Supercondominio, la Cassazione chiarisce la natura giuridica dell’istituto di origine giurisprudenziale (Cass. n. 19558/2013)

Redazione 26/08/13
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Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 703 c.p.c. notificato il 14 marzo 1995 i CONDOMINI di (omissis) e quello di (omissis), siti in (omissis), evocavano, dinanzi al Pretore di Firenze, A.C. deducendo di essere comproprietari di area interclusa dai fabbricati condominiali, composta da un cortile condominiale, parte del quale adibito a giardino, alla quale si accedeva attraverso viali interni che conducevano ad autorimesse di proprietà esclusiva di singoli condomini e che la resistente quale proprietaria di cantine poste nel sottosuolo del Condominio di (omissis) aveva dato corso ad una illegittima occupazione di una porzione di detta area, al fine di iniziare i lavori di costruzione di una rampa di accesso a tali cantine, che ella intendeva trasformare in autorimessa privata; tanto premesso, chiedevano che venisse ordinato alla resistente l’immediata reintegrazione nel possesso dei condomini ricorrenti. Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della A., il Pretore adito con ordinanza del 28.2.1996 ordinava alla convenuta di reintegrare i CONDOMINI nel possesso della porzione di resede situata nel piazzale facente parte del cortile condominiale con accesso dal civico (omissis), dalla convenuta recintata, mediante immediata rimozione della transennatura costituita dai tubi di ferro e dalla rete di plastica.

Con successivo atto di citazione notificato il 5 aprile 1996 i CONDOMINI instauravano, avanti al medesimo Pretore (ora Tribunale di Firenze), il giudizio di merito chiedendo la conferma del provvedimento interdittale e la condanna della A. al risarcimento dei danni, da determinarsi con separato giudizio, il quale, nella resistenza delle convenuta, con sentenza n. 2948/2004, confermava l’ordinanza di reintegra nel possesso e disponeva in via definitiva la reintegrazione dei CONDOMINI nel possesso dell’area cortilizia, condannando, altresì, la convenuta al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione del possesso, da accertarsi e determinarsi in separato giudizio.

In virtù di rituale appello interposto dalla A., con il quale lamentava che il giudice di prime cure avesse omesso di rilevare la carenza di legittimazione attiva dei CONDOMINI ricorrenti, senza considerare che unico legittimato all’azione sarebbe stato il supercondominio, a norma dell’art. 1129 c.c., non rientrando, peraltro, la richiesta di risarcimento dei danni nelle competenze dell’amministratore del condominio, la Corte di appello di Firenze, nella resistenza dei CONDOMINI, rigettava integralmente il gravame.

A sostegno della sentenza adottata la corte distrettuale evidenziava che ciascuno dei condomini ricorrenti, al pari di ciascun condomino, avrebbe avuto, anche da solo, la legittimazione ad agire, gravando sull’amministratore del condominio, ex artt. 1130 e 1131 c.c., il potere dovere di compiere atti conservativi, non avendo perciò alcuna rilevanza la circostanza che non fosse stato designato un amministratore del supercondominio.

Aggiungeva che anche l’istanza di risarcimento dei danni, apparendo connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni, risultava fondare la legittimazione attiva dei medesimi CONDOMINI. Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione la A., che risulta articolato in tre motivi, al quale hanno resistito i CONDOMINI con controricorso.

Fissata pubblica udienza al 3 aprile 2012, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per mancanza di autorizzazione degli amministratori dei condomini resistenti ad agire in giudizio, prodotta per la successiva udienza pubblica.

La ricorrente ha presentato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Occorre preliminarmente rilevare che tutti i Condomini costituiti – di viale (omissis) – hanno depositato verbale di assemblea condominiale di autorizzazione a stare in giudizio, rispettivamente dell’8.10.2012 e del 10.10.2012 – per cui va ritenuta la ritualità della costituzione dei resistenti.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1117, 1130 e 1131 c.c. e dell’art. 62 disp. att. c.c. per avere la corte territoriale completamente ignorato l’istituto del supercondominio, in quanto trattandosi nella specie di parte comune ad una pluralità di condomini tra loro distinti, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina predetta che ha fondamento nella lettera della legge e in particolare nell’art. 1130 c.c., n. 4. A conclusione del motivo viene posto il seguente quesito di diritto: “nell’ipotesi di un bene comune che sia al servizio di più edifici condominiali si realizza l’ipotesi di creazione giurisprudenziale del c.d. supercondominio, la quale impone che i componenti i vari condomini nominino un amministratore del supercondominio che è l’unico soggetto dotato di autonoma legittimazione attiva in ordine ad ogni controversia inerente il suddetto bene comune, dovendosi viceversa escludere la legitimatio ad processum degli amministratori dei singoli condomini”. Il motivo è fondato e pertanto merita accoglimento.

