Attività nel centro storico: opportuna una valutazione “caso per caso”

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Il TAR Lazio è tornato a ribadire l’opportunità di una valutazione istruttoria “caso per caso” al fine di motivare legittimamente i provvedimenti autorizzatori relativi all’esercizio di un’attività di gelateria artigianale.

Con sentenza n. 6731 del 13/06/2016, il TAR Lazio, Sez. II Ter, è tornata ad occuparsi della questione concernente l’autorizzazione a svolgere l’attività di produzione e vendita di gelato artigianale nel centro storico di Roma.

 

Il Collegio, richiamando due importanti pronunce della medesima Sezione riguardanti la stessa tematica (v. sentenze n. 2758 del 22 febbraio 2010 e n. 7685 del 29 luglio 2013), ha opportunamente chiarito i termini della questione.

 

Nel caso di specie, l’amministrazione capitolina ha comunicato all’operatore l’inefficacia della SCIA sul presupposto che l’attività di vendita di gelato artigianale nel centro storico della città sarebbe in contrasto con l’art. 6 della delibera del C.C. n. 36 del 2006, come integrata dalla delibera consiliare n. 86 del 2009. Pertanto, nel provvedimento gravato era affermato che l’attività in parola risultava inibita in quanto non inclusa tra quelle c.d. “tutelate” dal Regolamento comunale ed anzi espressamente esclusa dalla relativa elencazione.

 

All’esito di una ricognizione, tanto normativa, quanto giurisprudenziale, della questione, il TAR, interpretando felicemente la normativa regolamentare del Comune, ha affermato, in primo luogo, come questa non si ponga, di per sé, in contrasto con la legislazione nazionale e comunitaria in materia di “liberalizzazione” e di tutela della concorrenza, in quanto, anche al fine di tutelare il consumatore “garantendo la permanenza, negli ambiti territoriali tutelati, di un’offerta variegata di beni e servizi che non sia depauperata di attività tradizionali altrimenti a rischio di estinzione”,  ben potrebbe l’amministrazione comunale prevedere delle limitazioni all’esercizio di talune attività, senza che ciò possa rappresentare, in astratto, un ostacolo al principio costituzionale di libertà nell’iniziativa economica privata, la quale “deve comunque essere coordinata e indirizzata al perseguimento delle utilità e finalità sociali, non potendo svolgersi in contrasto con esse (art. 41, commi 2 e 3, Cost.)”.

 

In secondo luogo, dopo aver ribadito la validità dei principi enunciati con le sentenze nn. 2758/2010 e 7685/2013, il Collegio ha concluso affermando che il divieto, contenuto nelle disposizioni regolamentari del Comune, relativo all’esercizio dell’attività di gelateria artigianale deve necessariamente essere “sfrondato da una connotazione in termini di (rigida) assolutezza (e, conseguentemente, di indiscriminata attitudine attuativa)” dovendo, piuttosto, essere “contemperato con un apprezzamento che l’Autorità comunale è chiamata a condurre “caso per caso”, verificando l’eventuale presenza di profili eventualmente ostativi all’insediamento dell’attività commerciale in discorso, necessariamente parametrati sulle esigenze primarie di tutela del Centro Storico correttamente rappresentate dai deliberati consiliari del 2006-2009”.

 

Peraltro, la Sezione II-ter del TAR, riprendendo alcune pronunce sul punto, si è anche spinta ad investigare la natura e la nozione di “gelateria artigianale”, che, notano i giudici, presuppone “l’esistenza e l’uso nell’esercizio di un apposito laboratorio per la produzione propria del gelato” (cfr. TAR Lazio, Sez. II-ter, 18 maggio 2011 n. 4311, confermata da Cons. Stato, Sez. V, 3442 del 12 giugno 2012); pertanto, rammenta il Collegio, l’attività di vendita di gelato “sfuso” non sempre – e necessariamente – viene a coincidere con l’attività di gelateria “artigianale”.

 

Di conseguenza il TAR, in accoglimento del ricorso, ha disposto l’annullamento del provvedimento amministrativo con il quale veniva comunicata l’inefficacia della SCIA, censurando il comportamento dell’amministrazione. Questa, infatti, premesso che non può più sostenersi l’assolutezza del divieto di cui all’art. 6 della delibera n. 36/06 per quanto concerne le gelaterie artigianali, avrebbe dovuto, secondo i giudici, compiere una valutazione sulla compatibilità di tale attività con le diverse esigenze di tutela, diffusamente argomentante nella sentenza in commento; verificare la possibilità di esercitare la suddetta attività in quel peculiare contesto, apprezzando adeguatamente la consistenza e la configurazione degli esercizi commerciali insistenti in quella specifica area; nonché, infine, valutare la connotazione dimensionale dell’esercizio commerciale ed i riflessi che l’attività in esso svolta possa determinare sulla preservazione urbanistica e storico-architettonica della zona, anche alla luce del potenziale bacino di utenza servito dalla gelateria in discorso.

 

Come notano i giudici, dette ponderazioni non sono state svolte dall’Amministrazione in occasione del primo provvedimento di diniego, laddove invece quest’ultima “avrebbe dovuto darsi carico di una puntuale ricognizione in ordine alla assentibilità dell’attività esplicitata dalla ricorrente mediante presentazione di SCIA”.

 

Né del resto, l’Amministrazione ha adeguatamente svolto il riesame del provvedimento gravato, siccome sollecitato con ordinanza cautelare disposta in giudizio dal TAR, limitandosi alla generica affermazione per cui “…nella piccola area quale quella di Piazza Trevi insistono un concentrato numero di somministrazioni con vendita e produzione di gelato sfuso”.

 

Proprio alla stregua di tale inadeguata motivazione, il TAR Lazio ha concluso stabilendo che “all’accoglimento del ricorso segue la legittimazione della ricorrente ad esercitare l’attività in parola, dovendosi ritenere consumato, da parte dell’Amministrazione capitolina (secondo la condivisa regola del “one shot”), il potere di inibizione nei sensi e termini esercitati”.

 

Si tratta, come è evidente, della precisazione di un importante corollario all’esercizio del sindacato giurisdizionale del G.A., in ossequio alla condivisibile soluzione prospettata tanto da recente giurisprudenza tanto dalla dottrina per cui l’Amministrazione è tenuta ad esaminare l’affare nella sua interezza nel corso del giudizio, con contestuale esaurimento della discrezionalità amministrativa.

 

Sentenza collegata

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Dott. Ventura Marco

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