Stranieri: l’ordine di allontanamento non può essere adottato automaticamente per la sola preesistenza di un decreto di espulsione (Cass. n. 6312/2012)

Redazione 20/04/12
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Rileva

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso;

CHE il cittadino del Brasile XX: espulso con decreto 3.09.2008 del Prefetto di Roma adottato ai sensi dell’art. 13 c. 2 lett. B del d.lgs. 286/98 – si vide notificare, stante la sua inottemperanza all’intimazione di allontanamento adottata ex art. 14 c. 5 bis del T.U., nuova espulsione emessa dal Prefetto di Como ai sensi dell’art. 14 c. 5 ter del d.lgs. 286 del 1998 come modificato con la legge 94 del 2009 ed impugnò detta espulsione innanzi al Giudice di Pace di Como, deducendo la invalidità del decreto espulsivo perché in violazione della Direttiva 2008/115/CE;

CHE il GdP di Como con decreto 24.03.2011 ha rigettato le doglianze rilevando che l’espulsione era legittima posto che lo straniero si trovava in Italia in condizione di evidente irregolarità e violazione della adottata intimazione, a nulla valendo invocare la direttiva “rimpatri” che era rimasta inapplicata in Italia solo dal 24.12.2010;

CHE il provvedimento è direttamente ricorritele per cassazione ai sensi dell’art. 13 bis del d.lgs. 286/98 (art. 1 del d.lgs. 113/99) ed è stato fatto segno a ricorso per cassazione in data 13.4.2011, recante quattro motivi, al quale non ha resistito l’intimato Prefetto;

CHE ad un ricorso per cassazione avverso provvedimento pubblicata, come nella specie, il 13.4.2011, devono essere applicate le disposizioni di cui all’art. 360 bis c.p.c. introdotto dall’art. 47 della legge n. 69 del 2009;

CHE i primi tre motivi meritano piena condivisione alla stregua dell’orientamento, recente ma consolidato di questa Sezione Sesta, in tema (restando assorbita la cognizione del quarto motivo): si riporta quindi il passaggio rilevante di Cass. 18481 del 2011.

E’ stata dunque adottata, perché ex lege imposta, una misura espulsiva la cui unica ragione giustificatrice è quella costituita dalla sottrazione alta intimazione di allontanamento, a sua volta adottata per rendere eseguibile la prima, ancor valida, espulsione.

Nel sistema delineato dalla novella del 2009, pertanto, l’espulsione “attuativa” in discorso si pone come alternativa o completamento alla/delta sanzione penale detentiva da inottemperanza e viene a sua volta attuata in executivis o con reiterazione della stessa intimazione.

Come notato dalla difesa del ricorrente in memoria, il sistema sopra delineato è stato radicalmente posto in discussione dall’intero impianto della direttiva 2008/115/CE che ha fatto divieto di imporre un immediato e non modulato ordine di allontanamento e di sanzionarne la inosservanza con lo strumento delta incriminazione penale.

La Corte di Giustizia – interpellata da domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte di Trento nel procedimento a carico di XX per il reato di cui al cennato art. 14 c. 5 ter del T.U. come novellato – ha dunque sottoposto a interpretazione le norme della Direttiva succitata ed ha alla loro stregua scrutinato la denunziata normativa nazionale. Con la sentenza 28.4.2011 (decisione pertanto ben posteriore al ricorso ed alla trascritta relazione ex art. 380 bis c.p.c.) la Corte ha quindi precisato:

1. quanto alla lettura della Direttiva, che per la esecuzione del rimpatrio deve essere in primo luogo adottato un modulo agevolatore delta “partenza volontaria” (con termine tra i sette ed i trenta giorni”), che nell’attesa possono essere imposti obblighi strumentali (la dimora obbligatoria, la consegna del passaporto, la presentazione periodica alla Autorità), che in caso di rischio di fuga ben può essere adottata la misura accompagnatoria coercitiva e che medio tempore ben può essere disposto un trattenimento temporaneo con l’intervento del giudice ed il rispetto delle garanzie di difesa;

2. quanto alla portata della legislazione nazionale, che la mancata trasposizione della direttiva nella legislazione nazionale autorizza I legittimati ad invocare contro lo Stato membro le sue disposizioni precise ed incondizionate, che tali sono le prescrizioni sui tempi e modi della procedura di rimpatrio (artt. 6,7,8, 15, 16), che è in contrasto con la direttiva la legislazione italiana che non prevede né disciplina i tempi ed i modi della “partenza volontaria”, che confligge con le indicate prescrizioni – le quali impongono che anche di fronte alla inottemperanza da parte dello straniero lo Stato si adoperi per dare esecuzione all’ordine inottemperato – la diretta ed immediata risposta penale dell’ordinamento italiano, con l’irrogazione della pena della reclusione allo straniero inottemperante.

Questa Corte, in sede di impugnazione di decisione resa in giudizio penale, ha dato immediata applicazione alla Direttiva come interpretata dalla Corte di Giustizia e, con riguardo a fattispecie realizzata prima della scadenza dei termini di recepimento della Direttiva stessa (24.12.2010), ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna alla pena di cui all’art. 14 c. 5 ter (accertato il 10.9.2010) perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato (Cass. prima sezione penale n. 22105 dell’1.6.2011).

Il Governo, dal canto suo, ha inteso trasporre e recepire la direttiva 2008/115/CE con il D.L. 23.6.2011 n. 89 (in vigore da! 24, pubblicazione sulla G.U. n. 144 del 2011), le cui norme, che al momento della presente decisione non sono state ancora convertite in legge, prevedono, per quel che occupa, che siano analiticamente regolate le ipotesi di accompagnamento coattivo alla frontiera dell’espulso (tra esse annoverandosi quelle, altrettanto analiticamente previste, del rischio di fuga), che l’allontanamento non coattivo si realizzi attraverso la concessione di un termine agevolatore della partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio, che siano adottate misure cautelari per assicurare l’effettività della partenza volontaria (obbligo di dimora -consegna del passaporto- presentazione presso Uffici di Polizia), da convalidare ope judicis, che sia analiticamente disciplinato il restringimento presso un CIE (con durata sino a 18 mesi complessivi), che sia comunque e conclusivamente adottabile una intimazione di allontanamento entro sette giorni la cui inosservanza resta penalmente sanzionata, ma con una multa (di importo variabile da € 6.000 ad € 30.000), idonea a consentire l’espulsione di cui all’art. 16.

Venendo, dunque, alla vicenda sottoposta è agevole rilevare che l’Intimazione di allontanamento -la cui inosservanza è dichiaratamente (art. 14 c. 5 ter come modificato dal citato art. 1 comma 22 lett. M della legge del 2009) assunta a ragione esclusiva della espulsione del 18.3.2010, venne adottata bensì il 12.12.2006, e quindi in regime anteriore alla applicazione della Direttiva 2008/115/CE, sì da doversi ritenere valida ratione temporis ma è venuta a costituire l’unico antecedente logico giuridico della espulsione del 18.3.2010 che è stata adottata quando l’efficacia diretta e puntuale della Direttiva era piena ed ut supra obbligatoria per il giudice nazionale.

E tale direttiva faceva divieto di adottare in via automatica ed immediata ordini di allontanamento entro cinque giorni per la sola preesistenza della misura espulsiva: la Direttiva importa, come del resto in parte qua previsto nel citato D.L. 89 del 2011 del Governo, che alla intimazione si possa pervenire solo all’esito, infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un CIE. Ratio e lettera dell’art. 14 comma 5 bis del d.lgs. 286 del 1998, come introdotto per la prima volta dall’art. 13 della legge 189 del 2002 appaiono di converso assai chiari nell’indicare la scelta di una intimazione immediata e di brevissimo termine di esecuzione spontanea, la cui effettività è affidata esclusivamente alla sanzione penale detentiva (tra il 2002 ed il 2009 pervenuta a quadruplicazione del massimo edittale).

Con la applicazione – immediata e puntuale – delle citate disposizioni della Direttiva, quindi, la norma (art. 14 c. 5 bis) autorizzante l’intimazione 12.12.2006, originariamente valida, è divenuta inapplicabile, tanto nei suoi effetti cogenti sullo straniero quanto per quelli autorizzatori di misura consequenziale, perché in contrasto con le previsioni della Direttiva stessa (art. 7 c. 1) ed è pertanto dal giudice nazionale, e da questa Corte di legittimità in sede di ricorso, immediatamente disapplicabile, secondo II costante indirizzo della Corte stessa (da S.U. 3457 del 1996 a S.U. 26948 del 2010 e 3674 del 2010); ma se viene meno per effetto della cennata disapplicazione l’intimazione espulsiva in discorso, viene a cadere l’unico titolo legittimante la espulsione che sia stata, come nella specie, adottata con riguardo al testo dell’art 14 c. 5 ter (In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede alla adozione di un nuovo decreto di espulsione ( …) per violazione all’ordine di allontanamento adottato dal Questore al sensi del comma 5 bis).

CHE, ove si condivida il teste formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e, previa verifica della ritualità della notificazione del ricorso al Prefetto di Como anche nella propria sede, accolto per manifesta fondatezza.

Osserva

La relazione, ad avviso del Collegio, merita integrale condivisione. Può quindi accogliersi il ricorso nei termini di cui alla relazione e, cassato il decreto impugnato, ben può decidersi nel merito ex art. 384 c.p.c. non residuando alcun margine di accertamento di fatti. Va pertanto annullata l’espulsione del 14.10.2010 adottata dal Prefetto di Como ex art. 14 c. 5 ter del T.U. ed il Prefetto intimato soccombente va condannato al pagamento delle spese in favore del difensore antistatario.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnato decreto e decidendo ex art. 384 c.p.c. annulla l’espulsione 14.10.2010; condanna il Prefetto di Como a versare all’avv. YY le spese che determina in € 1.200 (di cui € 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Redazione