Svolgimento di mansioni superiori di un dipendente dell’Azienda Sanitaria Locale – Non ha diritto all’adeguamento del trattamento economico (Cons. Stato n. 278/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 23/01/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’originaria ricorrente, dipendente della U.S.L. di Bojano con la qualifica di coadiutore amministrativo, affermando di avere disimpegnato mansioni superiori sin dalla data di primo utilizzo da parte dell’Amministrazione, aveva fatto istanza alla medesima al fine di ottenere il conseguente adeguamento del proprio trattamento economico. Ed il Comitato di gestione della U.S.L. con Provv. in data 18 gennaio 1991 aveva disposto in conformità, deliberando il riconoscimento delle rivendicate mansioni superiori di assistente amministrativo e delle relative differenze retributive, dalla data di primo utilizzo presso l’Amministrazione “a quella di esecutività del presente atto”.
Il Co.Re.Co., tuttavia, annullava tale deliberazione.
Contro la determinazione tutoria repressiva la dipendente proponeva, allora, ricorso giurisdizionale al T.A.R. per il Molise, domandando l’annullamento dell’atto di controllo e la declaratoria del proprio diritto al riconoscimento del trattamento economico corrispondente alle mansioni svolte.
Il Tribunale adìto con la sentenza in epigrafe accoglieva il ricorso.
Da qui l’appello della Regione Molise avverso tale pronuncia, gravame con il quale si argomentava nel senso dell’insussistenza dei presupposti del riconoscimento economico accordato alla dipendente.
Resisteva all’appello l’originaria ricorrente, che ne deduceva l’infondatezza e richiedeva il suo rigetto.
Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
1 L’appello è fondato.
Anche nel settore sanitario, come meglio si vedrà di qui a poco, il riconoscimento del trattamento economico per lo svolgimento di mansioni superiori è in via generale subordinato alle condizioni, oltre che della esistenza e vacanza del posto in pianta organica cui dovrebbero riferirsi le funzioni svolte, anche della presenza del necessario, previo formale atto di incarico dello svolgimento delle funzioni stesse (senza dire, ovviamente, dell’indispensabile effettività della prestazione delle relative mansioni superiori). Nella specie, invece, il riconoscimento della remunerazione delle mansioni superiori vantate dall’originaria ricorrente, deliberato dall’Amministrazione sanitaria con provvedimento non ammesso al visto del competente Co.Re.Co., ma confermato dal Giudice locale con la sentenza in epigrafe, annullatoria della determinazione repressiva di controllo, si rivela carente dei presupposti indicati, che pure una consolidata giurisprudenza considera essenziali ai fini di cui si tratta.
2 L’appellata oppone preliminarmente che il punto dell’esistenza (o meno) di un corrispondente posto di pianta organica vacante sarebbe stato estraneo al thema decidendum, e come tale, benché affrontato dal Tribunale, sarebbe stato sollevato senza costrutto dalla Regione appellante. Il punto sarebbe dunque privo di rilevanza.
In contrario va tuttavia fatto notare che il primo Giudice, essendo stato chiamato dalla ricorrente a pronunciarsi anche sulla sua domanda diretta ad ottenere una declaratoria del proprio diritto al riconoscimento del trattamento economico riflettente le mansioni superiori, già per questa semplice ragione non poteva esimersi dal verificare il presupposto costituito dall’esistenza di un corrispondente posto vacante in organico. Il punto ineriva quindi sicuramente al thema decidendum. Conclusione confermata dal fatto che, poiché anche a base della componente formalmente impugnatoria dell’originario ricorso era stata allegata dalla ricorrente una posizione di diritto soggettivo (di credito), l’accertamento dell’inesistenza del diritto così vantato avrebbe fatto emergere con ciò stesso l’insussistenza di un interesse meritevole di tutela giuridica a richiedere l’invalidazione della determinazione tutoria e l’esecuzione dell’infondata delibera concessiva dell’Amministrazione.
2b Il motivo di appello, oltre ad essere ammissibile, è anche fondato.
