Studi di settore: nullo l’accertamento induttivo se l’amministrazione finanziaria non utilizza lo strumento più recente (Cass. n. 22599/2012)

Redazione 11/12/12
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Svolgimento del processo

D. N. propose ricorso avverso avviso, con il quale l’Agenzia — con metodo induttivo e sulla base dei “parametri”, di cui ai d.p.c.m. 29.1.1996 e 27.3.1997, emessi ai sensi dell’art. 3, commi 181 e ss. l. 549/1995 — aveva accertato a suo carico, per l’anno l998, maggiori irpef, iva e irap.
A fondamento del ricorso, il contribuente lamentava il difetto di motivazione dell’avviso impugnato e rilevava la congruità della dichiarazione rispetto al pertinente studio di settore.
L’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con sentenza che, in esito all’appello dell’Agenzia, fu, tuttavia riformata dalla Commissione regionale, sul presupposto dell’insussistenza di un obbligo dell’Amministrazione all’applicazione retroattiva delle risultanze degli studi di settore e, comunque, sulla relativa erronea applicazione da parte del contribuente.
Avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi, censurando, in particolare la decisione impugnata per non aver rilevato il difetto di motivazione dell’avviso impugnato, in quanto esclusivamente fondato sulla discrepanza tra dichiarazione e risultanze derivanti dall’applicazione dei parametri, nonchè la prevalenza delle risultanze degli studi di settore rispetto a quelle dei parametri.
L’Agenzia si è costituita senza depositare controricorso.
Deceduto il ricorrente in data 8 dicembre 2008, in giudizio sono intervenute le sue eredi, B. S. M. N. e ***** che hanno fatto proprie le richieste e le argomentazioni del dante causa.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato, non risultando la decisione impugnata aderente ai principi affermati, in materia, dalle SS.UU. di questa Corte.
Con sentenza n. 26635/09, è stato, infatti, affermato che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati (meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività), ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente: che, in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; che l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, guanto la controprova offerta dal contribuente il quale, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, nel qual caso, tuttavia, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’ufficio può motivare l’accertamento sulla base della sola applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”.
Alla luce del riportato criterio – ed atteso che la richiamata decisione della ss.uu. ha, altresì, puntualizzato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei “parametri” e degli “studi di settore” costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, e la conseguente applicazione retroattiva delle strumento più recente rispetto a quello precedente, in quanto più affinato e, pertanto, più affidabile — s’impone l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 novembre 2012.

Redazione