Brindisi, 8 agosto 2012                                                      

 

IL GIUDICE  

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Redazione