Subappalto e responsabilità “extracontrattuale da contratto” del subappaltatore nei confronti del committente (Trib. Brindisi, sez. distacc. Ostuni, 16/2/2012) (inviata da A. I. Natali)

Redazione 16/02/12
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1. E’ configurabile una “responsabilità extracontrattuale da contratto” derivante dall’inadempimento ad un dovere primario di prestazione, quando il medesimo si risolva in un pregiudizio non iure, per un soggetto estraneo al contratto, perché terzo.

 

2. La condotta negligente del subappaltatore – che integra inadempimento contrattuale dello stesso nei confronti del subappaltante – ben può dare luogo a responsabilità extracontrattuale nei confronti del committente originario, in quanto idoneo a ledere il suo diritto (relativo) ad una corretta esecuzione del rapporto contrattuale di appalto e a cagionare a tal ultimo un pregiudizio ingiusto, sub specie degli esborsi necessari ai fini della rimozione di vizi e difformità.

 

 

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione del 31.03.2005, notificato il 04.04.2005, parte attrice conveniva, innanzi a questo Tribunale, la D.M.P. di G.M. e la D.E.C. di P. P., per sentire accogliere le seguenti conclusioni:

Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito adversis reiectis:

1) in accoglimento della domanda proposta, accertare e dichiarare la difformità ed i vizi delle opere commissionate alle ditte convenute;

2) per l’effetto, condannare le ditte convenute al pagamento, per i titoli e le causali  di cui in narrativa,  della somma di euro 20.650,00 oltre IVA, imputabile per euro 12.500,00 oltre IVA alla Ditta G.M. e per euro 8.150,00 oltre IVA  alla D.E.C. di P.P., o di quell’altra maggiore o minore che sarà ritenuta di ragione oltre interessi e maggior danno dal dì della domanda al soddisfo;

3) condannare le ditte convenute al risarcimento di tutti i danni rivenuti agli attori sia per il ritardo nella consegna dell’immobile sia per la sua quasi totale inagibilità, nella misura da quantificarsi in corso di causa e che risulterà di ragione anche a seguito dell’espletanda istruttoria, maggiorata  da interessi e rivalutazione monetaria;

4) condannare la D.M.P. di G.M.  alla restituzione delle somme incassate oltre l’importo pattuito, fissate nell’importo di euro 5.040,00  come da documentazione in atti ed ulteriori prove che si espliciteranno in corso di causa;

5) Condannare le ditte convenute al pagamento di spese, diritti ed onorari di causa”.

 

Le parti convenute, costituendosi in giudizio, contestavano la domanda attorea. 

Con comparsa di costituzione e risposta e domanda riconvenzionale, depositata in cancelleria il 09.06.2005, la D.M.P. di G.M. contestava il ritardo nella consegna dei lavori, e l’asserita irregolarità delle fatture rilasciate dalla medesima ditta, così come, invece, sostenuto da parte attrice.

Contestava, altresì, il coinvolgimento della D.E.C. di P.P. come subappaltatrice dei lavori sia interni che esterni.

Inoltre, con la domanda riconvenzionale, la predetta D.M.P. di G.M. richiedeva il pagamento di un suo “presunto credito” di € 1.652,00 a saldo della somma totale delle fatture emesse per i lavori di cui in causa, nonchè chiedeva il pagamento della somma di € 20.000,00 a titolo di risarcimento dei danni subiti per lite temeraria.

Con comparsa di costituzione e risposta del 29.06.2005, si costituiva anche la D.E.C. di P.P. che sosteneva la sua piena estraneità ad un “rapporto di prestazione di opera” con i ************* per la ristrutturazione dell’immobile de quo, riferendo di essersi occupata dei lavori esterni all’immobile solo e su commissione del Sig. ********..

Contestava, altresì, le presunte difformità, i vizi ed i difetti riscontrati al termine della esecuzione delle opere dai *************, proprietari dell’immobile e da essi

                                                                                   

In primis, quanto alla legittimazione attiva degli attori, essi risultano tutti comproprietari, il padre per aver acquistato a titolo derivativo e in comunione legale con la moglie e in quanto erede della moglie, i figli per aver ereditato dalla madre defunta.

