TAR Campania, sent. n. 627/2012 in materia di provvidenze economiche a favore di vittime del Racket (TAR Sent. N. 627/2012)

Redazione 08/02/12
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TAR Campania, sent. n. 627/2012 in materia di provvidenze economiche a favore di vittime del Racket.

N. 00627/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03592/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3592 del 2011 proposto da***

contro***

per l’annullamento

previa sospensione, del decreto n.51/2011 di rigetto dell’istanza di elargizione quale vittima di reati estorsivi, nonché della delibera n.51 della seduta del 19/1/2011 di non accoglimento di detta istanza.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con deposito di documentazione;

Vista la memoria dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Visti i motivi aggiunti proposti avverso la documentazione depositata dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Viste le note difensive dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Vista la documentazione depositata da parte ricorrente:

Vista la memoria di parte ricorrente;

Vista l’ulteriore memoria di parte ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il Consigliere ***************** alla udienza pubblica del 26 gennaio 2012, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Espone in fatto parte ricorrente che tra il 2005 ed il 2006 veniva fatto oggetto di attività minatoria da parte di esponenti della criminalità organizzata, con minacce e percosse alla persona sua e dei dipendenti, per cui iniziava un’attività di collaborazione con gli inquirenti che giustificava l’adozione di misure di protezione ex Legge n.82/1991 nei confronti della sua persona e dei familiari; seguiva una richiesta di accesso ai benefici ed alle elargizioni previste in materia fino al definitivo rigetto per tardività dell’istanza, ciò sul presupposto che fosse stata presentata una nuova richiesta e non, viceversa, l’integrazione della precedente domanda.

L’Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita in giudizio per depositare documentazione ed eccepire la tardività dell’istanza.

Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2012 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame la ricorrente lamenta la violazione dell’art.10-bis della Legge n.241/1990, dell’art.13 della Legge n.44/1999 e del DPR n.455/12999.

2. Il Collegio ritiene in via preliminare di ribadire l’orientamento della Sezione (17.4.2009, n.2026) secondo cui, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuta direttamente dalla legge e alla P.A. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all’effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quella in cui la legge attribuisce invece alla P.A. il potere di riconoscere l’ausilio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all’interesse primario, apprezzando discrezionalmente l’an, il quid e il quomodo dell’erogazione; ne deriva che la giurisdizione amministrativa sussiste ogni qualvolta si abbia riguardo ad un vizio del provvedimento finale, in quanto incidente sul potere discrezionale che l’Amministrazione esercita in base ad una norma attributiva del potere di accordare o meno il beneficio per la realizzazione di un interesse pubblico, in correlazione alla posizione di interesse legittimo vantata dal privato richiedente. Nel caso, invece, che il provvedimento contempli un indennizzo, senza lasciare alcun margine di valutazione discrezionale all’Amministrazione circa l’erogabilità o meno dello stesso, ogni controversia in ordine alla sua spettanza, misura o determinazione concreta attiene alla lesione di un diritto soggettivo, la cognizione del quale è devoluta al giudice ordinario, cui spetta di conoscere anche ogni disputa attinente alle forme quando queste appaiono solo strumentali rispetto alla determinazione dell’indennità; similmente la giurisdizione è di spettanza del giudice ordinario allorquando l’interessato, mediante varie censure, miri a rivendicare un’indennità superiore, facendo valere una situazione di diritto soggettivo e così determinando lo spostamento dell’oggetto del giudizio dall’atto alla res in iudicium, cioè al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.

2.1 Con tali premesse non ricorrono nella fattispecie ragioni per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, VI, 24.11.2010) secondo il quale l’Amministrazione, in sede di liquidazione dell’ammontare del detto ristoro, è chiamata ad un’attività meramente applicativa di parametri legali, in cui dunque non ha luogo (diversamente che per il profilo dell’an debeatur) alcun apprezzamento o qualificazione discrezionale dei fatti, ma il solo riscontro o la misurazione di elementi e dati che, comunque, incombe anzitutto all’interessato comprovare; l’ “equo apprezzamento” in questione, lungi dal costituire un’attribuzione di un potere valutativo discrezionale in capo all’Amministrazione, costituisce un temperamento legale, posto dalla legge in favore del beneficiario istante, rispetto all’onere della prova di cui è gravato, e si risolve in un attività anch’essa di riscontro di criteri esperienzali (con riferimento all’id quod plerumque accidit), applicabili in concreto a ipotesi di tipo residuale. La previsione rinvia a criteri che non sono predeterminabili a priori e che non corrispondono ai canoni generali tecnico-logici di esercizio della discrezionalità, come tali – nei noti termini – autonomamente sindacabili; la logicità della fase determinativa, intrinseca in una tale valutazione del caso concreto (si ripete, suppletiva della mancanza della richiesta prova), non converte l’atto vincolato, configurato dalla legge, in un atto discrezionale: consegue a tale configurazione che l’eventuale illogicità nella applicazione della regola equitativa va riferita ad un parametro di sindacato che si atteggia alla stessa stregua rispetto ad ogni altra ipotesi di atto vincolato.

