Sufficiente la prova testimoniale per dimostrare che l’azienda abbia un numero di dipendenti inferiore a 15 (Cass. n. 18926/2012)

Redazione 05/11/12
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Svolgimento del processo

M.A. ha chiesto che venga accertata l’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla I. spa per giustificato motivo oggettivo costituito dalla cessazione dei lavori presso il cantiere di (omissis), nel quale il ricorrente ha svolto la propria attività lavorativa con mansioni di capo squadra e sommozzatore professionista nel periodo dal 28.8.1993 al 20.7.1994, con le conseguenze previste dall’art. 18 l. n. 300/70 o dall’art. 8 l. n. 604/66 e con condanna della società al pagamento di altre voci retributive e al risarcimento del danno biologico subito a seguito di un infortunio sul lavoro.
Il Tribunale di Massa ha respinto, per quanto qui interessa, la domanda relativa alla illegittimità del licenziamento con sentenza che è stata riformata, su questo punto, dalla Corte d’appello di Genova, che ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse provato che il M. non fosse utilmente collocabile in altre posizioni di lavoro anche in relazione alle sue mansioni di “capo cantiere” (e non solo di sommozzatore) ed ha condannato la I. spa alla riassunzione del lavoratore o, in difetto, al risarcimento del danno commisurato a un’indennità pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione M.A. affidandosi a due motivi cui resiste con controricorso la I. spa che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su due motivi.
Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

 