Invero, consta ex actis una scrittura privata in virtù della quale i figli avrebbero delegato il padre alla ricerca di imprese ai fini dell’effettuazione dei lavori de quibus, concedendogli il potere di rappresentarli.

Nondimeno, la suddetta delega, non è provvista di data certa ex art. 2704 c.c. e, dunque, come tale, non è opponibile ai convenuti.

Ne consegue che, in assenza di elementi idonei a fondare la tesi di un contratto di appalto, con una pluralità di committenti, deve essere affermata la legittimazione ad agire, ex contractu, in capo al solo padre D. L. G.; conservando i figli la sola facoltà di agire ex art. 2043 c.c., azionando l’eventuale responsabilità aquiliana dei convenuti.

 Quanto alla legittimazione passiva della D.E.C. di P.P. rispetto all’azione di accertamento dei vizi e di risarcimento, promossa dagli attori, giova precisare quanto segue.

Come noto, la “legitimatio ad causam”, nel duplice aspetto di legittimazione ad agire e a contraddire, costituisce una condizione dell’azione – attinente alla verifica della regolarità processuale del contraddittorio,  rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Legittimazione da intendersi quale diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una qualsiasi decisione di merito, favorevole o sfavorevole – la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall’attrice, prescindendo dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa (cfr. Tribunale Belluno, 28 febbraio 2007).

Nel caso di specie, deve negarsi una legittimazione passiva del P.ai soli fini dell’azione di responsabilità ex contractu, ma non anche ai fini di una responsabilità da illecito aquiliano ed, invero, parte attrice omette di qualificare espressamente il tipo di responsabilità azionata.

 

 Orbene, per quanto concerne, invece, il merito, consta dall’espletata istruttoria che non vi é stata alcuna pattuizione espressa tra gli attori e la convenuta E. C..

  Nondimeno, deve ritenersi accertata la conclusione di un contratto fra lo G. e il Palmisano, contratto avente ad oggetto l’esecuzione dei soli lavori esterni. D’altronde, parte attrice, pur negando il proprio consenso alla stipulazione del subappalto, ha affermato che i lavori esterni all’immobile furono commissionati alla ditta del P. dal sig. G.M..

Lo stesso P.ha confermato tale ricostruzione dei rapporti.

Dunque, la fattispecie concreta deve essere ascritta allo schema tipico del contratto di subappalto che – date le concrete risultanze istruttorie ed, in particolare, l’apprezzabile durata dei lavori, nonchè l’avvenuto pagamento nelle mani del P.da parte del D. L. – deve ritenersi implicitamente autorizzato dal D. L..

D’altronde, risponde ad una regola di esperienza di difficile smentita che l’acquiescenza prolungata alla permanenza in casa di un soggetto, a ciò non autorizzato, può considerarsi sintomatica dell’accettazione implicita di tale forma d’ingerenza nella propria sfera patrimoniale.

In particolare, a conferma della sussistenza di un implicito consenso del committente al subappalto, la sig.ra Sanseverino Carmela ha confermato che, su incarico del dott. ********, ha provveduto alla consegna al sig. P.di un assegno di € 5.000,00.

Pur, dovendosi qualificare il contratto fra lo G. e il P., quale sub-appalto parziale, avente ad oggetto i soli lavori esterni, permane il diritto degli attori a richiedere l’eventuale accertamento della violazione del principio del neminem ledere, nonché il risarcimento dei danni consequenziali all’illecito, ove accertato.

 

1.      La fattispecie del subcontratto e la responsabilità “extracontrattuale da contratto”.

 

Va, a tal fine, rilevato che, per effetto dell’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale del concetto di “danno ingiusto” di cui all’art. 2043 c.c., l’ingiustizia attiene esclusivamente al danno subito dal danneggiato e non al fatto dell’agente. Non occorre che il fatto sia ingiusto: è sufficiente che sia ingiusto il danno, e che manchi una causa di giustificazione nel comportamento dell’agente.

