Successione tra enti pubblici: le cause pendenti proseguono tra le parti originarie (Cass. n. 14851/2013)

Redazione 13/06/13
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Svolgimento del processo

Con sentenza del 20/12/2007 il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’opposizione proposta dall’Università degli Studi (omissis), dichiarava la nullità dell’esecuzione nei confronti della medesima promossa dalla società Impianti Generali Odontoiatrici Romani di ******* s.a.s. in forza di decreto ingiuntivo emesso da Trib. Roma 17/7/1998 n. 3010.
Avverso la suindicata pronunzia del Tribunale di Roma la società Impianti Generali Odontoiatrici Romani di ******* s.a.s. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’Università, che ha presentato anche memoria.

Motivi della decisione

Va pregiudizialmente, in accoglimento dell’eccezione della ricorrente, dichiarato inammissibile, per difetto di ius postulandi del difensore, il controricorso dell’Università degli Studi (omissis) , nonché, per l’effetto, la memoria ex art. 378 c.p.c. dalla medesima presentata.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, a norma dell’art. 56 r.d. n. 1592 del 1933 le Università statali hanno la facoltà di farsi assistere in giudizio, in alternativa all’Avvocatura dello Stato, anche da un avvocato del libero foro, a condizione che sussista un’apposita e motivata delibera in tal senso, da sottoporre ai competenti organi di vigilanza. In tal caso, fermo restando che il mandato deve essere sottoscritto dal Rettore, il difensore ha l’onere di produrre – a pena di inammissibilità conseguente alla carenza dello ius postulandi – la previa delibera di autorizzazione da parte del Consiglio di amministrazione o, qualora il Rettore abbia agito in via di urgenza, la successiva delibera di ratifica (v. Cass., 23/3/2011, n. 6672; Cass., 28/4/2011, n. 9451; Cass., 9/5/2011, n. 10103).
Orbene, nel presente giudizio l’Università degli Studi (omissis) risulta costituita con controricorso d.d. 13/1/2009 recante a margine procura speciale conferita a difensore del libero foro dal Rettore pro tempore in difetto di delibera preventiva di autorizzazione, né la prodotta delibera del Consiglio di amministrazione dell’Università a distanza di oltre 2 anni dall’inizio del giudizio di legittimità consente di ritenere sussistenti eventuali ragioni d’urgenza che abbiano nel caso indotto il Rettore ad agire anche senza la preventiva deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Università (cfr. Cass., 26/10/2012, n. 18506; Cass., 23/3/2011, n. 6672. Cfr. altresì Cass., 4/11/2009, n. 23419).
Diversamente da quanto affermato dal giudice nell’impugnata sentenza, non vale al riguardo nemmeno evocare l’ipotesi del conflitto di interessi.
A parte il rilievo che il mandato al difensore del libero foro deve essere anche in tal caso comunque essere conferito dall’organo a ciò legittimato all’esito dell’accertata sussistenza di detto conflitto, va al riguardo posto in rilievo come nella specie al momento del conferimento del mandato al difensore da parte del Rettore non sussisteva per l’Università alcun conflitto di interessi, né attuale né potenziale, in difetto di concreti rapporti in atto tra la medesima e il Ministero dell’economia e delle finanze. E che un problema di conflitto di interessi, all’esito della citazione da parte dell’Università opponente del suddetto Ministero in sede di opposizione all’esecuzione in ragione della sua tesi difensiva, si sarebbe semmai posto invero per il medesimo laddove l’Università si fosse fatta assistere dall’Avvocatura dello Stato, per esso in tal caso prospettandosi l’esigenza di ovviarvi.
Con il 1 ed il 4 motivo la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 2 D.L. n. 341 del 1999, in relazione all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Lamenta non avere il giudice dell’opposizione considerato che il DL. n. 341 del 1999 (conv. in L. n. 453 del 1999) “non ha affatto istituito un nuovo soggetto, distinto tanto dall’Università quanto dalla neo costituita Azienda, ma ha semplicemente dettato una particolare modalità di gestione contabile dei debiti e dei crediti pregressi, che l’Università in precedenza gestiva a mezzo della propria Azienda Universitaria”.