Con tale doglianza la ricorrente ha inteso sostenere che gli amministratori di ciascun Condominio non abbiano legittimazione in ordine ai beni comuni ovvero a servizio di più edifici condominiali.

Occorre, innanzitutto, evidenziare (cfr., ad es., Cass. n. 7286 del 1996 e Cass. n. 2305 del 2008) che i singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un “supercondominio” quando talune cose, impianti e servizi comuni (viale d’ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l’alloggio del portiere, ecc.) sono contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio negli edifici. Ne consegue che le disposizioni previste dall’art. 1136 c.c., in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari.

Questa Corte ha avuto già occasione di affermare nella ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali (c.d. supercondominio), che vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomini, mancando questi ultimi di personalità giuridica (v. Cass. 4 maggio 1993 n. 5160) ed ha concluso nel senso che la gestione di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un amministratore, e non (come spesso avviene nella pratica) al collegio costituito dagli amministratori dei singoli condomini, i quali possono esercitare i poteri previsti degli artt. 1130 e 1131 c.c. solo con riferimento all’edificio condominiale cui sono preposti.

Ai fini della trattazione dell’argomento proposto occorre esaminare la natura giuridica dell’organo cui nel condominio è affidata la gestione amministrativa e cioè dell’amministratore, e le funzioni allo stesso affidate dalla legge, con particolare riguardo alla tutela in sede giudiziaria dei diritti di cui sono rispettivamente titolari l’ente condominiale e i singoli condomini.

Partendo dal presupposto che il condominio è privo di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare, anche non totalitaria, a tutela della gestione delle stesse, occorre individuare il fondamento normativo del potere di rappresentanza ed i suoi limiti.

Le norme alle quali occorre fare riferimento sono gli artt. 1130 e 1131 c.c. che, rispettivamente, disciplinano, il primo le attribuzioni dell’amministratore e il secondo, in forma specifica, la rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore. Dall’art. 1131 c.c. si deduce che il potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni, nonchè alle controversie riguardanti i beni comuni.

All’amministratore del condominio compete l’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea nonchè, in genere, tutta l’attività di ordinaria amministrazione giusta l’elenco analitico di attribuzioni previsto dall’art. 1130 c.c.. Nei limiti di tali attribuzioni, o dei maggiori poteri eventualmente conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, egli ha la “rappresentanza” dei condomini e può stare in giudizio sia per essi contro terzi sia contro alcuno di essi per tutti gli altri (art. 1131, commi 1 e 2).

Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l’amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell’amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purchè colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri, stabiliti dall’art. 1130 c.c..

In questo ambito va ad inserirsi la questione del supercondominio, che è un ente distinto ed autonomo rispetto ai singoli condomini, ancorchè da essi composto, che viene in essere ipso iure et facto (se il titolo non dispone altrimenti) (cfr Cass. n. 2305 del 2008; Cass. n. 13883 del 2010; Cass. n. 17332 del 2011 e, da ultimo, Cass. n. 19939 del 2012), al fine di gestire beni posti in rapporto di accessorietà rispetto a tutti gli edifici condominiali e di proprietà, pro-indiviso, di tutti i membri di ciascun condominio.

Al riguardo va osservato che questa Corte nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l’amministrato del suo edificio, che agiva per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo ad un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento contrattuale, sollevata dall’opponente eccezione di difetto di legittimazione ad agire da parte dell’amministratore del suo edificio, ha ritenuto la fondatezza dell’eccezione sul presupposto che della inesistenza di un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico fra gli amministratori (v. Cass. 29 settembre 1994 n. 7946).

In altra pronuncia (Cass. 25 marzo 1994 n. 7894), nel verificare le competenze del regolamento condominiale contrattuale, ha escluso che vi rientri la facoltà di derogare alla composizione dell’assemblea, cui devono partecipare tutti i condomini. “In altre parole, al regolamento contrattuale non è consentito chiamare a far parte dell’assemblea del supercondominio, in luogo di tutti i partecipanti, gli amministratori dei singoli edifici. E’ contrario, cioè, a norma imperativa il regolamento contrattuale di condominio, che sostituisca l’assemblea dei condomini con il collegio degli amministratori.”. Da ciò è seguita l’ulteriore affermazione “che l’assemblea del supercondominio deve essere composta da tutti i partecipanti ai singoli condomini. Anche relativamente all’assemblea del supercondominio, ciascun partecipante ha il diritto di intervenire alla riunione e di esprimere l’assenso o il dissenso sugli argomenti all’ordine del giorno e di votare in proporzione alla sua quota.