Sotto ulteriore profilo si è puntualmente chiarito (T.A.R. Lazio, Roma, I, 9.12.2009, n.12632) che l’art. 1 della Legge n. 44 del 1999 consente ai soggetti danneggiati da attività estorsive di godere di una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito “nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla legge”, il che significa che lo Stato non mira a “risarcire” il danno subito dalla vittima di attività estorsive, ma meramente a dare un ristoro a chi ha subito eventi lesivi in conseguenza di attività estorsive; la puntualizzazione è utile per la individuazione della portata della norma che non presuppone responsabilità alcuna in capo allo Stato relativamente ai fatti che hanno determinato la lesione patrimoniale del privato, ma contempla una sorta di contribuzione assistenziale a favore di chi è stato leso, con ripercussioni patrimoniali, dall’attività estorsiva illecita di soggetti terzi (ex plurimis, Cons. Stato, n.7980 del 2006; T.A.R. Sicilia, Catania, n. 1240 del 2008). In altri termini dall’esame degli artt.1, 3 e 5 della Legge emerge che il Legislatore si è preoccupato di rendere indenni i soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, ecc. dai danni alle cose ed alla persona derivanti da attività delittuose dirette ad ottenere l’adesione a richieste estorsive, ciò a prevenzione e sradicamento del fenomeno, ma non del danno corrispondente alle somme dagli stessi erogate in adesione alla richiesta estorsiva; ove invero si aderisse all’opposta tesi, cioè di consentire il ristoro anche del frutto dell’estorsione, la norma perderebbe ogni effetto disincentivante del fenomeno favorendo l’acquiescenza ad esso in vista di un possibile indennizzo da parte dello Stato del danno subito (Cons. Stato, n.5222 del 2006).

2.2 Del resto in passato questo stesso Tribunale (III, 2.3.2010, n.1256) ha osservato, onde individuare i tratti salienti dell’istituto in oggetto, che “ai sensi dell’art. 1, l. n. 44 del 1999, i soggetti danneggiati da attività estorsive possono godere di una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla legge . . .con essa lo Stato non mira a “risarcire” il danno subito dalla vittima di attività estorsive, ma meramente a dare un ristoro a chi ha subito eventi lesivi in conseguenza di attività estorsive” (sul punto, T.A.R. Sicilia, Catania, II, 3.7.2008, n.1240); inoltre “mentre in ordine alla determinazione della spettanza o meno del contributo previsto dalla l. 23 febbraio 1999 n. 44 per le vittime delle vittime delle richieste estorsive e dell’usura sussiste un’attività discrezionale di valutazione dei presupposti fattuali per la su elargizione, a fronte della quale l’interessato non può vantare che una situazione di interesse legittimo, non altrettanto può dirsi in ordine alla successiva fase di quantificazione dell’indennità in questione. In tale situazione, infatti i criteri, per la determinazione del quantum sono unicamente quelli tassativamente predeterminati dalla legge (art. 9, l. n. 44 del 1999), essendo la Pubblica Amministrazione priva di ogni potestà discrezionale con riguardo all’entità della somma da erogare non restando che operare un mero calcolo aritmetico, ovviamente alla stregua degli elementi di prova che in ordine all’estimazione concreta del danno sofferto, saranno forniti dal richiedente”. Del resto l’art. 3 della legge n. 44 del 1999, nel riferirsi allo scopo cui è indirizzata l’attività delittuosa (costrizione ad aderire a richieste estorsive, ritorsione alla mancata adesione a tali richieste o di intimidazione anche ambientale), non può prescindere dalla identificazione degli autori dei fatti delittuosi, nei cui confronti va specificamente accertato l’intento psicologico di lucrare, con violenza o minaccia, un ingiusto profitto in danno di chi esercita un’attività imprenditoriale, commerciale o comunque economica (Cons. Stato, VI, 27.12.2007, n. 6681).

3. Nella fattispecie in esame il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato, con assorbimento delle ulteriori doglianze, sotto il profilo che è stata prodotta in giudizio (sub all.3) e non 2) come erroneamente da indice degli atti) istanza datata 17/7/2006 di ammissione ai benefici in parola, risultando pertanto fondate le censure dedotte in sede ricorsuale quanto alla carenza di istruttoria laddove la richiesta è stata definitivamente rigettata sul presupposto che la domanda fosse stata proposta tardivamente solo in data 2/11/2010, allorchè invece venivano fornite unicamente le integrazioni richieste dalla Prefettura in data 1/9/2010 (ciò, si ripete, a fronte di un’istanza datata 17/7/2006); per il resto non può revocarsi in dubbio che l’accesso al beneficio economico a carattere ristorativo di cui alla Legge n. 44/1999 sia necessariamente condizionato all’accertamento del fatto-reato in sede penale con conseguente identificazione degli autori e, nel caso di specie, tale accertamento è puntualmente avvenuto con Decreto del GIP n.17480/06 che ha disposto il giudizio nei confronti dei soggetti denunciati da parte ricorrente.

4. Per questi motivi il ricorso in epigrafe deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnazione anche attraverso motivi aggiunti.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, anche attraverso motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti oggetto di impugnazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 26 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

*******************, Presidente

****************, Consigliere

*****************, ***********, Estensore

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/02/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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