Sufficiente la notizia di reato legittimamente acquisita per la perquisizione e il sequestro presso il presunto evasore (Cass. pen. n. 28151/2013)

Redazione 27/06/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25/10/2012 il Tribunale di Roma ha annullato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico ministero in relazione al reato previsto dall’art. 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Il Tribunale ha rilevato che il decreto emesso dal Pubblico ministero non contiene né l’indicazione della condotta contestata né le finalità probatorie, limitandosi a rinviare alla comunicazione della polizia giudiziaria, con la conseguenza che è impedita ogni valutazione dell’esistenza del “fumus” di reato e che si versa in ipotesi di motivazione apparente.
2. Avverso tale decisione il Procuratore della Repubblica propone ricorso, in sintesi lamentando:
errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 247 e 253 cod. proc. pen., in quanto:
a. La giurisprudenza ha chiarito che nella fase iniziale delle indagini è sufficiente che il Pubblico ministero indichi l’ipotesi di reato per cui si procede e non è tenuto a ulteriori specificazione in ordine ai fatti, e nel caso in esame è stato fatto rinvio anche alla informativa di reato che contiene le informazioni che fondano l’ipotesi di reato;
b. Quanto alle esigenze probatorie, va rilevato che la verifica dell’ipotesi di reato, e del superamento della soglia di punibilità, è possibile solo acquisendo documenti e notizie e, dunque, mettendo il Pubblico ministero in condizione di esercitare l’azione penale solo ove sussistano tutti i presupposti di reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva la Corte che la decisione del Tribunale deve essere condivisa nella parte in cui afferma che l’obbligo di motivazione non può dirsi soddisfatto allorché il provvedimento opera il rinvio a un atto che non risulta sia stato messo disposizione della parte e da questa conosciuto; appare, infatti, conforme alla legge che il Pubblico ministero sia richiesto di offrire una pur sintetica, e rapportata alla fase delle indagini, indicazione del’ipotesi concreta di reato che giustifica il sequestro e che tale indicazione sia riscontrabile dalla parte e dai giudice eventualmente chiamato a verificarne la correttezza.
2. A diversa conclusione deve giungersi con riferimento alla restante parte dell’ordinanza impugnata. Sul punto valgono le seguenti indicazioni di principio:
a) Il concetto di “fumus” di reato che caratterizza i presupposti per l’emanazione di sequestro probatorio deve esser eletto all’interno della logica che presiede alla disciplina fissata dagli artt. 352-355 cod. proc. pen.; si versa in tema di “assicurazione delle fonti di prova” e si opera spesso, come nel caso in esame, nella fase iniziale delle indagini, cosi che non può richiedersi il medesimo livello di accertamento che caratterizza il diverso istituto del sequestro preventivo;
b) Tale differenza trova conferma innanzitutto nel principi giurisprudenziali che consentono al tribunale del riesame di provvedere per il solo sequestro preventivo alla integrazione della motivazione ex artt. 309 e 324 cod. proc. pen., stabilendo, invece, che al difetto di motivazione del decreto di sequestro probatorio non possa porsi analogo rimedio;
c) Trova conferma, poi, nel principi che la giurisprudenza ha progressivamente fissato per il sequestro preventivo con riguardo al concetto di corrispondenza tra ipotesi legale e ipotesi storica; la Corte ha abbandonato la lettura che inizialmente prevedeva la limitazione del controllo del tribunale del riesame alla sola corrispondenza formale tra le due fattispecie per affermare che in sede di riesame devono essere valutate anche le essenziali deduzioni della difesa e, perfino, quelle osservazioni che prospettino l’insussistenza “icto oculi” dell’elemento soggettivo del reato;
d) Appare dunque evidente che, a differenza del sequestro preventivo, il sequestro probatorio trova giustificazione nella sola corrispondenza tra quanto emerge dalla segnalazione di reato e il contenuto della ipotesi legale, ed è istituto funzionale alla ricerca e assicurazione delle fonti di prova;
e) A ciò consegue che le attività e i provvedimenti di perquisizione e sequestro probatorio, operati d’iniziativa dalla polizia giudiziaria e quindi convalidati oppure disposti dal Pubblico ministero, possono dirsi illegittimi solo nel caso che non trovino giustificazione in una notizia di reato legittimamente acquisita, ad esempio sulla base di sola fonte confidenziale, oppure nel caso che siano attivati in assenza di elementi di fatto sussumibili all’interno di una specifica ipotesi di reato.
3. L’applicazione di tali principi al caso concreto impone di ritenere censurabile l’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma. E, invero:
1) Mentre la segnalazione di reato non appare considerabile ai fini della completezza della motivazione della convalida di sequestro se non comunicata alla parte o allegata al verbale redatto dalla polizia giudiziaria, essa deve essere presa in considerazione dal giudice del riesame al fine di valutare l’esistenza del “fumus” di reato che la parte contesta; dagli atti risulta che la notizia di reato è presente e contiene elementi che risultano indicativi di possibili violazioni tributarie e che meritano approfondimento, cosi che non appare allo stato sostenibile che il sequestro sia stato operato e convalidato in assenza dl dati che lo giustificassero;
2) In presenza di “fumus” di reato relativo ad illeciti tributari, la ricerca di documenti e elementi probatori risponde alla duplice finalità di verificare la storicità dei fatti rilevanti e di accertare l’esistenza degli elementi costitutivi dei reati ipotizzati, ivi comprese le condizioni di procedibilità e punibilità. Sul punto deve rilevarsi l’erroneità della motivazione del tribunale del riesame, non potendo pretendersi che nella fase di primo accertamento possa provvedersi a ricerche e sequestro di documentazione solo quando si sia già in possesso di elementi che dimostrino il superamento della soglia di punibilità: superamento che costituisce materia di accertamento e che sarà verificato alla luce della documentazione acquisita e dell’esame delle altre fonti di prova;
3) Per quanto concerne, poi, l’asserito difetto di indicazione delle fattispecie di reato, la Corte non ritiene che il provvedimento di convalida incorra nel vizio di radicale assenza di motivazione, posto che la pur sintetica indicazione degli artt. 2 e 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 appare univoca nell’indicare che si procede ad accertamenti in tema di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;
4) Il provvedimento autorizzatorio del Pubblico ministero non è privo di indicazione delle cose da ricercare, cosi che anche sotto questo profilo sia la polizia giudiziaria sia la parte sono in grado di apprezzare la corrispondenza fra le cose rinvenute e le categorie di cose e documenti che l’autorità giudiziaria ha ritenuto meritevoli dl apprensione in relazione alle fattispecie di reato indicate;
5) Il fisiologico controllo del tribunale del riesame ha come oggetto sia il “fumus” di reato sia la pertinenza delle cose apprese rispetto alle ipotesi di reato indicate dall’autorità procedente; si tratta di controllo che si sostanzia in valutazioni di merito, non censurabili in sede di legittimità allorché siano rispettose del principi che la Corte ha enucleato nei punti che precedono.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che il Tribunale non abbia fatto buon uso delle regole interpretative che devono essere applicate al caso in esame e annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Roma affinché nel rispetto dei principi fissati con la presente decisione provveda a nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio ai Tribunale di Roma per nuovo esame.
Così deciso 11/3/2013 

Redazione