Questa Sezione in materia ha da tempo puntualizzato, anche rispetto a fattispecie del tutto analoghe verificatesi presso la stessa Amministrazione odiernamente interessata (con decisioni opportunamente richiamate dall’appellante), che nel comparto sanitario pubblico, nel quale, diversamente che negli altri comparti del pubblico impiego, il fenomeno dello svolgimento di mansioni superiori è disciplinato da un’apposita normativa di rango primario, la possibilità di riconoscere le differenze retributive per l’espletamento di tali mansioni, ai sensi dell’art. 29, comma 2, D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, è subordinata alla contestuale ricorrenza delle due fondamentali condizioni, giuridiche e di fatto, sopra accennate, vale a dire : che le dette mansioni siano riferibili ad un posto di ruolo esistente in pianta organica e di fatto vacante; che il conferimento dell’incarico di svolgere le anzidette funzioni sia avvenuto mediante un (previo) atto formale adottato dall’organo competente dell’ente, il quale, dopo avere verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge, si sia assunto la responsabilità della determinazione dell’assegnazione temporanea dell’interessato al posto di qualifica superiore (cfr., tra le più recenti: C.d.S., V, 26 gennaio 2011, n. 576; 24 febbraio 2011, n. 1183; 4 marzo 2011 , n. 1406).
Orbene, nella fattispecie è evidente come i presupposti indicati non ricorrano.
2c E’ pacifico che non sussista quello dell’esistenza di un posto di ruolo vacante cui le funzioni vantate possano essere imputate. Né ha pregio la tesi, seguita dal primo Giudice e difesa dall’attuale appellata, che il presupposto possa essere supplito da mere quanto generiche asserzioni, del tutto soggettive, circa una presunta inesistenza e/o inadeguatezza della pianta organica a fronte di “effettive e concrete esigenze di natura gestionale”, prospettazione, questa, che non trova riscontro positivo né giurisprudenziale, e presenta l’evidente difetto di svuotare di ogni contenuto l’anzidetto presupposto, rinnegandone in pratica la necessità.
Questa Sezione ha del resto già chiarito che l’Amministrazione sanitaria, anche ove la sua pianta organica definitiva non sia stata ancora stabilita, resta vincolata alla regola generale che, come si è detto, limita la rilevanza delle mansioni superiori ai soli casi in cui sia dato riscontrare una loro corrispondenza con le funzioni previste dalla medesima pianta; ed ha altresì sottolineato che, quando l’organico previsto si riveli insufficiente per l’effettivo espletamento della funzioni dell’Amministrazione, questa è tenuta, secondo le regole proprie del suo ordinamento, ad adeguarlo (dec. n. 1101/1999 cit.).
2d Nel caso concreto non sussiste neppure la condizione del formale incarico preventivo conferito dal competente organo (naturalmente, di governo) dell’Ente, titolo che la sentenza appellata, non a caso, ha richiamato sempre in modo del tutto generico, senza poterlo mai compiutamente identificare.
Certamente non possono infatti valere a tal fine gli ordini di servizio prodotti dalla dipendente in primo grado, provenienti dal responsabile dello specifico Servizio interessato (per l’insufficienza ai fini in discorso delle disposizioni organizzative impartite da semplici superiori gerarchici v. ad es. C.d.S., V, 3 agosto 2007, n. 4440; 28 maggio 2004 , n. 3437).
Né potrebbe valere, per la bisogna, la delibera del Comitato di gestione annullata in sede di controllo con il provvedimento a suo tempo impugnato dinanzi al T.A.R., trattandosi di un atto di mero riconoscimento postumo disponente solo per il pregresso, e non anche, come pure opina l’appellata, per il futuro.
D’altra parte, è significativo che la stessa dipendente abbia fondato la propria pretesa dedotta in giudizio non su un formale atto di conferimento delle allegate mansioni superiori, bensì direttamente sul fatto oggettivo del loro svolgimento.
3 Per le assorbenti ragioni indicate l’appello della Regione Molise deve essere accolto, e conseguentemente respinto il ricorso di primo grado della dipendente.
Le spese processuali del doppio grado possono essere tuttavia equitativamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti in causa le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione