Studi di settore: inapplicabili se il fisco non svolge ulteriori ricerche probatorie (Cass. n. 23543/2012)

Redazione 20/12/12
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Ordinanza

La Corte
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la relazione, con cui si è esposto:
“1. La CTR del Lazio, con sentenza n. 69/35/08, depositata il 17 luglio 2008, in riforma della decisione della CTP di Latina, ha accolto il ricorso, proposto dall’Avv. D. V. avverso l’avviso di accertamento, col quale era stato rettificato il reddito da lavoro autonomo, per l’anno 2002, in base agli studi di settore, ritenendo che l’acritica trasposizione del calcolo fondato su di essi, senza ulteriore ricerca probatoria circa l’effettiva capacità contributiva del contribuente, era inidonea a sorreggere l’atto impositivo.
2. Per la cassazione della sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta di due motivi. Il contribuente resiste con controricorso.
3. Col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 39, l° co lett. d) del dPR n. 600 del 1973; 62 sexies, 3° co del DL n. 331 del 1993, per non aver la CTR ritenuto che il riferimento operato dall’Amministrazìone finanziaria agli studi di settore applicati a norma dell’art. 62 sexies DL 331193 sia idoneo ad integrare il requisito della motivazione dell’atto impositivo di accertamento. Col secondo motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione all’affermata sussistenza di una giustificazione del rilevato scostamento del reddito dichiarato dagli studi di settore. Il ricorso appare manifestamente infondato. Le SU di questa Corte (sent. n. 266350009), hanno chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore “costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati -meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività- ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con i1 contribuente”, aggiungendo che nel caso in cui il contribuente non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte, “l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito”, mentre, quando il contribuente abbia contestato la pretesa, l’atto impositivo “non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”. In relazione al vizio motivazionale, va aggiunto che, essendo l’atto di accertamento fondato, come si legge nell’impugnata sentenza, solo, sull’applicazione degli standards, la ritenuta illegittimità della stessa ha esaurito l’oggetto della lite.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio”.
che la relazione è stata comunicata ai pubblico ministero e notificata alle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, e che la ricorrente ha depositato memoria;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, dovendo aggiungersi che la ricorrente non ha allegato di aver attivato il contraddittorio, beninteso in sede pregiurisdizionale, col contribuente, sicchè il ricorso va respinto, con condanna della ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 2.350,00, di cui € 50,00 per spese, oltre ad accessori, come per legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 2.350,00, oltre ad accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2012.

Redazione