Legittima la sospensione dall’esercizio della professione del sanitario che non ha effettuato il vaccino

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Il Tar Puglia-Lecce, Sezione II, con Decreto n. 480 del 5 agosto 2021, ha rigettato l’istanza cautelare formulata da una dottoressa contro la delibera che ne ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria senza retribuzione per non essersi sottoposta alla somministrazione del vaccino contro il Covid-19.

Tale delibera, peraltro, veniva adottata a seguito della valutazione negativa, ad opera della Asl datrice di lavoro, della possibilità di ricollocare il medico a mansioni non comportanti contatti diretti con utenti e colleghi.

Il Tar Puglia-Lecce, Sezione II respinge l’istanza di sospensione della delibera che, in applicazione dell’art. 4, d.l. 1° aprile 2021, n. 44, ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione del sanitario che non ha effettuato il vaccino per il Covid-19.

I fatti ad oggetto del giudizio

Una Dottoressa, in servizio presso l’Asl, è stata sospesa senza retribuzione dall’esercizio della professione, ad opera dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di appartenenza poiché si rifiutava di sottoporsi alla somministrazione del vaccino contro Covid-19.

In seguito, si è rivolta al Tar chiedendo l’annullamento, previa sospensiva, della relativa delibera.

La normativa di riferimento

Il provvedimento di sospensione impugnato discende dalla normativa emergenziale finalizzata al contenimento della diffusione del contagio da Covid-19 e, più in dettaglio, risulta espressione del D.L. n.44 del 1 aprile 2021, convertito nella L. n. 76/2021, dove si prevede l’obbligo della vaccinazione per coloro che esercitano le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, para-farmacie e negli studi professionali, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle cure.

L’articolo 4 del D.L. n.44 del 1° aprile 2021, convertito nella L. n. 76/2021 prevede “disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-Cov-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”.

In particolare, dispone che al fine di tutelare la salute pubblica e al fine di mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da Covid-19.

Tale vaccinazione è requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati.

Dall’immunizzazione in questione, il personale sanitario può risultare esonerato, anche temporaneamente, unicamente in ipotesi di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale. In tal caso, la vaccinazione non è obbligatoria, pertanto può essere omessa o differita.

Attraverso uno scambio di elenchi e di informazioni disciplinato dalla disposizione in questione le ASL datrici di lavoro ricevono la segnalazione che individua i sanitari non sottoposti a vaccinazione, ovvero che non hanno formulato la relativa istanza. In seguito, tali sanitari vengono invitati a comprovare l’avvenuta vaccinazione, la sua omissione, il differimento, o la presentazione della richiesta. In ipotesi di omessa presentazione della relativa documentazione, il sanitario entro 5 giorni viene invitato a sottoporsi a vaccinazione.

Infine, accertata l’inosservanza dell’obbligo vaccinale, la medesima Asl datrice di lavoro, mediante atto di accertamento, sospende il sanitario dal diritto di svolgere prestazioni che implicano contatti interpersonali o comunque comportano il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, quindi provvede a comunicare tale decisione all’interessato. Tale sospensione è comunicata all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza.

Ove possibile, il sanitario viene adibito a mansioni diverse, altrimenti, qualora ciò non risulti praticabile, viene sospeso senza retribuzione, fino al momento in cui non assolve all’obbligo vaccinale, fino al completamento della campagna di immunizzazione e, in ogni caso, non oltre la fine dell’anno 2021.

La natura di legge-provvedimento della disposizione

Relativamente alla sospensione dall’esercizio della professione, la normativa di cui trattasi si configura come legge-provvedimento, determinandosi ex lege l’effetto lesivo della posizione della ricorrente direttamente ed in via automatica.

Le leggi-provvedimento sono atti aventi forza di legge che hanno la peculiarità di incidere su casi e destinatari determinati e non presentano le caratteristiche dell’astrattezza e della generalità.

Proprio tale peculiarità, e dunque l’avere le caratteristiche della personalità riguardo ai destinatari, la concretezza riguardo al contenuto e gli effetti eccezionali, in passato, ha creato dubbi circa l’ammissibilità di tale fonte. La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in numerose casistiche, ha escluso tale inammissibilità, pur riservandosi uno stretto controllo di costituzionalità del rispetto del principio di ragionevolezza ed ha respinto la tesi della sussistenza della c.d. riserva di amministrazione. In particolare, alcune leggi-provvedimento hanno superato sia le obiezioni di fondo collegate al principio di separazione di poteri sia quelle legate al sistema delle garanzie, in quanto il diritto di difesa del cittadino non viene annullato, ma si connota secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale; tuttavia, il sindacato di costituzionalità sotto il profilo della non arbitrarietà e ragionevolezza delle scelte deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata è la natura provvedimentale dell’atto legislativo sottoposto a controllo.

La sentenza

Il Tar Puglia-Lecce, Sezione II, con Decreto n. 480 del 5 agosto 2021 respinge l’istanza di sospensione della delibera che, in applicazione dell’art. 4, d.l. 1° aprile 2021, n. 44, ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione del sanitario che non ha effettuato il vaccino per il Covid-19.

Nel respingere l’istanza cautelare, ha evidenziato che la ricorrente ha tenuto una condotta dilatoria e non collaborativa, tale da precludere all’amministrazione la possibilità di accertare eventuali situazioni non compatibili con l’obbligo vaccinale. L’Amministrazione, nella specie, ha valutato la possibilità di ricollocazione lavorativa della ricorrente con adibizione della medesima ad ulteriori e differenti mansioni non comportanti contatti con gli utenti e con il restante personale sanitario, concludendo in senso negativo.

Con riferimento al danno il Tar ha chiarito che il sanitario può far cessare i lamentati effetti pregiudizievoli adempiendo all’obbligo vaccinale, adempimento espressamente previsto dalla legge come presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio della professione ex art. 4, comma 1, d.l. 1° aprile 2021, n. 44.

Ha aggiunto il Tar che nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi, la posizione della ricorrente e il diritto dell’individuo sono recessivi rispetto all’interesse pubblico sotteso alla normativa di cui trattasi, nel contesto emergenziale legato al rischio di diffusione della pandemia da Covid-19, che deve costituire il parametro di lettura della normativa medesima.

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Dott.ssa Laura Facondini

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