 

Inoltre, è ormai jus receptum che la tutela aquiliana non attenga esclusivamente ai diritti assoluti, ma anche ai diritti di credito (ca.. S.U. 26.01.1971, n. 174; Cass. S.U. 14.07.1987, n. 6132; Cass. 25.06.1993, n. 7063) e secondo la maggioranza della dottrina anche alle posizioni meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, previa una valutazione comparativa degli interessi in conflitto del danneggiante e del danneggiato, pure in assenza di un vero e proprio diritto soggettivo del danneggiato.

In particolare, è stata ammessa la configurabilità di una “responsabilità extracontrattuale da contratto” che, cioè, rinviene la propria genesi nell’inadempimento ad un dovere primario di prestazione, traducendosi, però, al contempo, in un pregiudizio non iure, per un soggetto estraneo al contratto, perché terzo.

Infatti, è stato ritenuto condivisibilmente che, qualora un terzo, ancorché estraneo al rapporto contrattuale, cagioni in partecipazione con un contraente nella violazione degli obblighi contrattuali, danni alle ragioni creditorie di altro contraente, è tenuto in solido con il primo (contraente), al risarcimento del danno (Cass., sez. III, 8 gennaio 1999 n. 108).

Ovviamente, e’ richiesto un esame rigoroso della ricorrenza di un nesso di causalità adeguata tra il danno del creditore ed il comportamento del terzo (Cass. 23.02.1978, n. 909).

Ne consegue che il fatto del subappaltatore – che integra inadempimento contrattuale dello stesso  nei confronti del subappaltante – ben può, costituire fatto integrante responsabilità extracontrattuale nei confronti del committente originario (in tal caso, il D. L.), in quanto idoneo a ledere il suo diritto (relativo) ad una corretta esecuzione del rapporto contrattuale e a cagionare a tal ultimo un pregiudizio ingiusto, sub specie degli esborsi necessari ai fini della rimozione di vizi e difformità.

Cosi, anche nel caso di specie.

Parimenti, deve ritenersi che il medesimo inadempimento sia suscettibile di originare danni risarcibili nei riguardi di soggetti, estranei non solo al contratto di sub-appalto, ma anche a quello di appalto.

 

Ciò, quando, come nel caso di specie, risulti lesa la sfera patrimoniale dei titolari pro quota dell’immobile (i figli del D. L.), che non abbiano commissionato i lavori, risultati non eseguiti a regola d’arte.

In definitiva, l’inadempimento del subappaltatore può generare pretese risarcitorie sia in capo al committente-appaltante, sia in capo a soggetti che, in conseguenza del suddetto, inadempimento debbano soggiacere ad esborsi patrimoniali non iure. 

 

2.      Il caso di specie

 

Orbene, nel merito, l’istruttoria della causa, nonchè la disposta C.T.U., hanno confermato in parte qua la fondatezza della domanda attorea che merita, dunque, accoglimento.   

Inoltre, per quanto concerne l’esecuzione dei lavori, é emerso che gli stessi sono stati commissionati alla E. e M. di G.M., e, subappaltati, in parte (per quanto concerne i lavori esterni), dalla D.E.C. di P.P..

Come appurato in sede istruttoria, il contratto di appalto inter partes non è stato consacrato in un atto scritto, essendosi le parti limitate alla sottoscrizione di un preventivo.

Inoltre, appalto e subappalto non hanno avuto regolare esecuzione come desumibile dai  vizi e dalle difformità riscontrate in sede peritale, vizi e difformità che hanno connotato sia i lavori interni eseguiti dalla D.M.P. di G.M., sia  quelli esterni posti in essere dalla D.E.C. di P.P..

  In particolare, il ctu ha rilevato quanto segue: – “nella realizzazione dell’area esterna di accesso pavimentata antistante al cancello, non è stata prevista una idonea pendenza per il deflusso delle acque meteoriche verso la via; inoltre, essendo il piano della pavimentazione a quota stradale, anche l’afflusso delle acque meteoriche provenienti dalla strada, che ha una pendenza longitudinale verso il basso, si riversa verso l’interno della proprietà”. Inoltre, “il lato del piano di accesso, posto al confine sinistro della proprietà in oggetto, non risulta delimitato da idoneo parapetto o altra protezione atta ad evitare l’eventuale invasione delle acque meteoriche sull’adiacente proprietà, nonchè ad evitare accidentali cadute dall’alto verso la proprietà adiacente posta a quota inferiore”.

