Studi di settore (Cass. n. 16940/2012)

Redazione 04/10/12
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Svolgimento del processo

1. Il fallimento della ******à Cooperativa (omissis) propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania, sez. stacc. di Salerno, n. 360/04/09, depositata il 26 ottobre 2009, con la quale, rigettato l’appello della medesima società contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione avverso l’avviso di accertamento relativo all’Irpeg, Irap ed *** per il 2003, inerenti all’attività di commercio all’ingrosso di carni fresche, veniva respinta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che la contribuente sostanzialmente teneva una contabilità irregolare, e che la dichiarazione dei redditi non rispecchiava il reale complesso di affari, e quindi i ricavi della cooperativa, sicché l’atto impositivo, basato sugli studi di settore, era legittimo, riflettendo peraltro gli elementi riscontrati dai funzionari dell’agenzia delle entrate, senza che la (omissis) avesse assolto l’onere di fornire la prova dei suoi assunti.
Tale agenzia resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2. Col primo motivo il fallimento ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che i parametri utilizzati non potevano costituire prova presuntiva nella specie, atteso che l’ente doveva tenere conto della realtà economica, della singola impresa oggetto d’accertamento.
Il motivo è inammissibile, perché generico, atteso che il ricorrente non ha riprodotto il tratto del ricorso in appello con cui avrebbe sollevato la questione, oltre ad essere peraltro infondato, in quanto, com’è noto, in tema di accertamento induttivo dei redditi, l’Amministrazione finanziaria può – ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 – fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta”, come nella specie, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (cfr. anche Cass. Sentenza n. 16430 del 27/07/2011). Del resto in tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave incongruenza”, espressamente prevista dall’art. 62-sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993, n. 427, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l’art. 62-sexies cit., non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, come nel caso in esame (V. pure Sez. II, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009). Peraltro lo stesso ricorrente ha specificato nel ricorso che l’agenzia aveva espressamente contestato i dati extracontabili con l’atto impositivo.
3. Col secondo motivo il ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacché il giudice del gravame non esplicitava le ragioni del procedimento logico seguito per addivenire al suo giudizio.
Si tratta all’evidenza di censura generica, giacché non viene prospettato l’intero tratto della decisione oggetto di critica, oltre ad essere assorbita; inoltre essa è manifestamente infondata.
4. Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poiché il giudice di secondo grado non considerava che l’avviso di accertamento era carente di adeguata motivazione, atteso che non erano allegati gli elaborati ufficiali inerenti agli studi di settore.
La doglianza non ha pregio, dal momento che, come esattamente rilevato dalla CTR, l’atto impositivo conteneva l’indicazione dei parametri applicati, con riferimento al programma GE.RI.CO. e il codice del’attività svolta (TM02U), e tanto bastava per la completezza delle notazioni, trattandosi di dati peraltro pubblicati sulla G.U., e scaricabili da internet.
Peraltro – e ciò va osservato solo “ad abundantiam” – l’art. 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito in legge 29 ottobre 1993, n. 427) consente, persino in presenza di contabilità formalmente regolare e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria, la rettifica induttiva del reddito d’impresa qualora emergano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell’attività svolta ovvero agli studi di settore, e quindi anche al di fuori delle ipotesi previste dell’art. 39, primo comma, lettera d, del d.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. anche Cass. Sentenze n. 8643 del 06/04/2007, n. 5977 del 2007).
5. Il quarto e quinto motivi, attinenti rispettivamente: a) alla errata valutazione del giudice di appello, che non avrebbe tenuto conto della contrazione delle vendite per effetto del fenomeno c.d. della mucca pazza negli anni 2000-05; b) alle ridotte dimensioni dell’azienda, operante in un contesto di notevole concorrenza con altre analoghe, rimangono assorbiti da quelli precedenti, tenuto conto che gli studi di settore vengono generalmente elaborati sulla scorta dei fenomeni sociali che si verificano nei vari comparti economici interessati.
6. Quindi anche in rapporto alle corrette valutazioni giuridiche svolte dal giudice di appello, le doglianze del contribuente non riescono ad intaccare quelle del medesimo, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso.
7. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in Euro 2000,00 (duemila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.

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