Motivi della decisione

Preliminarmente, deve disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
Sempre in via preliminare, deve darsi atto della irrilevanza della “comunicazione per interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c.”, depositata in data 2.10.2012 dal difensore del ricorrente, dalla quale risulta l’avvenuto decesso del M. in data 23.6.2008, posto che, per giurisprudenza costante (cfr. ex plurimis Cass. sez. unite n. 14385/2007), nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., onde, una volta instauratosi il giudizio con la notifica del ricorso (nella specie, eseguita in data 5.4.2008), non produce interruzione del processo la morte del ricorrente, pur se comunicata dal difensore.
1.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 2099, 2697 c.c., dell’art. 416 c.p.c. e del c.c.n.l. edili industria del 23.5.1991 in ordine alla statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto che il lavoratore non avesse provato di avere percepito una retribuzione maggiore di quella risultante dalle buste paga. Il ricorrente sostiene, al riguardo, di avere dedotto con il ricorso introduttivo di avere goduto di un trattamento di miglior favore avendo percepito una retribuzione giornaliera superiore ai minimi tabellari di cui al c.c.n.l., circostanza questa che non solo non sarebbe stata specificamente contestata dalla convenuta, ma sarebbe stata fatta oggetto di espresso riconoscimento da parte della società nella memoria difensiva.
2.- Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 18 l. n. 300/70 e 2697 c.c., relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse stato provato il requisito dimensionale stabilito dall’art. 18 l. n. 300/70 ai fini dell’applicabilità della c.d. tutela reale, e ciò dando esclusivo rilievo alle risultanze della prova testimoniale, che, secondo l’assunto, non poteva ritenersi “prova idonea alla dimostrazione di tale circostanza di fatto”.
3.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 18 l. n. 300/70, 3 l. n. 604/66 e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale preso in considerazione, ai fini della prova del giustificato motivo oggettivo, mansioni diverse da quelle di “capo squadra sommozzatore professionista”, dedotte dal lavoratore con il ricorso introduttivo.
4.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 13, 18 e ss. l. n. 300/70, 3 l. n. 604/66, 2103 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata relativamente allo stesso punto oggetto del precedente motivo di ricorso, sotto il profilo della violazione dei principi in materia di onere della prova.
5.- Il primo motivo del ricorso principale è infondato poiché la Corte territoriale ha ritenuto che la deduzione del ricorrente di aver percepito una retribuzione superiore a quella indicata nelle buste paga fosse del tutto generica e che la convenuta non avesse, quindi, l’onere di assumere una precisa posizione al riguardo, con l’ulteriore conseguenza che era onere del ricorrente fornire la prova di quanto asserito a fondamento della domanda avente ad oggetto la rideterminazione della base di calcolo dei trattamenti retributivi accessori c.d. indiretti o differiti.
Tale statuizione è pienamente conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. ex plurimis Cass. n. 11537/96) secondo cui nel rito del lavoro la mancata contestazione da parte del convenuto può assumere rilevanza ai fini della prova nei limiti in cui le allegazioni dell’attore siano specifiche e fornite di riferimenti concreti, non quando l’allegazione dell’attore sia anch’essa generica.
Né può ritenersi che la società convenuta avesse riconosciuto, nella memoria difensiva, di aver corrisposto al lavoratore l’importo da questi indicato in ricorso (maggiore di quello indicato nelle buste paga), essendosi limitata semplicemente a dedurre che il corrispettivo pattuito ed effettivamente liquidato al dipendente era “ben superiore ai minimi retributivi contemplati dalla normativa di settore”.
Il primo motivo deve essere pertanto respinto.
6.- Anche il secondo motivo del ricorso principale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. sez. unite n. 141/2006, cui si è uniformata la successiva giurisprudenza di legittimità), in tema di riparto dell’onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l’invalidità, i fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e, sul piano processuale, dell’azione di impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, mentre le dimensioni dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 18 della l. n. 300/70, costituiscono, insieme al giustificato motivo di licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro.
Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha ritenuto che dalla prova testimoniale fosse emerso che la società occupava, al momento del licenziamento, meno di quindici lavoratori nel cantiere al quale era addetto il ricorrente e meno di sessanta lavoratori nell’ambito dell’intero territorio nazionale, e che non ricorressero pertanto i presupposti per l’applicabilità della c.d. tutela reale. Si tratta, per quanto riguarda la valutazione delle prove, di una valutazione che involge apprezzamenti di fattori, riservati al giudice del merito, al quale ò rimessa la valutazione delle risultanze istruttorie, così come la scelta, tra esse, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione (cfr. ex plurimis Cass. n. 16499/2009), e che, in quanto assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, si sottrae alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità, trattandosi, peraltro, di censure che risultano comunque prive di specificità e di un valido supporto argomentativo, risolvendosi le stesse, in sostanza, nell’affermazione – di cui non viene fornita una adeguata dimostrazione – secondo cui, nel caso di specie, la prova testimoniale non avrebbe potuto ritenersi “prova idonea alla dimostrazione di tale circostanza di fatto”. Anche il secondo motivo del ricorso principale deve essere pertanto respinto.
7.- Patimenti infondati devono ritenersi i motivi del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi.
È giurisprudenza costante – cfr. ex plurimis, Cass. n. 14815/2005 – che, ai fini della legittimità del licenziamento per ragioni inerenti all’attività produttiva, sul datore di lavoro incombe l’onere di provare la concreta riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo sussistenti all’epoca della comunicazione del licenziamento, nonché l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell’attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito (cfr. anche Cass. n. 21282/2006; Cass. n. 12514/2004).
Il giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative o produttive è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.. Pertanto, spetta al giudice il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, e l’onere probatorio grava per intero sul datore di lavoro, che deve dare prova anche dell’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, onere che può essere assolto anche mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva ed indiziaria, mentre il lavoratore ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di reimpiego (Cass. n. 3040/2011; Cass. n. 6559/2010; Cass. n. 4068/2008).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che la società non avesse dimostrato di non poter impiegare il lavoratore anche nelle mansioni di “capo-cantiere”, mansioni che il ricorrente aveva dedotto e dimostrato di avere svolto, dirigendo e coordinando le maestranze che operavano nel cantiere di (omissis) , dando le direttive al personale di terra e provvedendo al rifornimento del materiale occorrente.
8.- La società sostiene che, nel caso in esame, il lavoratore non avrebbe dedotto, con il ricorso introduttivo, di avere svolto mansioni diverse o ulteriori rispetto a quelle di “capo squadra sommozzatore professionista” e che la Corte d’appello, nel ritenere non provato il giustificato motivo di licenziamento, avrebbe rivolto l’indagine all’esistenza di una circostanza (quella dello svolgimento di mansioni di “capo-cantiere”, differenti rispetto a quelle di capo squadra sommozzatore professionista) mai dedotta dal ricorrente e comunque ininfluente ai fini della valutazione del giustificato motivo oggettivo, trattandosi di mansioni che avrebbero avuto un rilievo del tutto marginale rispetto a quelle, assolutamente prevalenti, di “capo squadra sommozzatore”.
Tali censure non possono tuttavia trovare ingresso in questa sede di legittimità in quanto presuppongono l’accertamento della non equivalenza delle mansioni di “capo squadra” e di “capocantiere” (ovvero la riferibilità delle prime, nella concreta organizzazione aziendale, alla sola figura del capo di una squadra di sommozzatori) e, comunque, della assoluta prevalenza, in concreto, dello svolgimento di mansioni proprie del sommozzatore professionista, in contrasto con la valutazione di fatto operata dalla Corte territoriale in ordine ad entrambi i punti sopra indicati, valutazione che si risolve in un accertamento che è tipicamente riservato al giudice del merito e che non è censurabile in cassazione in quanto comunque sorretta da motivazione adeguata e coerente sul piano logico.
9.- In conclusione, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere respinti. In considerazione della reciproca soccombenza, si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; spese compensate.

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