Nomine dei magistrati: quando il giudice non può sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione

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T.A.R. Lazio, 1 quater, Pres. Mezzacapo, Est. Marzano, 13.10.2016, n. 10241, *** (Avv. Corrado Bocci) c. Min. Giustizia (Avvocatura Stato) e *** (Avv. Alessandro BIAMONTE).

 

 

1. – In presenza di valutazioni che sono espressione di discrezionalità dell’amministrazione, quindi assoggettabili ad un sindacato limitato alla presenza di macroscopiche illogicità ed omissioni ovvero a evidenti errori di fatto, non è consentito al giudice, e viepiù alla parte che si assuma lesa, di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione e di procedere ad una autonoma valutazione, poiché ciò costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera della pubblica amministrazione (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2016, n. 1331; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 31 marzo 2016, n. 3972; id. sez. II, 9 febbraio 2016, n. 1867; id. sez. I, 19 novembre 2015, n. 13100).

 

2. – Nelle procedure valutative compiute dal C.S.M. per il conferimento a magistrati di incarichi direttivi e semidirettivi, non è prescritto che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico con riferimento a ciascuno dei parametri prestabiliti, ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti dichiarati (v. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 607).

 

3. – Laddove risulti documentalmente comprovata l’avvenuta presa in esame, per tutti i candidati, dei tratti essenziali e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in rapporto allo specifico ufficio oggetto di conferimento, ben può ritenersi ragionevolmente soddisfatto l’onere di comparazione richiesto dalla normativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2821).

 

Sentenza collegata

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Avv. Biamonte Alessandro

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