L’autorizzazione all’installazione di infrastrutture di comunicazione e la concessione di aree

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L’autorizzazione generale prevista dal Codice delle comunicazioni elettroniche (art. 88 D.Lgs. 259/2003) costituisce esclusivo titolo legittimante alla concessione dell’area necessaria all’installazione delle infrastrutture, cosicché deve ritenersi illegittima la procedura selettiva culminata nell’aggiudicazione in favore di soggetto privo della qualità di operatore di telecomunicazioni.

La decisione

Il nucleo decisionale della sentenza in rassegna ruota sull’esatta individuazione del perimetro normativo  dell’art. 88, 6° comma, D. Lgs. n. 259 del 2003 (codice delle comunicazioni elettroniche), ai sensi del quale “il rilascio dell’autorizzazione [generale per servizio di installazione e fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica] comporta l’autorizzazione alla effettuazione degli scavi indicati nel progetto, nonché la concessione del suolo o sottosuolo pubblico necessario all’installazione delle infrastrutture. Il Comune può mettere a disposizione, direttamente o per il tramite di una società controllata, infrastrutture a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie”.

Secondo disposizione normativa invocata i Comuni (o le società da questi controllate) sono obbligati alla concessione delle aree destinate ad ospitare le infrastrutture necessarie alla fornitura dei servizi esclusivamente agli operatori di telecomunicazioni (titolari, come nel caso di specie, della prescritta autorizzazione).

La fattispecie si caratterizza per la cristallizzazione di una situazione di indisponibilità relativa a carico di siffatte aree, che finisce con il sovrapporsi all’ordinario regime civilistico, proprio dei beni pubblici, sino al punto di ammettere la costituzione e il trasferimento dei diritti, ad esse inerenti, a favore dei soli soggetti indicati dalla norma, così da impedire l’alienazione dei medesimi diritti nei confronti dei terzi, privi della qualifica richiesta, quanto meno finché permane la funzione loro assegnata.

La peculiare condizione dei beni oggetto dell’installazione delle infrastrutture ne implica, inoltre, la giuridica sottrazione alle procedure di gara finalizzate alla selezione competitiva del soggetto assegnatario, le quali si porrebbero in contrasto con il principio di parità di fruizione, garantito – senza distinzione alcuna – a tutti i soggetti qualificati, allo scopo di agevolare la più ampia diffusione del servizio presso la comunità degli utenti.

Tale principio può agevolmente desumersi dall’art. 89, D. Lgs. n. 259 del 2003, che attribuisce all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il compito di imporre, “anche mediante l’adozione di specifici regolamenti”, la condivisione degli impianti e delle “proprietà pubbliche o private” (1° comma), “compresa la coubicazione fisica” (2° comma), così da escludere che l’attribuzione delle risorse infrastrutturali possa avvenire secondo logiche e meccanismi concorrenziali (che determinerebbero inevitabilmente una restrizione delle possibilità di accesso al servizio offerte agli utenti).

Nel caso di specie, il Comune intimato ha indetto una procedura selettiva all’esito della quale è risultata aggiudicataria una società priva dei requisiti di cui all’art. 88 del D.Lgs. 259/2003 (in quanto priva dell’autorizzazione relativa). L’oggetto della controversia attiene alla possibilità, per il Comune, di indire la gara, ai fini dell’assegnazione del diritto di superficie. La ricorrente ha  dedotto:

  1. a) la diversa ed autonoma posizione che discende dalla sua particolare natura di operatore di comunicazioni;
  2. b) l’interesse, connesso a tale posizione, volto a perseguire il corretto svolgimento delle procedure finalizzate alla messa a disposizione dell’area su cui insistono gli apparati destinati all’erogazione del servizio (art. 88, 6° comma, D. Lgs. n. 259 del 2003).

In ragione di tali presupposti viene richiesta la rimozione degli atti che si pongono in contrasto con la disciplina del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, e, nella specie, con il regime di limitata disponibilità che, sul piano soggettivo, caratterizza i diritti afferenti all’area asservita per effetto della dislocazione degli impianti: con il duplice effetto, da una parte, di escludere i soggetti (tra questi la controinteressata) carenti del titolo legittimante all’acquisizione di diritti sull’area e, dall’altro lato, di ricostituire la posizione della ricorrente, in seno al procedimento da questa instaurato mediante l’istanza di concessione del diritto di superficie (rispetto alla quale il provvedimento di indizione della gara è stato qualificato alla stregua di diniego implicito).

La conclusione del Tar

In conclusione, per il T.A.R.:

– la società controinteressata, dal momento che non riveste la qualifica di operatore di telecomunicazioni titolare di specifica autorizzazione, è priva dei requisiti necessari ai fini dell’acquisizione di diritti sull’areaa sulla quale insistono gli impianti di proprietà della ricorrente, in quanto tale soggetta al regime di indisponibilità relativa ex art. 88, 6° comma, D. Lgs. n. 259 del 2003 (primo motivo di ricorso);

– tale condizione prelcusiva non consente alla controinteressata il subentro al Comune nel contratto di locazione in essere, in quanto, quand’anche fosse tuttora garantita la conduzione dell’area da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 88, 6° comma, secondo periodo, D. Lgs. n. 259 del 2003, i beni infrastrutturali di proprietà pubblica, necessari per la predisposizione del servizio, potrebbero essere messi a disposizione dell’operatore soltanto dai Comuni e dalle società da questi controllate, senza che sia consentita l’interposizione di ulteriori soggetti terzi;

l’assegnazione, all’esito dell’espletamento di procedura ad evidenza pubblica, del diritto di superficie costituito sull’area dove sorgono gli impianti, viola il principio finalizzato a garantire agli operatori qualificati la parità di accesso alle risorse infrastrutturali, anche mediante l’imposizione degli obblighi di condivisione e di coubicazione degli impianti (art. 89, D. Lgs. n. 259 del 2003), da cui deve essere fatto discendere il correlato divieto di disputare, per mezzo dell’espletamento di selezioni competitive, l’assegnazione delle medesime risorse tra i soggetti interessati.

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Avv. Biamonte Alessandro

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