Lamenta ulteriormente che “non esiste alcuna norma che impedisca alla Impianti Generali Odontoiatrici Romani di ************** di porre in esecuzione contro l’Università (omissis) un decreto ingiuntivo definitivo ed esecutivo, emesso proprio nei confronti della citata Università”.
Con il 2 motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 75, 77 c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Si duole che il giudice dell’opposizione non abbia considerato che “la Gestione Liquidatoria dell’Azienda Policlinico (omissis) è un soggetto di diritto che non esiste, non è mai esistito, in quanto si concreta non in un soggetto di diritto ma in una particolare modalità di gestione contabile dei debiti e dei crediti pregressi, che l’Università in precedenza gestiva a mezzo della propria Azienda Universitaria, secondo le regole dettate dalla legge 45371999”. E che “I soggetti privi di personalità giuridica possono stare in giudizio solo per tramite del soggetto che ne ha la rappresentanza. Pertanto, il giacché l’Azienda Universitaria Policlinico (omissis), altro non era che un’articolazione interna dell’università, detta Azienda, o meglio, la sua Gestione Liquidatoria, potrà stare in giudizio solo per tramite dell’Università degli studi di (omissis) ”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, la costituzione in ente avente personalità giuridica di diritto pubblico dell’Azienda Policlinico (omissis) è stata effettuata per la prima volta con il D.L. n. 341 del 1999 (conv. con modif. in L. n. 453 del 1999) e, non risultando ivi regolata una successione a carattere universale della neoistituita Azienda rispetto all’omonima Azienda Universitaria, i rapporti derivanti dall’utilizzazione in precedenza di tale struttura sanitaria legittimamente sono riferiti all’Università (omissis) , della quale il Policlinico costituiva parte integrante, sebbene dotato di autonomia organizzativa, gestionale e contabile (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584, e, conformemente, Cass., 16/11/2010, n. 23098. V. altresì Cass., 26/3/2003, n. 4456; Cass., Sez. Un., 22/2/2010, n. 4072).
Si è altresì posto in rilievo che il D.L. n. 341 del 1999 ha costituito l’Azienda Policlinico Umberto I quale ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, precisando che detto ente succede all’omonima azienda universitaria a) nei rapporti in corso relativi alla gestione dell’assistenza sanitaria con utenti, autorità competenti e altre amministrazioni; b) nei contratti in corso per la costruzione di strutture destinate ad attività assistenziali nonché c) nei contratti in corso per la fornitura di beni o servizi destinati all’assistenza sanitaria (art. 2, comma 1) (v. Cass., 16/11/2010, n. 23098).
La successione in tali termini prevista non è a carattere universale, e non ha pertanto incidenza alcuna sui processi pendenti che, conseguentemente, proseguono tra le parti originarie ex art. 111, 1 co., c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584).
A tale stregua, trattandosi nella specie di debiti pregressi per l’utilizzazione della struttura sanitaria, ed essendo stata la domanda monitoriamente azionata (solamente) nei confronti dell’Università degli Studi (omissis) , senza alcun riferimento all’Azienda universitaria Policlinico (omissis), che come detto della detta Università all’epoca costituiva mera articolazione interna (v. Cass. 26/3/2003, n. 4456), il processo esecutivo avente ad oggetto un titolo esecutivo (dalla stessa ricorrente nei suoi scritti difensivi indicato come notificato in data 30/7/1998 e reso esecutivo il 3/12/1998, con atto di precetto notificato il 1-2/4/1999 con atto di pignoramento presso terzi notificato dall’odierna ricorrente in data 26-30/4/1999) emesso nei confronti ( solamente ) di quest’ultima correttamente è stato quindi proseguito nei confronti dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma anche all’esito dell’entrata in vigore del D.L. n. 341 del 1999 (v. Cass., 16/11/2010, n. 23098).