Ancora, “si riscontra la presenza di muffe ed efflorescenze sull’intonaco. L’ammaloramento si manifesta sia per l’assenza di idonei gocciolatoi sagomati sotto la lastra di marmo delle pedate, sia per l’impiego di materiale per intonaco non idoneo ad uso esterno”. Infine, “sulla superficie del muro contro terra a margine del sottofondo stradale, si osserva la presenza di infiltrazioni d’acqua dovute sia al contatto tra muro e terreno e sia alla risalita capillare. La presenza di tali macchie è da attribuire ad una non corretta posa in opera o mancanza di materiale impermeabilizzante”.

   In ultimo, “nella posa in opera della pavimentazione non è stata garantita la complanarità tra le mattonelle in alcune zone, compromettendo il deflusso delle acque meteoriche verso il pozzetto di raccolta esterno”.

– “(…) si osserva la non corretta esecuzione del riempimento del volume posto al di sotto della porzione di soletta sporgente a filo della proprietà confinante e la mancata rifinitura della porzione di soletta a sbalzo verso la stessa proprietà”;

– “(…) si osserva in generale la presenza di muffe ed efflorescenze alla base ed in sommità delle pareti esterne, a causa dell’impiego di materiale inadeguato per intonaco esterno e non corretta posa in opera, mentre (…) si osserva ulteriormente la mancata posa in opera dell’intonaco grezzo sulla parete interna dell’intercapedine.

– “ (…) si evidenzia la non curata finitura dei mattoni in vetro che costituiscono la parete orizzontale in vetrocemento posta al di sopra della porta d’ingresso”;

– “Si osserva inoltre per tutto il perimetro utile, la non corretta rifinitura dell’intonaco delle pareti in corrispondenza del bordo superiore del battiscopa”;

– “Per quanto riguarda la realizzazione dell’impianto elettrico (…) dal sopralluogo è emersa la presenza di un interruttore differenziale da 300mA non adeguato e la mancata identificazione del nodo di terra e dei dispersori, pertanto occorre adeguare lo stesso impianto elettrico alle orme vigenti

   Per ciò che concerne, invece, l’impianto idrico  è stata accertata la presenza di perdite di acqua prevalentemente sull’impianto di distribuzione dell’acqua calda a partire dello scaldabagno sino alle varie utenze; perdite che, trattandosi di impianto di recente realizzazione, in applicazione ad una massima di comune esperienza di difficile smentita, non è possibile ricondurre eziologicamente se non ad un vizio genetico..

   A tale titolo, appare equo liquidare agli attori euro 1000,00, ponendo la suddetta somma a carico dello G.. 

  Quanto alla genesi dei fenomeni infiltrativi e di risalita capillare, deve ritenersi che alla luce della Ctu – che ha riscontrato i suddetti vizi nello svolgimento dell’attività di ristrutturazione – non possa riconoscersi rilevanza causale esclusiva o concorrente alla mancata realizzazione del pozzo di decantazione.

Dopo aver rilevato i vizi e difformità nell’esecuzione dei lavori sia interni (*********** di G. M.), sia esterni (D.E.C. di P.P.) – secondo una metodologia e dei criteri di valutazione, che questo Giudice condivide, perché esenti da censure – il C.T.U. ha quantificato i costi, necessari alla rimozione delle suddette anomalie, in € 6.045,65 per i lavori esterni all’immobile ed in € 15.917,08 per i lavori interni, per un importo complessivo dei lavori pari ad € 21.962,73, oltre ***; oltre ad € 275,40 per quelle opere necessarie al completamento dei lavori sull’intero immobile con l’installazione delle zanzariere sulla porta esterna e le finestre.

E’ coerente con l’accertata ricostruzione dei rapporti inter partes (appalto fra il D. L. e ***** e subappalto fra quest’ultimo e il P.), l’affermazione dell’obbligo contrattuale del D. L. ed extracontrattuale del P. di risarcire i danni, sub specie degli esborsi necessari per la rimozione dei vizi e delle difformità accertate.