Pertanto, è contrario a norme imperative il regolamento contrattuale di condominio, che preveda essere l’assemblea del supercondominio composta dagli amministratori dei singoli condomini. Essendo all’assemblea demandata la formazione della volontà dei condomini in ordine alla gestione delle cose comuni, e l’amministratore affidata l’esecuzione delle disposizioni di legge, del regolamento e della stessa volontà dell’assemblea, la confusione dei ruoli non può ammettersi. Il regolamento contrattuale, quindi, non può affidare al collegio degli amministratori il compito di sostituire istituzionalmente l’assemblea dei condomini.”. Applicando tali principi generali in materia condominiale (cfr., ad es., Cass. n. 8842 del 2001; Cass. n. 12588 del 2002; Cass. n. 9206 del 2005 e Cass. n. 14765 del 2012) al caso in esame consegue che i giudici di merito avrebbero potuto affermare la legittimazione degli amministratori degli edifici componenti il supercondominio – a pretendere dall’attuale ricorrente il ripristino stato dei luoghi quanto al cortile antistante e comune gli edifici del complesso condominiale costituente il supercondominio – solo ove avessero ricevuto mandato dai singoli condomini. In proposito, infatti, va riconosciuto che anche nell’ipotesi di “supercondominio”, la legittimazione ad agire per la tutela di diritti comuni spetta a ciascun singolo condomino (facente parte dei distinti condomini che compongono complessivamente il supercondominio), come precisato dalla Suprema Corte (ex multis Cass. n. 8570 del 26 aprile 2005), che per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli, ha ritenuto necessario lo specifico mandato da parte di tutti. In altri termini, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio a compiere atti conservati, riconosciuta ex artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all’edificio amministrato, non anche per quelli facenti parte del complesso immobiliare composto di più condomini, quale accorpamento di due o più singoli condomini per la gestione di beni comuni (ferma l’autonomia amministrativa per i beni propri di ciascun distinto organismo), che deve essere costituito ed amministrato attraverso le deliberazioni dei propri organi (assemblea, composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo, ed amministratore del supercondominio) e, naturalmente, deve essere anche dotato di un proprio regolamento, che determini la misura in cui ciascun ente fondante partecipa alla gestione dei beni comuni, assumendo i relativi oneri e ripartendoli al suo interno. Al più – infatti – poteva risultare il conferimento del relativo potere da una deliberazione unanime delle assemblee assunte dai comproprietari dell’area. La esistenza di una simile delibera, però, non risulta dalla sentenza impugnata, la quale va, pertanto, cassata.

Il secondo motivo, con il quale viene denunciata la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. per non avere la corte distrettuale ritenuto la carenza di legittimazione dei condomini in relazione alla richiesta di risarcimento dei danni, culmina nel seguente quesito di diritto: “gli artt. 1130 e 1131 c.c. fissano in maniera specifica le attribuzioni dell’amministratore del condominio, tra le quali non rientra quella di richiedere il risarcimento dei danni”.

Anche detto motivo va accolto per le medesime considerazioni svolte in relazione alla prima censura, per avere gli amministratori dei Condomini, nel chiedere il risarcimento dei danni, esercitato azione consequenziale all’impedimento frapposto alla tempestiva esecuzione di quanto richiesto per ottenere la reintegrazione nel possesso dell’area cortilizia (cfr Cass. 22 ottobre 1998 n. 10474).

L’accoglimento della censura relativa al difetto di legittimazione comporta l’assorbimento dell’altra censura contenuta nel terzo motivo, con cui la ricorrente deduce che comunque mancava la motivazione della omessa applicazione dei principi in materia di supercondominio. Per effetto dell’accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, ma non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito dichiarando improcedibili la domanda possessoria e quella risarcitoria proposte dagli amministratori dei singoli Condomini.

In ordine alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e di quello di legittimità, stante la assoluta novità della questione esaminata, vanno interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito;

cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara improponibili la domanda possessoria e quella risarcitoria proposte dagli Amministratori dei singoli Condomini;

dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 17 aprile 2013.

Redazione