Né al riguardo può in contrario assegnarsi rilievo alcuno al “periodo massimo di diciotto mesi” previsto all’art. 2, comma 2, L. n. 453 del 1999.
Trattasi infatti di periodo nel corso del quale è rimasta esclusa la possibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’Azienda Policlinico (omissis) e dell’Università (omissis) per i debiti, assunti come nella specie dall’omonima Azienda universitaria, relativi alla gestione dell’assistenza sanitaria, da intendersi quale mero iato temporale, volto a consentire l’accertamento della massa attiva e passiva relativa alla gestione dell’assistenza sanitaria da parte dell’Azienda universitaria Policlinico (omissis) determinatasi alla data di cessazione della medesima, in vista dell’attivazione della procedura amministrativa concorsuale cui è preposto un Commissario di nomina ministeriale (cfr. Corte Cost. n. 364 del 2007).
Iato temporale che, una volta decorso, non osta alla possibilità di proseguire l’azione esecutiva individuale come nella specie già anteriormente promossa nei confronti del debitore correttamente individuato.
Orbene, il giudice dell’opposizione all’esecuzione ha nell’impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi.
In particolare là dove ha ritenuto fondato il “motivo di doglianza con il quale l’Università esecutata afferma di non essere legittimata passivamente a pagare i debiti assunti dalla soppressa Azienda per la gestione dell’assistenza sanitaria e contesta quindi l’avverso diritto di procedere in executivis sulla base di un decreto ingiuntivo emesso contro di essa prima dell’entrata in vigore della l. 453/99”, argomentando dal rilievo che “il pagamento dei debiti della soppressa Azienda deve avvenire con somme messe a disposizione della Regione, sulla base dell’accertamento delle passività effettuato dal commissario liquidatore. E, proprio per permettere tale accertamento, la legge di conversione ha esplicitamente innovato rispetto al decreto legge poi convertito stabilendo che, per il solo termine massimo di diciotto mesi, non potesse esercitarsi l’azione esecutiva nei confronti della Nuova Azienda e dell’Università e che solo per il suddetto periodo i pignoramenti non vincolassero il commissario liquidatore al fine di consentirgli di effettuare gli accertamenti necessari (art. 2 n. 2 lett. C legge citata). Con ciò chiaramente stabilendosi che, trascorso detto termine,il Commissario Liquidatore avrebbe ben potuto essere aggredito esecutivamente per i debiti della cessata azienda Universitaria qualora la struttura liquidatoria fosse ancora in piedi ed i benefici delle rimesse regionali effettivi”.
Ulteriormente, là dove ha affermato che “la citata disposizione transitoria trova una sua ragione evidente nell’impossibilità solo temporanea di aggredire la Gestione Liquidatoria. Infatti, se dopo diciotto mesi l’Università (omissis) avesse dovuto rispondere dei debiti relativi all’assistenza sanitaria, sarebbe stata de tutto inutile la sopravvivenza della gestione liquidatoria ed il suo attuale funzionamento per il ripiano delle passività universitarie”.
Ancora, là dove ha quindi concluso che, essendo “il titolo posto in esecuzione… costituito da d.i. emesso per debiti relativi all’assistenza sanitaria di pertinenza della cessata Azienda, titolo emesso nei confronti della ricorrente considerato unicamente che all’epoca il solo soggetto giuridicamente esistente era l’Università, costituendo l’Azienda mera articolazione interna della prima e sfornita di personalità”, il soggetto nei confronti del quale promuovere l’esecuzione “avrebbe dovuto essere la Gestione Liquidatoria ma non in forza di un nuovo titolo (già esistente) ma dell’applicazione di una norma di legge”.
Dell’impugnata sentenza, assorbito il restante 3 motivo, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il 1, il 2 ed il 4 motivo, assorbito il 3. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione.

Redazione