Ovviamente, era nella facoltà degli attori non azionare una responsabilità solidale, ma, come nel caso di specie, limitare la pretesa risarcitoria ai danni ascrivibili alle sfere di competenza  e azione dei convenuti,

 

Quanto alla domanda di condanna delle ditte convenute al risarcimento del danno patito dagli attori sia  per il ritardo nella consegna dell’immobile sia per non aver essi potuto fruire della loro casa vacanze, giovino le seguenti considerazioni.

Dall’espletata istruttoria consta un “generico” ritardo nella definizione dei lavori, di cui appare impossibile fornire una connotazione temporale più precisa.

 Così la sig.ra S. C. C. – interessata alla definizione dei lavori al fine di potere effettuare il proprio trasferimento   nella villa acquistata dal ************** – ha dichiarato di aver visto procedere i lavori a rilento, sino a quando nel periodo di giugno 2005 il cantiere venne totalmente chiuso e abbandonato.

Per contro, nell’ambito del preventivo, non risulta fissata una data finale per l’esecuzione dei lavori, anche se l’accertata chiusura del cantiere deve necessariamente aver inciso su tempi di esecuzione.

In considerazione di ciò, deve rigettarsi la correlata domanda risarcitoria.

Le medesime considerazioni sono solo in parte estendibili alla richiesta di risarcimento derivante dal mancato godimento, per la dedotta quasi totale inagibilità.

Invero, alla luce dell’espletata istruttoria, non può considerarsi raggiunta la prova della assoluta impossibilità di fruire dell’immobile in conformità alla sua destinazione abitativa.

Ciò anche in considerazione di natura ed entità dei vizi accertati dal Ctu.

Nondimeno, è innegabile l’idoneità dell’immobile a soddisfare, in pieno, le esigenze abitative degli occupanti; ragione per cui si ritiene equo riconoscere, a titolo equitativo, euro 1500,00 per ciascuno degli attori, a titolo risarcitorio, derivante, rispettivamente, dalla violazione del contratto di appalto nell’ipotesi del padre, dalla violazione del principio del neminem laedere, per quanto concerne i due figli. 

Parimenti deve essere rigettata – perché sfornita di prova – la domanda di condanna della D. M. P. di G.M. alla restituzione in favore degli attori della somma, pari ad € 5.040,00, quale importo che sarebbe stato incassato in più, oltre l’importo pattuito.

Non è supportata da idoneo riscontro probatorio neppure la domande riconvenzionale dello G.

Da quanto suesposto consegue l’infondatezza della richiesta di condanna per lite temeraria proposta nei confronti degli attori.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato. Devono essere poste, in via definitiva, a carico dei convenuti, in solido, le spese della disposta CTU.

 

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da D. L. G., D. L. G. e D. L. R. nei confronti della D.M.P. di G.M., nonché nei confronti della D.E.C. di P.P., così provvede:

1)     dichiara e accerta l’esistenza dei vizi e delle difformità, quali meglio specificate nella relazione di CTU;

2)     condanna l’E. C. di P.P. al pagamento, pro quota, in favore degli attori, della somma di € 6.045,65, oltre ***, per i vizi, difformità e pregiudizi esterni all’immobile “de quo”; e la Ditta M. P. di G.M. al pagamento, pro quota, in favore degli attori,  della somma di € 15.917,08, oltre ***, per i vizi, difformità e pregiudizi riscontrati nei lavori interni all’immobile “de quo”;

3)     condanna, altresì, i convenuti, in solido fra loro, al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di euro 1500,00 in favore di ciascuno degli attori;

4)     condanna, altresì, i convenuti, in solido fra loro, al pagamento della somma ulteriore di € 275,40 per le opere necessarie al completamento dei lavori sull’intero immobile e per l’installazione delle zanzariere sulla porta esterna e le finestre;

5)     condanna le ditte convenute in giudizio *********** di G.M. e E. C. di P.P., in solido, al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio che  si liquidano, per il giudizio di merito, in complessivi € 4600,00 di cui 250,00 per esborsi, 3050,00 per diritti ed € 1300,00 per onorario, oltre iva e cap ed esborsi forfettizzati come per legge;

6)     pone, definitivamente, a carico dei convenuti, in solido, le spese della disposta CTU.

                                          

                                                                           

IL GIUDICE  UNICO             

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Redazione