Stranieri: conversione del permesso stagionale in permesso ordinario (Cons. Stato n. 4595/2012)

Redazione 23/08/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’appellata, già ricorrente in primo grado, S.O., cittadina marocchina, ha fatto regolarmente ingresso in Italia nel 2008 con un nulla-osta per lavoro stagionale nel settore agricolo. Quindi ha ottenuto il permesso di soggiorno per lavoro stagionale (art. 24 del t.u. n. 286/1998) con scadenza 2 marzo 2009.

Il 28 gennaio 2009, l’interessata ha chiesto il rilascio di un nuovo permesso di soggiorno, questa volta non stagionale ma ordinario, allegando di avere stipulato un nuovo contratto di lavoro (di altra tipologia e con altro datore di lavoro) a tempo indeterminato.

Con atto del 26 ottobre 2009, la Questura di Roma ha rigettato la domanda, con la motivazione che l’art. 24 del t.u. e l’art. 38 del regolamento (D.P.R. n. 334 del 2004) consentono la conversione del permesso stagionale in permesso ordinario solo al lavoratore straniero che abbia già fatto rientro nel paese di origine dopo aver usufruito del primo permesso stagionale.

2. L’interessata ha proposto ricorso al T.A.R. del Lazio. Quest’ultimo, con sentenza n. 1763/2012 pubblicata il 21 febbraio 2012, ha accolto il ricorso, ritenendo che la normativa debba essere interpretata diversamente e quindi consenta la conversione del permesso stagionale in permesso ordinario sin dal primo ingresso come lavoratore stagionale.

3. La Questura di Roma ha proposto appello a questo Consiglio chiedendo anche la sospensione della sentenza.

L’interessata si è costituita opponendosi all’appello.

4. All’esito della camera di consiglio cautelare del 13 aprile 2012, questo Collegio ha emesso l’ordinanza n. 14521/2012 del seguente tenore:

“- nella vicenda in esame sembrerebbero pertinenti i precedenti di cui alle sentenze n. 9471/2011 e 9794/2011 di questa Sezione, di orientamento contrario a quello della sentenza ora appellata, relativamente alle questioni di diritto circa le condizioni per la conversione del permesso stagionale in permesso a titolo continuativo;

“- peraltro nella materia sono intervenute nuove disposizioni, introdotte con D.L. n. 5 del 2012, convertito in L. n. 35 del 2012, in particolare all’art. 17, comma 3;

“- in questa situazione sembra opportuno disporre all’Amministrazione di procedere al riesame della posizione dell’attuale appellata, alla luce delle nuove disposizioni, restando salva ed impregiudicata, per ora, ogni questione circa la loro interpretazione e la loro rilevanza nel caso di specie;

“- in questa luce si assegna il termine del 15 giugno 2012 per procedere al riesame e riferirne a questo Collegio, rimettendo il prosieguo della trattazione alla camera di consiglio cautelare del 6 luglio 2012, nella quale occasione sarà possibile anche la definizione immediata della controversia ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;

” – nelle more il Collegio si riserva ogni altra decisione, non ravvisando allo stato esigenze cautelari così rilevanti da giustificare una sospensiva, sia pure a termine”.

5. Il ricorso è quindi tornato all’esame del Collegio alla odierna camera di consiglio, senza che dalle parti siano stati forniti rilevanti contributi di approfondimento delle questioni indicate dall’ordinanza.

6. Tanto premesso, il Collegio non può che rifarsi ai propri precedenti, rappresentati dalle sentenze n. 939 e n. 959 del 2012 (va precisato che nell’ordinanza sono state erroneamente indicate con i numeri 9471 e 9794 del 2011, che sono invece quelli di R.G. dei rispettivi ricorsi).

Viene in rilievo l’interpretazione dell’art. 24, comma 4, del t.u. n. 286/1998, come modificato dalla L. n. 189 del 2002.

La disposizione è del seguente tenore: “Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell’anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni”.

Questa disposizione va interpretata nel senso che la possibilità di conversione spetta solo al lavoratore straniero che abbia concluso (almeno) un ciclo stagionale e al termine di esso abbia fatto rientro nel paese di origine, rientrando poi in Italia con un nuovo permesso stagionale. La conversione non spetta, invece, al lavoratore straniero che, dopo avere avviato il suo primo ciclo stagionale, non lo abbia ancora concluso e comunque non sia rientrato nel paese di origine.

7. Nell’ordinanza del 13 aprile 2012, peraltro, si era fatto riferimento al D.L. 2012, che all’art. 17 contiene disposizioni modificative dell’art. 24 del t.u. e degli artt. 38 e 38-bis del regolamento; e si era invitata l’amministrazione a riesaminare il caso alla luce di tali nuove disposizioni. Indirettamente entrambe le parti erano invitate a dedurre in merito a questo aspetto, ove lo avessero ritenuto. Nondimeno il Collegio si era riservata ogni decisione sull’interpretazione e la rilevanza della nuova normativa.

Si può sciogliere, ora, la riserva di cui sopra.

8. L’art. 17 del D.L. n. 5 del 2012 contiene disposizioni per la semplificazione in materia di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati. Diverse di queste disposizioni riguardano il lavoro stagionale. Esse consentono, fra l’altro, al lavoratore stagionale di ottenere la proroga del relativo permesso di soggiorno in caso di nuova opportunità di lavoro stagionale offerta dallo stesso o da altro datore di lavoro, fermo restando tuttavia il termine massimo di nove mesi di cui all’art. 24, comma 3. Inoltre viene introdotta la possibilità che sin dal momento della richiesta di autorizzazione all’assunzione di un lavoratore stagionale, tale richiesta sia fatta da più datori di lavoro che intendono utilizzare lo stesso lavoratore in periodi consecutivi, restando sempre fermi i limiti temporali minimi e massimi di cui all’art. 24, comma 3; in tal caso, nel passaggio dall’uno all’altro dei datori di lavoro il lavoratore stagionale non è obbligato a fare rientro nel paese di origine.

In sostanza, le innovazioni consistono nella possibilità che il permesso stagionale, fermo il limite massimo di durata di nove mesi, venga sfruttato integralmente dal lavoratore anche con una pluralità di contratti consecutivi (s’intende, sempre di lavoro stagionale) con altrettanti datori di lavoro diversi.

Non vi è invece alcuna innovazione riguardo all’eventualità che il lavoratore voglia convertire il suo permesso per lavoro stagionale in permesso ordinario. Rimane dunque la disciplina originaria del t.u., la quale, come si è visto, consente tale conversione, ma solo a partire dal secondo ciclo stagionale e a condizione che il lavoratore, al termine del primo ciclo, abbia fatto rientro nel paese di origine.

9. Nella vicenda in esame, l’interessata ha chiesto la conversione mentre era in corso il suo primo ciclo di lavoro stagionale. La richiesta non poteva essere accolta.

In conclusione, l’appello dell’amministrazione deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso proposto in primo grado.

Si ravvisano tuttavia motivi di equità per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione