Svolgimento di mansioni superiori nella sanità: condizioni per la retribuibilità (Cons. Stato, n. 4688/2013)

Redazione 24/09/13
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FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, assumendo di aver svolto – quale dipendente dell’Azienda ospedaliera San Giovanni di *** e ***** d’******* di Salerno, inquadrato nel livello 8 bis – dopo il pensionamento del Responsabile dell’Ufficio Economato dell’Azienda ospedaliera, le relative funzioni (ciò sarebbe suffragato dalla deliberazione n. 795 in data 11 dicembre 1995, che ha disposto la chiusura del c/c intestato al predetto responsabile, per disporne l’apertura di uno nuovo a nome dell’appellante), agisce per il riconoscimento delle differenze retributive relative alle mansioni superiori di economo, a decorrere dal 9 novembre 1995.
Il TAR Campania, con la sentenza appellata (Salerno, n. 67/2004), ha respinto il relativo ricorso, in particolare affermando che non sussistevano i presupposti del riconoscimento delle mansioni superiori.
2. Nell’appello, viene, essenzialmente, argomentato che:
– la giurisprudenza attribuisce rilevanza alle mansioni superiori nell’impiego sanitario, ex artt. 29 del d.P.R. 761/1979, 55 del d.P.R. 384/1990 e 57 del d.lgs. 29/1993;
– la mancanza di un atto formale di conferimento di mansioni superiori non osta al riconoscimento delle differenze retributive, e comunque detto presupposto ben potrebbe essere sostituito dal comportamento concludente tenuto dall’intero personale dell’Azienda ospedaliera, essendo l’appellante sempre stato individuato negli atti come “economo” (e non già come “vice-economo”);
– l’appellante ha garantito la continuità del servizio ospedaliero, con assunzione di responsabilità dirigenziale, “pur in assenza di conferimento formale”.
In via subordinata, l’appellante chiede un indennizzo a titolo di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c.
3. L’Azienda si difende negando l’esistenza in organico (se non nelle dotazioni ante 1978) di un posto di vice economo, negando che la deliberazione n. 795/1995 costituisca assegnazione formale di mansioni superiori, ed eccependo che non è stata provato lo svolgimento esclusivo di compiti diversi da quelli svolti in precedenza.
Precisa che il ricorrente ha svolto le funzioni di economo attribuibili all’8 livello, qualifica di collaboratore coordinatore, ex art. 57 del d.P.R. 821/1984, ed ha effettivamente assunto provvisoriamente le funzioni di responsabile del settore Economato, che già di fatto ricopriva in forza della deliberazione n. 137/1990; aggiunge che, tuttavia, l’economato non è una funzione ma un’articolazione della Funzione Provveditorato ed Economato (come precisato nella nota del direttore generale prot. 28209 in data 17 ottobre 1997), cosicché i compiti svolti sono esattamente quelli riconducibili al livello di appartenenza.
4. L’appello non è fondato e, pertanto, va rigettato.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa (da ultimo ribadito da questa Sezione, con le sentenze 31 maggio 2013, n. 2979; 23 maggio 2013, n. 2794), con riguardo al personale del comparto della sanità – in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego – ammette la retribuibilità delle stesse, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 761/1979, in presenza di tre contestuali condizioni: esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello; previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente (potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell’esercizio delle funzioni primariali); espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare.
Può aggiungersi che questa Sezione ha anche ribadito la necessità che l’atto di conferimento delle mansioni superiori provenga dall’organo competente ad emanare i provvedimenti in materia di stato giuridico e trattamento economico del personale, risultando insufficienti eventuali ordini di servizio di un superiore gerarchico (cfr. sent. 8 ottobre 2012, n. 5221); e che debba essere “previo”, mentre non hanno effetto eventuali riconoscimenti a posteriori (cfr. sent. 22 agosto 2012, n. 4586), trattandosi di meri atti ricognitivi di una situazione fattuale che non rivestono la natura provvedimentale idonea ad introdurre ex ante la diversa posizione di status, con ogni effetto sugli obblighi di conforme prestazione a carico del dipendente e di controllo da parte dell’Amministrazione del corretto adempimento (cfr. sent. 14 novembre 2012, n. 5734).
Nel caso dell’appellante, prescindendo da ogni valutazione in ordine al contenuto ed alla corrispondenza funzionale delle mansioni svolte – che richiederebbe approfondimenti istruttori – pur supponendo che si sia trattato effettivamente di mansioni superiori alla qualifica formalmente rivestita (ciò che, come esposto, viene motivatamente negato dall’Azienda), manca, quanto meno, il previo conferimento formale da parte dell’organo competente in materia di gestione del personale.
Tale mancanza viene in definitiva ammessa dallo stesso ricorrente.
Per quanto esposto, l’atto necessario mancante non può ritenersi implicito nell’apertura del c/c, peraltro operazione di per sé compatibile con lo svolgimento di mansioni strumentali e prive della responsabilità rivendicata. Né può essere surrogato da “nomen, tractatus e fama”, attribuiti o riconosciuti a posteriori dai colleghi di lavoro e finanche dai superiori.
D’altro canto, la giurisprudenza è altresì ferma nell’affermare che la domanda del dipendente volta ad ottenere una retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa in virtù dello svolgimento di mansioni superiori , non può fondarsi sull’art. 2041, c.c., stante, per un verso, la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento senza causa e, per altro verso, la circostanza che l’ingiustificato arricchimento postula un correlativo depauperamento del dipendente, non riscontrabile e non dimostrabile nel caso del pubblico dipendente che abbia comunque percepito legittimamente la retribuzione prevista per la qualifica (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2013, n. 441; 19 novembre 2012, n. 5852; IV, 9 luglio 2012, n. 4045).
In definitiva, le conclusioni della sentenza di primo grado meritano di essere confermate.
5. Considerata la natura della controversia ed il tempo trascorso, sembra equo disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2013 

Redazione